Enrico IV – Parte Prima – Atto IV

(“Henry IV, part 1” – 1597)

Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V

Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali

Enrico IV - Parte I - Atto IV

ATTO QUARTO – SCENA PRIMA

[Entrano Hotspur, Worcester e Douglas.]

HOTSPUR

Ben detto, o nobile scozzese. Se la verità

in questa epoca raffinata non passasse per adulazione,

Douglas dovrebbe ricevere tali lodi

che nessun soldato prodotto ai nostri giorni

avrebbe eguale stima nel mondo.

Perdio, non so adulare, disprezzo

le lingue che blandiscono! Ma miglior luogo

di te nessuno ha nel mio cuore.

Sì, mettimi alla prova e vedrai, signore.

DOUGLAS

Tu sei il re dell’onore.

Non c’è uomo così potente che respiri al mondo

che io non osi sfidarlo.

Entra un messaggero con lettere.

HOTSPUR

Fa’ così, e andrà bene.

Che lettere mi porti? Posso solo ringraziare.

MESSAGGERO

È una lettera da vostro padre.

HOTSPUR

Da lui una lettera? Perché non viene di persona?

MESSAGGERO

Non può venire, signore. È assai malato.

HOTSPUR

Perdio! Com’è che ha il comodo di ammalarsi

in un momento così agitato? Chi comanda le sue forze?

Agli ordini di chi stanno arrivando?

MESSAGGERO

La sua lettera, non io, dice il suo pensiero.

WORCESTER

Dimmi, ti prego, è costretto a letto?

MESSAGGERO

Sì, i quattro giorni prima che partissi,

e quando poi mi sono avviato

i medici temevano molto per lui.

WORCESTER

Avrei preferito che i tempi fossero risanati

prima che a lui venisse una malattia.

La sua salute non ha mai avuto più valore di adesso.

HOTSPUR

Malato ora? Debole ora? Il suo è un morbo che infetta

fin il sangue vitale della nostra impresa.

Il contagio arriva sin qui, nel nostro campo.

Egli mi scrive di una malattia interna,

e che i suoi amici non poterono essere riuniti

tanto in fretta per mezzo di terzi, né gli sembrava giusto

affidare un incarico così pericoloso ed essenziale

a chiunque altro tranne che se stesso.

Eppure ci consiglia arditamente

di proseguire con le nostre poche forze,

per vedere come la fortuna ci sia disposta,

poiché, scrive, è troppo tardi per tirarsi indietro,

in quanto il Re è sicuramente al corrente

di tutti i nostri piani. Che ne dite?

WORCESTER

La malattia di tuo padre è una mutilazione per noi.

HOTSPUR

Una incisione rischiosa, proprio un arto troncato.

Eppure, giuro che non lo è! La sua assenza attuale

sembra maggiore di quel che sarà in pratica. È forse saggio

mettere in gioco ogni nostra ricchezza

in un solo colpo? Giocare una posta tanto grossa

sulla fortuna incerta di una sola ora?

Non sarebbe bene, perché in quell’ora dovremmo vedere

tutta l’anima e l’essenza della speranza,

il limite stesso e l’estremo confine

di tutte le nostre fortune.

DOUGLAS

Sicuro, così sarebbe.

Mentre ora ci resta una riserva benefica,

e possiamo spendere generosamente, con la speranza

di quello che ci deve venire.

Questo ci dà la sicurezza di un rifugio.

HOTSPUR

Un ritiro sì, una casa in cui riparare,

se il diavolo e la sfortuna minacciassero

la nostra impresa ancora vergine.

WORCESTER

E tuttavia vorrei che tuo padre fosse venuto.

La qualità e natura del nostro tentativo

non tollera divisioni. Penseranno,

quelli che non sanno perché è assente,

che prudenza, lealtà o addirittura disapprovazione

del nostro piano hanno allontanato il Conte.

E pensate come tale sospetto

può far volgere la corrente della congiura incerta

e far nascere dei dubbi sulla nostra causa.

Poiché sapete bene che noi della parte che attacca

dobbiamo evitare ogni giudizio severo,

e chiudere ogni feritoia, ogni fessura da cui

l’occhio della ragione possa spiarci.

L’assenza di tuo padre apre uno spiraglio

che mostra agli ignoranti una paura

che prima non immaginavano.

HOTSPUR

Esageri di troppo.

Per parte mia così interpreto la sua assenza:

conferisce lustro e maggior prestigio,

un maggiore ardimento alla nostra grande impresa,

che se il Conte fosse qui, infatti penseranno

che se noi senza lui possiamo radunarci

e minacciare un regno, con il suo aiuto

lo rovesceremo e faremo precipitare.

Finora va tutto bene, le nostre membra sono integre.

DOUGLAS

Quanto il cuore può sperarlo. Non vi è parola

pronunciata in Scozia che significhi paura.

Entra Sir Richard Vernon.

HOTSPUR

Cugino Vernon! Benvenuto, sulla mia anima.

VERNON

Dio voglia che le mie notizie siano anche benvenute.

Il Conte di Westmoreland, con settemila uomini,

marcia in questa direzione; con lui il principe John.

HOTSPUR

Niente di grave. Che altro?

VERNON

Inoltre ho appreso

che il Re stesso è partito di persona

cioè intende venire qui rapidamente,

con un’armata forte e numerosa.

HOTSPUR

Sarà anche lui benvenuto. Dov’è suo figlio,

quel pazzerello lesto di gambe, il Principe di Galles,

e i suoi compagni, che disprezzavano il mondo

dicendogli di andare per la sua strada?

VERNON

Tutti pronti, tutti armati;

tutti piumati come struzzi con le ali al vento

freschi come aquile che si siano appena bagnate;

sfavillanti in armature dorate come statue;

pieni di vigore come il mese di maggio

e sgargianti come il sole a mezza estate;

ardenti come capretti, sfrenati come torelli.

Ho visto il giovane Harry con il suo elmo,

i cosciali alle gambe, bellamente armato,

alzarsi da terra come un Mercurio alato,

e volteggiare in sella con tanta facilità

come se un angelo fosse caduto dalle nuvole

per far girare e roteare un Pegaso focoso

e ammaliare il mondo con l’eccellente equitazione.

HOTSPUR

Non più! Non più! Peggio del sole a marzo

questa lode dà la terzana. Vengano pure.

Vengono come sacrifici bardati,

e alla vergine della guerra dagli occhi ardenti

noi li offriremo accaldati e sanguinanti.

Marte nell’armatura siederà sull’altare

col sangue fino alle orecchie. Io ardo

a udire che questa ricca preda è tanto vicina

e ancora non nostra. Suvvia, a provare il mio cavallo,

che mi porterà come una saetta

contro il petto del Principe di Galles.

Harry andrà contro Harry, cavallo ardente contro cavallo,

cozzeranno, né si lasceranno finché uno non cada morto.

Se solo arrivasse Glendower!

VERNON

Ci sono altre notizie.

Ho appreso a Worcester, nel passare in città,

che egli non può raccogliere le forze per due settimane.

DOUGLAS

Questa è sin qui la novità peggiore.

WORCESTER

Sì, davvero, la cosa ha un suono gelido.

HOTSPUR

A quanto potrà ammontare l’esercito del Re?

VERNON

A trentamila.

HOTSPUR

Siano pure quarantamila,

mio padre e Glendower essendo altrove,

le nostre forze potranno bastare a tanta prova.

Suvvia, passiamo subito le truppe in rassegna.

Il giorno del giudizio è vicino. Morte a tutti, morte allegra.

DOUGLAS

Non parlare di morire. Io non temo

la morte o la sua mano per mezz’anno almeno. Escono.

ATTO QUARTO – SCENA SECONDA

Entrano Falstaff e Bardolph.

FALSTAFF

Bardolph, precedimi a Coventry; riempimi una bottiglia di bianco secco. I nostri soldati continueranno a marciare. Stanotte saremo a Sutton Coldfield.

BARDOLPH

Volete darmi i soldi, capitano?

FALSTAFF

Mettili tu, mettili tu.

BARDOLPH

Questa bottiglia fa dieci scellini.

FALSTAFF

Se li fa, tienili pure per il tuo disturbo, e se ne fa venti, tienili tutti; rispondo io della coniazione. Di’ al mio luogotenente Peto di incontrarmi all’uscita della città.

BARDOLPH

Lo farò, capitano. Addio. Esce.

FALSTAFF

Se non mi vergogno dei miei soldati sono una triglia marinata. Ho abusato in modo abominevole del mandato di arruolamento. Ho guadagnato, in cambio di centocinquanta soldati, trecento sterline e rotti. Non recluto che solidi possidenti e figli di proprietari; mi informo sugli scapoli prossimi alle nozze, che hanno fatto due volte le pubblicazioni, gentaglia ben pasciuta che sentirebbe piuttosto il diavolo che un tamburo, che teme la detonazione di un moschetto più di un uccello impallinato o un’oca selvatica sciancata. Non ho arruolato che panini imburrati di tal fatta, con nella pancia un cuore non più grande di una capocchia di spillo, e hanno pagato per poter restare a casa. Sicché ora la mia compagnia è tutta fatta di alfieri, caporali, luogotenenti, graduati… schiavi cenciosi come Lazzaro nelle tele dipinte, dove i cani del ricco epulone gli leccano le piaghe; tipi che in realtà non sono mai stati soldati, ma servitori licenziati per disonestà, figli cadetti di fratelli cadetti, garzoni d’osteria scappati, stallieri disoccupati, i parassiti di un mondo tranquillo e di una lunga pace, dieci volte più stracciati e pezzenti di una vecchia bandiera sbrindellata. E quelli che ho preso per rimpiazzare gli altri che hanno comprato l’esonero sono così mal ridotti che sembra mi porti dietro centocinquanta figlioli prodighi cenciosi, appena tornati dal pascolare i porci, e dal mangiare avanzi e bucce. Un mattacchione mi ha incontrato per via, e m’ha detto che ho alleggerito tutte le forche e reclutato i cadaveri. Nessuno ha mai visto dei simili spaventapasseri. Per Coventry con loro non passo, questo è certo. Fra l’altro i furfanti marciano a gambe larghe, come se avessero i ceppi, e in effetti i più li ho presi di prigione. In tutta la compagnia non ci sarà una camicia e mezza, e la mezza è fatta con due fazzoletti cuciti insieme alla meglio e gettati sulle spalle come una cotta da araldo senza maniche; quanto alla camicia, a dire il vero è stata rubata all’oste di Saint Albans, oppure al locandiere di Daventry, quello col naso rosso. Ma non fa niente, troveranno tutta la biancheria che gli serve ad asciugare su ogni siepe.

Entrano il Principe e Lord Westmoreland.

PRINCIPE

Ebbene, Jack gonfiato? Ebbene, imbottita?

FALSTAFF

Che, Hal? Dunque, pazzerello? Che diavolo ci fai nella contea di Warwick? Buon Lord Westmoreland, vi chiedo scusa. Pensavo che vostro onore fosse già a Shrewsbury.

WESTMORELAND

Davvero, Sir John, dovrei essere là da un pezzo, e anche voi, ma le mie truppe mi hanno preceduto. Il Re, ve lo posso dire, ci aspetta tutti. Dobbiamo proseguire tutta la notte.

FALSTAFF

Bah, non temete per me: sono vigile come una gatta che vuol rubare della panna.

PRINCIPE

Davvero rubare della panna, visto che il tuo furto ti ha già mutato in burro. Ma di’ un po’, Jack, questi tipi che ti vengono dietro chi sono?

FALSTAFF

Miei, Hal, miei.

PRINCIPE

Non ho mai visto dei gaglioffi tanto male in arnese.

FALSTAFF

Bah! Abbastanza buoni per essere infilzati; carne da cannone, carne da cannone. In una fossa ci staranno bene come quelli migliori. Via, mio caro, sono mortali, sono mortali.

WESTMORELAND

Sì, però, Sir John, mi pare che sono molto poveri e magri, troppo cenciosi.

FALSTAFF

Mah, per quanto riguarda la loro povertà, non so dove l’abbiano presa, e quanto alla magrezza, non l’hanno certo imparata da me.

PRINCIPE

No, ci giurerei, a meno che non chiami magre tre dita di ciccia sulle costole. Ma, ti dico, spicciati. Percy è già sul campo. Esce.

FALSTAFF

Come, il Re ha già spiegato le forze?

WESTMORELAND

Sì, Sir John. Ho paura che indugiamo troppo. [Esce.]

FALSTAFF

Bene, gli sgoccioli di una battaglia e l’inizio di una festa sono quel che ci vuole per un lottatore pigro e un ospite affamato. Esce.

ATTO QUARTO – SCENA TERZA

Entrano Hotspur, Worcester, Douglas, Vernon.

HOTSPUR

Lo attaccheremo stanotte.

WORCESTER

Non è possibile.

DOUGLAS

Così gli concedete un vantaggio.

VERNON

Niente affatto.

HOTSPUR

Perché dite così? Non è in attesa di rinforzi?

VERNON

Li attendiamo anche noi.

HOTSPUR

I suoi sono sicuri, i nostri incerti.

WORCESTER

Buon nipote, lasciati consigliare. Non muoverti stanotte.

VERNON

Non lo fate, mio signore.

DOUGLAS

Consigliate male.

Parlate per paura e freddezza di cuore.

VERNON

Non calunniatemi, Douglas. Per la mia vita –

sono pronto a provarlo con la mia vita –

se l’onore ben apprezzato mi spinge avanti,

sento il debole consiglio della paura tanto poco

quanto voi, signore, o qualsiasi scozzese al mondo.

Si vedrà domani in battaglia

chi di noi teme.

DOUGLAS

Sì, o stanotte.

VERNON

D’accordo.

HOTSPUR

Stanotte, dico io.

VERNON

Suvvia, non si può fare. Mi meraviglio molto

che comandanti tanto grandi come voi

non prevedano quali impedimenti

ostacolino la nostra azione. Certa cavalleria

di mio cugino Vernon non è ancora arrivata.

Quella di vostro zio Worcester è giunta solo oggi;

e ora la sua baldanza e foga dorme,

il suo coraggio è spento dalla dura fatica,

tanto che non un cavallo vale metà della metà.

HOTSPUR

Così anche i cavalli del nemico

sono per lo più fiacchi per il viaggio e accasciati.

La maggior parte dei nostri è ben riposata.

WORCESTER

Il Re ha truppe più numerose delle nostre.

Per carità, cugino, aspetta finché non arrivano tutti.

La tromba suona a parlamento. Entra Sir Walter Blunt.

BLUNT

Vengo da parte del Re con offerte generose,

se mi concedete udienza e rispetto.

HOTSPUR

Benvenuto, Sir Walter Blunt, e Dio volesse

che foste del nostro pensiero.

Alcuni di noi vi hanno caro, e questi

rimpiangono i vostri grandi meriti e buon nome,

perché non siete del nostro partito,

ma ci state contro come nemico.

BLUNT

E Dio non voglia che io sia altrimenti,

finché oltre il limite della condotta onesta

voi vi opponete alla maestà consacrata.

Ma vengo all’ambasciata. Il Re manda a chiedere

la natura delle vostre lagnanze, e la ragione

per cui evocate dal seno della pace ordinata

un’ostilità tanto arrogante, e insegnate al paese obbediente

la crudeltà più audace. Se è avvenuto che il Re

ha in qualsiasi modo dimenticato i vostri meriti,

che egli stesso afferma essere numerosi,

vi invita a esprimere le vostre lagnanze: subito

avrete quanto desiderate, con gli interessi,

e il perdono incondizionato per voi e coloro

che avete incitato e traviato.

HOTSPUR

Il Re è generoso, e ben sappiamo che il Re

sa quando promettere, quando mantenere.

Mio padre, mio zio e io stesso

gli abbiamo dato quella regalità che indossa;

e quando non aveva più di ventisei uomini,

era visto male da tutti, miserevole e umile,

povero fuorilegge ignorato che tornava furtivo in patria,

mio padre gli diede il benvenuto sulla spiaggia;

e quando lo udì giurare e promettere a Dio

che veniva solo per essere Duca di Lancaster,

per ottenere la sua eredità e il suo perdono,

con lacrime di innocenza e parole di zelo,

mio padre, mosso a pietà nel suo buon cuore,

gli giurò aiuto, e glielo diede anche.

Ora quando i baroni e i pari del regno

videro che Northumberland inclinava a lui,

piccoli e grandi vennero a scappellarsi in ginocchio,

lo incontrarono in borghi, città, villaggi,

lo scortarono sui ponti, gli fecero ala sulle strade,

gli diedero doni, offrirono giuramenti,

gli affidarono gli eredi come paggi, lo seguirono

alle calcagna in moltitudini fastose.

Lui subito, come la grandezza sente la sua potenza,

ti sale un po’ più in alto delle sue promesse

fatte a mio padre, quando il suo animo era umile,

sulla nuda spiaggia a Ravenspurgh;

e presto, perdio, si assume il compito di riformare

certi editti e certi decreti severi

che pesano troppo sulla nazione;

denuncia gli abusi, sembra piangere

per i torti del paese; e con tale facciata,

tale apparenza di giustizia, ottenne

i cuori di tutti quelli a cui gettò l’esca;

andò anche oltre, fece tagliare le teste

di tutti i favoriti del Re assente

lasciati indietro come suoi deputati

quando andò di persona a far la guerra d’Irlanda.

BLUNT

Bah! Non son qui per sentire questo.

HOTSPUR

Vengo al dunque.

In breve tempo, egli depose il Re;

poco dopo, lo privò della vita;

alle calcagna di questo tassò l’intero stato;

e peggio ancora, permise che il suo parente March

(il quale, se ognuno avesse quel che gli spetta,

è in realtà suo re) combattesse in Galles,

e là restasse prigioniero senza riscatto;

mi umiliò nelle mie vittorie fortunate,

cercò di intrappolarmi per mezzo di spie;

allontanò con rimproveri mio zio dal consiglio;

rabbioso cacciò mio padre dalla corte;

violò giuramento su giuramento, fece torti su torti;

e in conclusione ci costrinse a cercare tutela

in questo esercito per salvarci, e insieme a verificare

il suo titolo al trono, che a noi sembra

troppo indiretto per mantenersi a lungo.

BLUNT

Devo portare questa risposta al Re?

HOTSPUR

No, Sir Walter. Ci ritireremo per poco.

Andate al Re, e che ci venga dato

un pegno per la sicurezza del ritorno,

e domani di prima mattina mio zio

gli porterà le nostre richieste. E così, addio.

BLUNT

Vorrei che da lui accettaste grazia e affetto.

HOTSPUR

Forse lo faremo.

BLUNT

Dio lo voglia. Escono.

ATTO QUARTO – SCENA QUARTA

Entrano l’Arcivescovo di York e Sir Michael.

ARCIVESCOVO

Presto, buon Sir Michael, portate con fretta alata

questa lettera sigillata al lord maresciallo;

questa a mio cugino Scroop; le altre

a chi sono indirizzate. Se sapeste

quanto sono importanti, vi affrettereste.

SIR MICHAEL

Buon signore,

indovino il loro tenore.

ARCIVESCOVO

È probabile.

Domani, buon Sir Michael, è un giorno

in cui la sorte di diecimila uomini

deve essere messa alla prova; infatti a Shrewsbury,

secondo le informazioni che ho ricevuto,

il Re con un esercito ampio e raccolto in fretta

incontrerà Lord Harry; e temo, Sir Michael,

che con la malattia di Northumberland,

le cui forze erano in proporzione le maggiori,

e con l’assenza anche di Owen Glendower,

che per loro era un appoggio essenziale

e che non si presenta, trattenuto da profezie,

temo che le forze di Percy siano troppo deboli

per rischiare uno scontro immediato con il Re.

SIR MICHAEL

Però, buon signore, non avete da temere;

c’è sempre Douglas e Lord Mortimer.

ARCIVESCOVO

No, Mortimer non c’è.

SIR MICHAEL

Ma ci sono Mordake, Vernon, Harry Percy,

e c’è il mio Lord di Worcester, e una schiera

di soldati valorosi, nobili gentiluomini.

ARCIVESCOVO

È vero, eppure il Re ha riunito

il meglio di forze da tutte le sue terre:

il Principe di Galles, Lord John di Lancaster,

il nobile Westmoreland e l’impavido Blunt,

e molti altri alleati e uomini forti

stimati nell’esercizio delle armi.

SIR MICHAEL

Non dubitate, troveranno chi li saprà affrontare.

ARCIVESCOVO

Lo spero anch’io, ma è necessario temere;

e, per prevenire il peggio, Sir Michael, fate presto.

Poiché se va male per Lord Percy, il Re prima di

sciogliere le sue forze, intende visitare noi,

perché ha saputo della nostra alleanza,

ed è solo prudente prepararci allo scontro.

Perciò fate presto. Devo scrivere ancora

ad altri amici. Dunque addio, Sir Michael. Escono.

Enrico IV – Parte I
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