Enrico VI – Parte Prima – Atto III

(“Henry VI, part 1” – 1588 – 1590)

Traduzione di Carlo Pagetti

Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V

Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali

Enrico VI - Parte I - Atto III

ATTO TERZO – SCENA PRIMA

Squilli di tromba. Entrano il Re [Enrico], Exeter, Gloucester, Winchester, Warwick, Somerset, Suffolk, Riccardo Plantageneto [e altri]. Gloucester cerca di presentare una lista di accuse; Winchester afferra il foglio e lo fa a pezzi.

WINCHESTER

Vieni con le tue righe premeditate,

con libelli congegnati ad arte?

Humphrey di Gloucester, se tu hai accuse

o colpe da addebitarmi qui davanti,

fallo senza sotterfugi, senza indugio.

Io, senza indugio o perdita di tempo,

risponderò alle tue insinuazioni.

GLOUCESTER

Prete strafottente, questo luogo mi impone

la pazienza, o tu vedresti come so reagire

alle tue azioni disonorevoli. Non pensare,

se pure ho messo per iscritto

le modalità dei tuoi crimini oltraggiosi,

che perciò si tratti di falsificazioni,

o che a viva voce non sia capace di recitare

gli argomenti della penna. No, prelato,

tanto ardisce la tua malvagità,

la perfidia dei tuoi imbrogli audaci,

esiziali e seminatori di zizzania,

che perfino gli infanti balbettano

della tua arroganza. Sei un usuraio micidiale,

perverso per natura, nemico della pace,

lussurioso e corrotto ben più di quanto non s’addica

a un uomo del tuo rango e della tua professione.

E il tuo tradimento non s’è manifestato apertamente

quando mi hai teso un agguato, per togliermi la vita,

ora presso il Ponte di Londra, ora alla Torre?

Inoltre, temo che, se i tuoi pensieri fossero passati

al setaccio, neppure il re, tuo sovrano, sarebbe immune

dall’invido rancore del tuo cuore, gonfio di superbia.

WINCHESTER

Gloucester, ti sfido, – Signori, chiedo grazia:

date udienza a quello che ho da dire.

Se fossi avido, ambizioso e perverso

come mi raffigura, com’è che sono povero?

E com’è che non cerco promozioni

o avanzamenti di carriera, ma mi contento

del mio usuale ministero? Quanto alla zizzania,

chi agogna alla pace più di me? – Solo se provocato…

No, miei buoni signori, non questo offende,

non questo ha reso il duca furibondo.

È che vuole essere solo lui a comandare,

solo lui dovrebbe stare accanto al re;

è questo che produce tuoni nel suo petto,

che gli fa ruggire accuse a squarciagola.

Ma sappia che io valgo quanto…

GLOUCESTER

Quanto chi?

Tu, nato bastardo di mio nonno!

WINCHESTER

Sì, signor prepotente; e tu, scusa, chi sei?

Uno che vuol comandare sul trono altrui?

GLOUCESTER

Non sono il Protettore, prete insolente?

WINCHESTER

E io non sono un prelato della chiesa?

GLOUCESTER

Sì, come un fuorilegge dentro un castello,

che adopera a protezione delle sue rapine.

WINCHESTER

Gloucester irriverente!

GLOUCESTER

E tu, reverendo

nelle funzioni spirituali, non nella tua vita.

WINCHESTER

Roma porrà rimedio a questo.

WARWICK

E tu rimedia un viaggio a Roma, allora.

[A Gloucester] Signore, sarebbe vostro dovere essere tollerante.

SOMERSET

Sì, che il vescovo non venga sopraffatto.

[A Winchester] Il mio signore dovrebbe essere pio

e conoscere le responsabilità di cui è investito.

WARWICK

Vossignoria dovrebbe essere più umile;

non si addice a un prelato il battibecco.

SOMERSET

Invece sì, se si contesta la sua sacra funzione.

WARWICK

Funzione o finzione sacra, cosa importa?

Forse che sua grazia non è Protettore del re?

PLANTAGENETO [a parte]

Plantageneto, m’avvedo, deve frenare

la lingua, affinché non gli si dica:

“Parla, signore, quando viene il tuo turno;

il tuo giudizio presuntuoso deve interferire con i lord?”

Altrimenti scambierei due battute con Winchester.

RE ENRICO

Zio Gloucester e zio Winchester,

speciali tutori dello stato d’Inghilterra,

vi do il comando, se le preghiere hanno forza

di comando, di unire i vostri cuori

nell’amore e nell’amicizia. Quale scandalo,

per la nostra corona, che due nobili Pari,

come voi, siano in aspro conflitto!

Credetemi, signori, i miei teneri anni

possono già dire che la discordia civile

è un verme viperino, che rode le budella

della comunità.

Si ode un rumore fuori scena: “Abbasso le divise marroni!”.

Cos’è questo baccano?

WARWICK

Un tumulto è facile arguire, iniziato

a bella posta dagli uomini del vescovo.

Altri rumori: “Alle pietre! Alle pietre!”.

Entra il Sindaco [di Londra, con il suo seguito].

SINDACO

O miei buoni signori, e virtuoso Enrico,

pietà per la città di Londra, pietà per noi!

Gli uomini del vescovo e del Duca di Gloucester,

a cui fu proibito di recente di portare armi,

hanno riempito le tasche di ciottoli,

e dopo essersi organizzati, si prendono

con tanta foga a sassate sulla testa,

che molti hanno il cervello balordo sfracellato.

Le nostre imposte sono spaccate in ogni strada,

e abbiamo dovuto chiudere i negozi per paura.

Entrano [dei domestici] con le teste insanguinate e si azzuffano.

RE ENRICO

Per l’obbedienza a noi dovuta, vi ordiniamo

d’arrestare la mano assassina, e far pace.

Ti prego, zio Gloucester, placa la rissa.

PRIMO DOMESTICO

No, se ci proibite le pietre, ci sbraneremo coi denti.

SECONDO DOMESTICO

Provateci: siamo altrettanto risoluti. Riprende la zuffa.

GLOUCESTER

Voi della mia casa, smettete quest’insulsa gazzarra

e ritiratevi da questo scontro illegale.

TERZO DOMESTICO

Mio signore, conosciamo vostra grazia

come uomo giusto e tutto d’un pezzo,

per nascita regale inferiore a nessuno, solo al re.

Prima di acconsentire che un principe tale,

un padre così buono dello stato,

venga insultato da un imbrattacarte,

combatteremo tutti, noi, le mogli, i figli,

finché il nemico farà scempio dei nostri corpi.

PRIMO DOMESTICO

Sì, e con frammenti d’unghia, da morti,

fortificheremo il campo di battaglia.

Ricomincia [la zuffa].

GLOUCESTER

Fermi, fermi, vi dico; se mi amate davvero,

lasciatevi convincere alla tregua.

RE ENRICO

Oh, come questa discordia affligge

l’anima mia. E tu, signore di Winchester,

puoi scorgere le mie lacrime, i sospiri,

senza intenerirti? Se non hai misericordia,

chi l’avrà? E chi s’ingegnerà a favorire

la pace, se i santi uomini di chiesa

traggono piacere dalle risse?

WARWICK

Piégati, Lord Protettore; anche tu, Winchester,

se non intendete opporvi al sovrano

con ostinati dinieghi, e distruggere il regno.

Vedete il male, e che crimini sono stati compiuti

a causa della vostra inimicizia. Fate pace, dunque,

se non avete sete di sangue.

WINCHESTER

Tocca a lui sottomettersi, o io non mi piego.

GLOUCESTER

La compassione per il re mi impone

di umiliarmi; o gli strapperei il cuore al prete

piuttosto che concedergli un tale privilegio.

WARWICK

Osserva, signore di Winchester, il duca

ha bandito il suo furioso e altero malcontento,

come appare dal viso rilassato: perché

tu hai ancora quella faccia da tragedia?

GLOUCESTER

Ecco, Winchester, ti offro la mano.

[Winchester gli volge le spalle.]

RE ENRICO

Vergogna, zio Beaufort! Ti udii predicare

che il rancore era peccato grave, atroce;

non vuoi rispettare i tuoi insegnamenti?

Preferisci essere il primo che li infrange?

WARWICK

Dolce re! Il vescovo s’è preso un bel rimprovero.

Vergogna, signore di Winchester, smettila!

Dunque, andrai a lezione da un fanciullo?

WINCHESTER

Ebbene, Duca di Gloucester, mi piegherò a te.

Scambio amore per amore, mano per mano.

GLOUCESTER [a parte]

Sì, ma temo con un cuore falso. –

Ecco, amici e cari concittadini,

questo gesto è il pegno della tregua

tra di noi due e tra tutti i nostri seguaci,

e Dio m’assista, non c’è simulazione.

WINCHESTER

Anche me assista Iddio! [A parte] Perché non ho intenzione.

RE ENRICO

Caro zio, gentile Duca di Gloucester,

quanta gioia c’è in me per questo patto!

Suvvia, brava gente, non dateci più pena,

ma unitevi in amicizia come i vostri padroni.

PRIMO DOMESTICO

D’accordo, vado dal dottore.

SECONDO DOMESTICO

Io pure.

TERZO DOMESTICO

Io cercherò una medicina alla taverna.

Escono [i servi, il Sindaco e gli altri].

WARWICK

Mio grazioso signore, accettate questa pergamena,

che porgiamo a vostra maestà, in nome dei diritti

di Riccardo Plantageneto.

GLOUCESTER

Una supplica ben presentata, signore di Warwick,

perché, dolce principe, se vostra grazia

soppesa ogni circostanza, ci sono forti ragioni

per rendere giustizia a Riccardo; specie per i motivi

di cui informai vostra maestà a Eltham Place.

RE ENRICO

E quei motivi, zio, erano assai solidi.

Perciò, miei cari lord, a noi piace

che Riccardo sia reintegrato nel suo sangue.

WARWICK

Venga Riccardo reintegrato nel suo sangue,

e risarcito il torto fatto al padre.

WINCHESTER

Winchester si associa alla volontà altrui.

RE ENRICO

Se sarai leale, Riccardo, ti concedo

non solo questo, ma l’intera eredità

che appartiene alla casata degli York

da cui tu discendi in linea diretta.

PLANTAGENETO

Il tuo umile servo ti giura obbedienza

e in umiltà servizio fin che non giunga morte.

RE ENRICO

Piega il tuo ginocchio, allora, e poggialo

contro il mio piede. [Plantageneto si inginocchia.]

A guiderdone del dovere compiuto,

ti cingo con la spada valorosa degli York.

Alzati, Riccardo, da vero Plantageneto,

alzati, Duca di York, principe regale.

YORK

Prosperità a Riccardo, rovina ai tuoi nemici!

E come si manifesta il mio dovere, [alzandosi] perisca

chi nutre un solo pensiero ostile a tua maestà!

TUTTI

Sii il benvenuto, grande principe, potente Duca di York!

SOMERSET [a parte]

Perisci, spregevole principe, ignobile Duca di York!

GLOUCESTER

Ora meglio converrà alla maestà vostra

di varcare il mare per essere incoronato

in Francia. La presenza del re genera amore

tra i sudditi e gli amici fedeli, quanto essa

scoraggia gli avversari.

RE ENRICO

Basta che Gloucester

dica una parola ed Enrico è in viaggio.

Contro i nemici, un consiglio d’amico è di vantaggio.

GLOUCESTER

Le tue navi sono già pronte a partire.

Marcia regale. Squilli di tromba. Escono [tutti eccetto Exeter].

EXETER

Ma sì, marciamo in Inghilterra o in Francia,

senza vedere ciò che potrebbe capitare presto.

Quest’ultimo dissidio, nato tra i Pari,

brucia sotto le ceneri infide d’un amore simulato,

ed eromperà alla fine in una gran fiammata.

Come le membra in suppurazione marciscono

grado a grado, finché ossa, carne, giunture,

cadono a brandelli, così spargerà il suo contagio

questa discordia spregevole e odiosa.

Adesso temo la fatale profezia

che al tempo di Re Enrico Quinto

era sulla bocca d’ogni poppante, vale a dire,

che Enrico nato a Monmouth avrebbe vinto tutto,

ed Enrico nato a Windsor, perso tutto.

Così palese è il corso degli eventi

che Exeter spera di finire i suoi giorni

prima che giunga quel tempo sciagurato. Esce.

ATTO TERZO – SCENA SECONDA

Entra la Pulzella travestita, assieme a quattro soldati con dei sacchi sulle spalle.

PULZELLA

Ecco le porte cittadine, le porte di Rouen,

dove il nostro tranello deve aprire un varco. Attenti,

abbiate cura di usare con astuzia le parole,

parlate come i soliti contadini che al mercato

vengono a prender soldi per il loro grano.

Se abbiamo accesso, come è mia speranza,

e se troviamo poche guardie distratte,

manderò un segnale al nostri amici,

così che Carlo il Delfino possa aggredirle.

PRIMO SOLDATO

Coi nostri sacchi metteremo a sacco

la città, e saremo signori e padroni di Rouen.

Perciò bussiamo. Bussano.

GUARDIA [da dentro]

Qui là?

PULZELLA

Paysans, la pauvre gent de France:

poverelli che vanno al mercato a vendere il grano.

GUARDIA [aprendo la porta]

Dentro. Andate: la campana del mercato è già suonata.

PULZELLA

Ora, Rouen, raderò al suolo i tuoi bastioni.

Escono.

Entrano Carlo, il Bastardo, Alençon [, Reignier e le truppe].

CARLO

San Dionigi benedica questo fausto stratagemma

e di nuovo dormiremo al sicuro dentro Rouen.

BASTARDO

La Pulzella e i suoi attori sono entrati di qui.

Ora che è dentro, come ci avvertirà

se qui è il passaggio migliore e più propizio?

REIGNIER

Agitando una fiaccola da quella torre;

una volta avvistata, sapremo che ci indica

che questa porta, da cui è entrata, è la più sguarnita.

Entra la Pulzella, in alto, agitando una fiaccola accesa.

PULZELLA

Osservate la lieta fiaccola nuziale

che congiunge Rouen ai suoi connazionali,

ma brucia fatale a Talbot e ai suoi seguaci.

BASTARDO

Guarda, nobile Carlo, il segnale luminoso dell’amica.

La fiaccola accesa, là, su quella torre.

CARLO

Ora, che risplenda come una cometa di vendetta,

profetessa di rovina ai nostri nemici!

REIGNIER

Non perdete tempo; il ritardo arreca

pericolose conseguenze. Entrate subito al grido

“Per il Delfino!” e passate le guardie a fil di spada.

Suona l’allarme. [Escono.]

Allarme. [Entra] Talbot che compie una sortita.

TALBOT

Francia, pagherai col pianto il tradimento,

se solo Talbot soppravvive all’imboscata.

La Pulzella, la strega, la dannata fattucchiera,

ha combinato di sorpresa quest’imbroglio infernale,

e a stento siamo sfuggiti all’arroganza francese. Esce.

Suona l’allarme. Incursioni. Bedford, malato, trasportato su una seggiola. Entrano Talbot e Borgogna; da dentro, sulle mura appaiono la Pulzella, Carlo, il Bastardo, [Alençon] e Reignier.

PULZELLA

Buondì, valorosi. Volete grano per il pane?

Credo che il Duca di Borgogna farà digiuno,

prima di comprare ancora a questo prezzo.

Era pieno di loglio: vi piace il suo sapore?

BORGOGNA

Sbeffeggia pure, infame demonio,

spudorata cortigiana! Confido di soffocarti presto

col tuo grano e di farti maledire il suo raccolto.

CARLO

Vostra grazia potrebbe crepare di fame,

prima che giunga quel momento.

BEDFORD

Non le parole,

ma le azioni vendichino un tale tradimento.

PULZELLA

Tu cosa farai, mio buon barbagrigia? Spezzi

una lancia e carichi contro la morte su una sedia?

TALBOT

Sconcio demonio di Francia, strega nefasta,

circondata dai tuoi amanti lussuriosi,

ti conviene schernire il suo valore antico

e fare il verso, da codarda, a un uomo moribondo?

Damigella, farò la lotta con te un’altra volta,

o altrimenti perisca Talbot di vergogna.

PULZELLA

Hai i bollori, mio signore? Ma sta’ calma, Pulzella.

Se Talbot appena tuona, seguirà un acquazzone.

[Gli Inglesi] si consultano a bassa voce.

Salute al parlamento! Chi fa da portavoce?

TALBOT

Ardisci di uscire e di incontrarci in campo aperto?

PULZELLA

Mi sa che vostra signoria ci prende per pazzi,

a provare nostro o meno ciò che già ci appartiene.

TALBOT

Non parlo a quell’Ecate farneticante,

ma a te, Alençon, e a tutti gli altri.

Verrete fuori a combattere da soldati?

ALENÇON

Signornò.

TALBOT

Signor si impicchi. Quei vili mulattieri

di Francesi, simili a rustici scudieri,

rimangono sulle mura e non osano

prendere le armi come gentiluomini.

PULZELLA

Andiamo, capitani. Lasciamo le mura,

gli sguardi di Talbot non promettono nulla

di buono. Addio, mio signore: siamo venuti

soltanto a dirti che siamo qui. Si allontanano dalle mura.

TALBOT

E ci saremo anche noi, lì, tra non molto,

o il biasimo sarà la fama più grande di Talbot.

Fa’ voto, Borgogna, sull’onore della tua casata,

pungolato dai torti pubblici subiti in Francia,

di riprendere la città, oppure di morire.

E io, quanto è vero che vive Enrico d’Inghilterra,

e che suo padre fece qui il conquistatore,

quant’è vero che in questa città or ora tradita

fu sepolto il cuore del gran Coeur-de-lion,

così io giuro di prendere la città o di morire.

BORGOGNA

I miei voti fanno stretta compagnia ai tuoi.

TALBOT

Ma prima di attaccare, riguardo a questo principe

che muore, il prode Duca di Bedford. – Vieni, signore,

ti tradurremo in un posto migliore,

più adatto alla malattia e alla fragile età.

BEDFORD

Lord Talbot, non arrecarmi disonore.

Qui starò seduto, davanti alle mura di Rouen,

Vi sarò compagno nella buona o nella mala sorte.

BORGOGNA

Valente Bedford, lasciati convincere da noi –

BEDFORD

Di non andarmene da qui; poiché lessi una volta

che il prode Pendragon, malato, sulla sua lettiga,

si spinse fin sul campo e sconfisse i nemici.

Io dovrei, credo, rinvigorire il cuore dei soldati,

poiché l’ho sempre trovato uguale al mio.

TALBOT

Spirito indomito in un petto moribondo.

Così sia; che il cielo protegga il vecchio Bedford!

E ora basta con la confusione, valoroso Borgogna,

ma raccogliamo le forze all’istante

e diamo addosso al nemico insolente.

Esce [dentro la città con Borgogna e le truppe].

Suona l’allarme. Incursioni. Entrano Sir John Fastolf e un Capitano.

CAPITANO

Dove correte, Sir John Fastolf, tanto in fretta?

FASTOLF

Dove corro? A salvarmi con la fuga.

È probabile che ce le suonino un’altra volta.

CAPITANO

Ma come? Fuggite abbandonando Lord Talbot?

FASTOLF

Sì, tutti i Talbot del mondo, per salvarmi la pelle. Esce.

CAPITANO

Cavaliere codardo, che ti segua la scalogna.

Esce [dentro la città].

Ritirata. Incursioni. La Pulzella, Alençon e Carlo [entrano in fuga dalla città] allontanandosi.

BEDFORD

Ora, anima placata, quando piaccia al cielo,

compi il tuo viaggio, perché ho visto in rotta i nemici.

Quale fiducia, quale forza ha lo sciocco?

Chi prima si divertiva a sbeffeggiare, adesso

è ben felice di mettersi in salvo con la fuga.

Bedford muore ed è portato fuori sulla sedia da due soldati.

Suona l’allarme. Entrano Talbot, Borgogna e gli altri.

TALBOT

In un giorno perduta e riconquistata!

Questo raddoppia l’onore, Borgogna;

eppure questa vittoria va a gloria del Cielo.

BORGOGNA

Bellicoso e marziale Talbot, Borgogna

ti racchiude nel tempio del suo cuore, e lì innalza

un monumento al valore delle tue alte gesta.

TALBOT

Grazie, nobile duca. Ma dov’è ora la Pulzella?

Credo che sia addormentato quel suo vecchio compare.

E dove sono ora le vanterie del Bastardo?

I lazzi di Carlo? Come? Silenzio di tomba?

Rouen china il capo addolorata

che la balda compagnia si sia involata.

Ora faremo un po’ di ordine in città,

collocandovi funzionari competenti,

e poi torneremo dal re, a Parigi, poiché là

il giovane Enrico risiede con i nobili.

BORGOGNA

Piace a Borgogna ciò che Lord Talbot vuole.

TALBOT

Tuttavia, prima di andare, non dimentichiamo

il nobile Duca di Bedford, appena defunto,

e provvediamo alle sue esequie qui a Rouen.

Un soldato più prode mai impugnò lancia,

un cuore più nobile mai s’impose a corte,

ma i re e i capi supremi non sfuggono alla morte,

perché dell’uomo questa è la misera sorte. Escono.

ATTO TERZO – SCENA TERZA

Entrano Carlo, il Bastardo, Alençon, la Pulzella [e i soldati].

PULZELLA

Non scoraggiatevi, principi, per questo imprevisto,

né addoloratevi per la riconquista di Rouen:

una situazione senza rimedio viene aggravata,

non alleviata, dall’eccessivo affanno.

Che quell’esaltato di Talbot abbia un breve trionfo,

e come un pavone faccia la sua ruota:

noi gli strapperemo le piume e gli mozzeremo la coda,

se il Delfino e gli altri si faranno guidare.

CARLO

Finora siamo stati diretti da te,

né abbiamo provato diffidenza per le tue arti.

Un improvviso rovescio non provocherà sfiducia.

BASTARDO [alla Pulzella]

Col tuo ingegno progetta un piano segreto

e ti renderemo famosa in tutto il mondo.

ALENÇON

Innalzeremo la tua statua in un luogo sacro

e sarai venerata come una santa benedetta.

Adoperati, dolce vergine, per il nostro bene.

PULZELLA

Che sia così. Ecco il piano di Giovanna:

con parole belle e persuasive, di zucchero,

alletteremo Borgogna ad abbandonare Talbot,

e a passare dalla nostra parte.

CARLO

Ma sì, dolcezza, se si potesse fare,

la Francia non sarebbe un posto accogliente

per i guerrieri di Enrico, né quella nazione

avrebbe tanto da vantarsi con noi,

ma verrebbe estirpata dalle nostre province.

ALENÇON

Per sempre sarebbero espulsi dalla Francia

senza aver qui neppure il diritto a una contea.

PULZELLA

Le vostre signorie mi ammireranno all’opera

per portare la faccenda all’agognato compimento.

In lontananza rulla il tamburo.

Udite! Il suono del tamburo ci avverte

che le loro forze marciano verso Parigi.

Risuona una marcia inglese.

Talbot se ne va con gli stendardi dispiegati

e tutte le truppe inglesi gli stanno dietro. Marcia francese.

Adesso avanzano il duca e i suoi in retroguardia:

il destino propizio lo rallenta dietro agli altri.

Chiedete un colloquio e con lui parleremo.

Le trombe suonano la richiesta di parlamentare.

CARLO

Un colloquio col Duca di Borgogna!

[Entra Borgogna con i suoi soldati.]

BORGOGNA

Chi vuole parlamentare con Borgogna?

PULZELLA

Il maestoso Carlo di Francia, tuo compatriota.

BORGOGNA

Cos’hai da dire, Carlo? Sono in marcia da qua.

CARLO

Parla, Pulzella, e gettagli il tuo incantesimo.

PULZELLA

Prode Borgogna, speranza indubitabile di Francia,

rimani, lascia che la tua umile serva ti parli!

BORGOGNA

Parla, allora, ma non farla troppo lunga.

PULZELLA

Guarda il tuo paese, guarda la fertile Francia,

e osserva le città e i borghi annientati

dalle devastazioni del nemico crudele.

Così guarda la madre il suo bambino che si spenge

quando la morte gli chiude i teneri occhi sbarrati.

Osserva, osserva il morbo della Francia in agonia,

posa gli occhi sulle ferite – ferite disumane! –

che proprio tu hai inferto nel suo petto addolorato.

Oh, volgi altrove la tua spada affilata:

colpisci chi le fa del male, non chi le è d’aiuto.

Una goccia di sangue estratta dal seno della patria

dovrebbe addolorarti più che un fiume di sangue

straniero. Torna dunque con un diluvio di lacrime

a cancellare le macchie che deturpano la tua patria.

BORGOGNA [a parte]

O lei mi ha stregato con le sue parole,

o di colpo mi intenerisce un istinto naturale.

PULZELLA

Inoltre, tutti i Francesi, e la Francia intera

lanciano contro di te gravi accuse, dubitando

della tua nascita e del tuo legittimo lignaggio.

Di chi sei alleato? Di una nazione superba

che non si fida di te, se non per interesse.

Una volta che Talbot avrà occupato la Francia,

avendoti plasmato come strumento del male,

chi se non Enrico d’Inghilterra sarà padrone,

mentre tu, derelitto, verrai scacciato?

Ci sovviene – e considera solo questa prova:

non ti era nemico il Duca d’Orléans?

E non era egli prigioniero in Inghilterra?

Ma quando seppero che era tuo rivale,

lo liberarono senza esborso del riscatto,

malgrado Borgogna e tutti i suoi amici.

Dunque lo vedi, tu combatti i tuoi connazionali

e stringi alleanza con i tuoi carnefici.

Su, su, ritorna, signore errabondo!

Carlo e gli altri ti accoglieranno a braccia aperte.

BORGOGNA [a parte]

Mi ha conquistato: le sue alte parole

hanno infranto tutte le mie difese,

come rombanti colpi di cannone,

e quasi mi hanno piegato le ginocchia. –

Perdono, patria, e dolci compatrioti!

Signori, accettate questo abbraccio cordiale.

Le mie forze, gli uomini a mia disposizione

sono vostri. Addio, Talbot. Non ti credo più.

PULZELLA [a parte]

Da buon Francese, davvero un gran girella.

CARLO

Benvenuto, prode duca, la tua amicizia ci dà vigore.

BASTARDO

E sprigiona nuovo coraggio nel nostro petto.

ALENÇON

La Pulzella ha recitato la sua parte

assai bene, e merita un diadema d’oro.

CARLO

Orsù, adesso, miei signori, uniamoci alle nostre forze

e sforziamoci di arrecare offesa al nemico. Escono.

ATTO TERZO – SCENA QUARTA

[Squilli di tromba.] Entrano il Re, Gloucester, Winchester, [Riccardo Plantageneto, ora Duca di] York, Suffolk, Somerset, Warwick, Exeter [, Vernon, Basset e altri]: a essi si fa incontro Talbot con i suoi soldati.

TALBOT

Mio grazioso principe, e onorevoli pari,

udendo del vostro arrivo in questo regno,

ho dato per il momento tregua alla guerra,

per rendere l’omaggio dovuto al mio sovrano.

A prova di ciò, questo braccio che ha imposto

per voi obbedienza a cinquanta fortezze,

a dodici borghi e sette città circondate da potenti mura,

e inoltre a cinquecento prigionieri d’alto rango,

lascia cadere la spada ai piedi di vostra altezza,

e con una leale sottomissione che viene dal cuore

ascrive la gloria delle conquiste ottenute

prima a Dio, e poi a vostra grazia. [Si inginocchia.]

RE ENRICO

È costui quel Lord Talbot, zio Gloucester,

che da tanti anni ha dimora in Francia?

GLOUCESTER

Sì, mio signore, a vostra maestà piacendo.

RE ENRICO

Benvenuto, prode capitano e vittorioso lord!

Quand’ero giovane (non che ora sia vecchio),

ricordo dire da mio padre che mai campione

più valente aveva impugnato la spada.

Da tempo eravamo convinti della tua sincerità,

dei tuoi fedeli servigi, delle tue fatiche in guerra;

tuttavia, non hai gustato ricompensa,

neppure un grazie ti è stato elargito,

perché non avevamo mai visto prima il tuo volto.

Alzati, dunque. Per i tuoi meriti qui ti creiamo

Conte di Shrewsbury, e ti invitiamo a prender posto

nella cerimonia dell’incoronazione.

Marcia trionfale. Squilli di tromba. Escono tutti eccetto Vernon e Basset.

VERNON

Ora, signore, tu che, in mare, t’accanivi

a insultare le insegne che io porto

in onore del nobile Duca di York,

osi confermare le parole allora pronunciate?

BASSET

Sissignore, così come tu osi dar manforte

al latrato maligno della tua lingua

che insolentisce il Duca di Somerset, mio padrone.

VERNON

Messere, il tuo lord lo onoro per quel che è.

BASSET

Be’, e cos’è? Vale quanto York!

VERNON

Non è mica vero, sai. Ecco la prova: tieni! Lo colpisce.

BASSET

Malvagio, tu conosci la legge

sull’uso delle armi: a chi sguaina la spada,

morte immediata, altrimenti questo colpo

farebbe zampillare sangue prezioso.

Mi recherò da sua maestà, a supplicarlo

che mi si dia licenza di vendicare questo torto.

Vedrai, la prossima volta che ti incontro,

ne farai le spese.

VERNON

Ah sì, codardo?

Ci vengo anch’io con la tua stessa fretta.

Poi, prima che tu lo voglia, ti faccio la festa. Escono.

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