I Sonetti 141-154

I sonetti in Italiano ed in originale

Sonetti 141-154
Lady Lilith

Scritti probabilmente fra il 1595 e i primi anni del 1600, i Sonetti di Shakespeare costituiscono uno dei grandi vertici della letteratura d’amore di tutti i tempi, rappresentano anche un momento centrale della produzione letteraria del grande drammaturgo inglese.

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Sonetti 141-154
  • Sonetto 141
    Sonetto 141

    «A dire il vero io non t’amo coi miei occhi perché in te notano un’infinità di colpe».  Nel Sonetto 141, il poeta discute di come i suoi sensi lo avvertano del carattere poco raccomandabile della donna, ma il suo cuore, simbolo delle sue emozioni, rimane…

  • Sonetto 142
    Sonetto 142

    «Amore è il mio peccato e odio la tua miglior virtù: odio del mio peccato, fondato su amor colpevole».  Approfondendo la consapevolezza del peccato, il Sonetto 142 riassume tutta la fatua e insaziabile passione del poeta. Sostiene il rifiuto della donna del suo amore perché…

  • Sonetto 143
    Sonetto 143

    «Ascolta: qual attenta massaia per acchiappar una delle pennute bestiole che le sfugge».  L’immagine di un’amante errante che insegue polli trascurando il suo bambino suggerisce un triangolo amoroso tra la donna, il giovane e il poeta. Sonetto 143 Leggi e ascolta Ascolta: qual attenta massaia…

  • Sonetto 144
    Sonetto 144

    «Due amori io posseggo, conforto e perdizione, che simili a due spiriti sempre mi perseguono».  Il Sonetto 144 è l’unico sonetto che si riferisce esplicitamente sia alla Dama Oscura che al giovane, i “Due amori” del poeta. Atipicamente, il poeta si allontana dal triangolo amoroso…

  • Sonetto 145
    Sonetto 145

    «Quelle labbra che Amor creò con le sue mani bisbigliarono un suono che diceva “Io odio”».  Come continuazione del sonetto precedente, il Sonetto 145 è un’analisi banale dell’amore. L’amante concede pietà al poeta in contrasto con i sonetti precedenti, in cui era spietata. Sonetto 145…

  • Sonetto 146
    Sonetto 146

    «Povera anima, centro della mia peccaminosa terra (schiava di) queste brame ardenti che ti ammantano».  Il poeta ora medita cupamente perché la sua anima, in quanto “Signore” del suo corpo, trascorre così tanto del suo tempo alla ricerca dei desideri terreni quando dovrebbe essere più…

  • Sonetto 147
    Sonetto 147

    «È come febbre l’amor mio e sempre anela quel che più a lungo il mio mal fomenta».  Gli ultimi sonetti riguardanti la Dama, a cominciare da questo, riportano il poeta allo stato disturbato dei sonetti precedenti. Sonetto 147 Leggi e ascolta È come febbre l’amor…

  • Sonetto 148
    Sonetto 148

    «Ahimè, quali occhi mi ha messo in fronte Amore che non son consoni alla vera vista».  Nel Sonetto 148, compagno del sonetto precedente, il poeta ammette che quando si tratta di amore il suo giudizio è cieco. Ancora una volta i suoi occhi sono falsi…

  • Sonnet 149
    Sonnet 149

    «O crudele, come puoi dire che non t’amo se sempre a mio sfavore prendo le tue parti?».  Il Sonetto 149 ricorda l’abietta difesa del poeta del comportamento offensivo del giovane. Il tema principale, tuttavia, è il conflitto tra ragione e infatuazione. Sonetto 149 Leggi e…

  • Sonetto 150
    Sonetto 150

    «Da quale forza attingi questo tuo potere di reggere il mio cuore con le tue miserie?».  Usando un tono più razionale rispetto al sonetto precedente, il poeta cerca di capire perché non può staccarsi completamente dalla donna. Cambia il suo approccio, chiedendo quale incredibile potere…

  • Sonetto 151
    Sonetto 151

    «Amor è troppo giovane per capir che sia coscienza eppure chi non sa che ha vita dall’amore?».  Se il poeta avesse mai sperato che la sua anima avrebbe prevalso sul suo corpo, come fa nel Sonetto 146, e che la sua ragione tornasse a governare…

  • Sonetto 152
    Sonetto 152

    «Tu sai che son spergiuro quando t’amo, ma tu lo sei due volte quando mi giuri amore».  La fine del rapporto tra il poeta e la donna diventa evidente. Rivolgendosi alla donna con un senso di vergogna e indignazione, il poeta è pienamente consapevole del…

  • Sonetto 153
    Sonetto 153

    «Cupido depose la sua torcia e s’addormentò: una ninfa di Diana approfittò di quel momento».  Gli ultimi due sonetti, che possono essere considerati appendici della serie, non toccano nessuno dei temi principali degli altri sonetti. Sonetto 153 Leggi e ascolta Cupido depose la sua torcia…

  • Sonetto 154
    Sonetto 154

    «Un dì che il piccol dio d’Amore addormentato, avea deposto accanto la torcia che i cuori infiamma».  Il Sonetto 154 racconta una storia simile a quella del Sonetto 153. Cupido si addormenta e una ninfa ruba “la torcia che i cuori infiamma”. Spegne la torcia…

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Sonnets sono poesie d’amore dedicate in gran parte a un giovane amico e patrono del poeta (1-126) e a una donna dai capelli o dall’incarnato scuro di cui i due amici si contendono i favori (127-154). Ad essi è congiunto A Lover’s Complaint Lamento dell’amante (il sesso è imprecisato nell’espressione inglese come in quella italiana), dove è di scena una meschinetta sedotta con una lunga perorazione suasiva da un giovane rubacuori, quindi crudelmente abbandonata. Sicché l’“amante” del titolo sembrerebbe essere la donna, sebbene il poemetto contenga anche il lamento (falso) con cui il corteggiatore fa breccia nel cuore della poverina. Ciò conserva al titolo una dose di ambiguità.
Nell’ultimo decennio del 1500 si era avuta nell’Inghilterra elisabettiana una fioritura di raccolte di sonetti, inaugurata da Philip Sidney (Astrophel and Stella, 1591) e proseguita da Samuel Daniel (Delia, 1592), Thomas Lodge (Phillis, 1593), Edmund Spenser  (Amoretti, 1595) e altri. Sia la raccolta di Daniel che quella di Lodge facevano seguire a un gruppo di sonetti un componimento più lungo intitolato “complaint”, quello di Daniel nella stessa forma strofica (la “rhyme royal”) del Lover’s Complaint di Shakespeare. Gli Amoretti di Spenser erano anch’essi conclusi da un lungo poemetto, l’incantevole Epithalamion, in cui il poeta festeggiava le sue nozze con l’amata, felice conclusione dei suoi “amoretti”.

La raccolta shakespeariana, pur apparendo in ritardo, si adegua a questo modello, e la critica novecentesca è andata rivalutando A Lover’s Complaint come parte integrante del tragitto poetico disegnato nei Sonnets. Anche i dubbi sull’autenticità del Complaint, avanzati fin dal ’700, si sono via via diradati, davanti alla dovizia di riscontri con il linguaggio dell’ultimo Shakespeare. Perciò sarebbe opportuno offrire anche al lettore italiano la possibilità di leggere la più celebre raccolta di sonetti della letteratura europea insieme all’appendice con cui fu originalmente pubblicata. Censurare A Lover’s Complaint perché ritenuto inferiore o avulso dalla raccolta significa commettere un’operazione arbitraria, anticipando un giudizio che dopo tutto va lasciato al lettore. Solo così egli avrà in mano tutto il fascicolo dei problematici Sonnets. La chiusa d’incerta lettura e qualità non può esserne preventivamente estrapolata.

I sonetti in Italiano ed in originale

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