Enrico IV – Parte Prima – Atto V

(“Henry IV, part 1” – 1597)

Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V

Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
Enrico IV - Parte I - Atto V

ATTO QUINTO – SCENA PRIMA

Entrano il Re, il Principe di Galles, Lord John di Lancaster, Sir Walter Blunt, Falstaff.

RE

Com’è sanguigno il sole che si affaccia

su quella collina tozza! Il giorno impallidisce

al suo aspetto alterato.

PRINCIPE

Il vento del sud

fa da araldo ai propositi del sole

e col suo acuto sibilo nelle foglie

annuncia tempesta e un giorno turbolento.

RE

Si accordi dunque con i perdenti,

poiché nulla pare malvagio a chi vince.

Suona la tromba. Entra Worcester [e Vernon].

Che mi dite, mio signore di Worcester? Non è bene

che voi ed io ci incontriamo in circostanze

come queste. Avete tradito la nostra fiducia

fino a farci smettere le comode vesti della pace

per costringere le vecchie membra nell’acciaio scomodo.

No, non va bene, signore, proprio no.

Che rispondete? Siete pronti a disfare

il nodo arcigno della guerra aborrita,

e a muovervi ancora nell’orbita obbediente

in cui davate una luce bella e naturale,

e a non essere più una meteora di vapori,

un prodigio che porta paura, e una profezia

di sventure preparate per i tempi a venire?

WORCESTER

Udite, mio sovrano.

Per parte mia, sarei ben felice

di trascorrere l’ultimo tratto della vita

in ore quiete, poiché protesto

di non aver cercato questo giorno di dissidio.

RE

Non l’avete cercato! E allora com’è venuto?

FALSTAFF

La ribellione stava sul suo cammino, lui l’ha trovata.

PRINCIPE

Zitto, gracchio, zitto!

WORCESTER

È piaciuto a vostra maestà distogliere gli sguardi

favorevoli da me e da tutta la nostra casata;

eppure devo ricordarvi, signore,

che fummo i primi e più cari vostri amici.

Per voi spezzai il mio bastone di comando

ai tempi di Riccardo, e corsi giorno e notte

per incontrarvi sulla via e baciarvi la mano

quando ancora come condizione e considerazione

non eravate forte e fortunato quanto me.

Fui io, mio fratello e suo figlio

che vi riportammo in patria e arditamente sfidammo

i pericoli del momento. Voi ci giuraste,

e faceste quel giuramento a Doncaster,

che non avevate propositi contro lo stato,

né rivendicavate che il diritto recentemente ereditato,

la sede di Gaunt, il ducato di Lancaster.

Per ciò vi giurammo aiuto. Ma in breve tempo

piovve fortuna a scrosci sul vostro capo,

e su voi cadde un vero diluvio di grandezza –

sia per il nostro aiuto, sia per l’assenza del Re,

sia per i mali dei tempi sregolati,

le sofferenze palesi che avevate sopportato,

e i venti contrari che costringevano il Re

tanto a lungo nelle sfortunate guerre irlandesi

che tutti in Inghilterra lo reputavano morto –

e da tale sciame di circostanze favorevoli

traeste occasione per farvi subito indurre

a prendere tutto il potere nelle vostre mani;

dimenticaste il giuramento fatto a Doncaster;

e, nutrito da noi, ci trattaste

come il piccolo del cuculo, pulcino ingrato,

tratta la passera; vi prendeste il nostro nido;

cresceste col nostro cibo a una grossezza tale

che neppure il nostro affetto osava farsi vedere

per timore di essere trangugiato; ma con ala agile

fummo costretti a prendere il volo verso la salvezza

fuori dal vostro sguardo e raccogliere queste forze;

per cui ci opponiamo con mezzi

che voi stesso vi siete forgiato contro

trattandoci malevolmente, minacciandoci nel contegno,

e violando ogni giuramento e fiducia

a noi promessa all’inizio della vostra ascesa.

RE

Queste cose, in effetti, le avete dichiarate,

proclamate nei crocicchi, lette in chiesa,

per addobbare l’abito della ribellione

con qualche bel pretesto che attragga l’occhio

dei voltagabbana volubili e dei poveri scontenti

che spalancano la bocca e si grattano i gomiti

alla notizia di ogni confuso rimescolamento.

All’insurrezione non sono mai mancati

tali colori labili per imbellettarsi

né pezzenti imbronciati, affamati di un tempo

di confusione e sconquasso generale.

PRINCIPE

In entrambi i vostri eserciti molte anime

pagheranno caramente questo scontro,

una volta iniziata la mischia. Dite a vostro nipote:

il Principe di Galles s’unisce a tutto il mondo

nel lodare Harry Percy. Sulla mia salvezza lo affermo,

fatta eccezione per la presente impresa,

non penso che gentiluomo più nobile,

più attivo-valoroso, più valoroso-giovane,

più ardito o coraggioso, sia oggi in vita

per dar lustro a questa tarda età con grandi imprese.

Per parte mia, lo confesso a mia vergogna,

ho tradito i doveri d’un cavaliere;

e così, sento, anch’egli mi giudica.

Ma dirò questo davanti alla maestà di mio padre:

accetto che egli abbia il vantaggio

del suo nome glorioso e della sua fama,

e, per risparmiare sangue a entrambe le parti,

sono pronto a tentare la fortuna in un duello con lui.

RE

Sì, Principe di Galles, siamo pronti a questo rischio,

sebbene infinite considerazioni

vi militano contro. No, buon Worcester, no!

Amiamo molto il nostro popolo, anche coloro

che si sono traviati dietro vostro nipote;

e se accetteranno l’offerta della nostra grazia,

tanto lui che essi, e voi, sì, ogni uomo

sarà di nuovo il mio amico, e io il suo.

Dite così a vostro nipote, e fatemi sapere

cosa vuol fare. Ma se non cederà,

biasimo e correzione severa ci appartengono,

e faranno il loro corso. Dunque andate.

Non vogliamo ora essere scomodati da risposte.

L’offerta è generosa; meditatela.

Esce Worcester [con Vernon].

PRINCIPE

Non verrà accettata, ci scommetto la vita.

Insieme, Douglas e Hotspur son convinti

di spuntarla contro tutto un mondo in armi.

RE

Di qui, perciò, torni ogni capo ai suoi uomini;

poiché, appena rispondono, li attaccheremo,

e Dio ci aiuti come la nostra causa è giusta!

Escono. Restano il Principe e Falstaff.

FALSTAFF

Hal, se mi vedi per terra nella battaglia e mi difendi piantandoti sopra me a gambe larghe, bene! Sarebbe un favore da amico.

PRINCIPE

Solo un colosso potrebbe farti un tal favore. Di’ le tue preghiere, e addio.

FALSTAFF

Vorrei fosse l’ora di andare a letto, Hal, e tutto a posto.

PRINCIPE

Bah, devi pure una morte a Dio. [Esce.]

FALSTAFF

Non è ancora maturato il debito, e mi dispiacerebbe pagarlo prima del tempo. Perché essere così frettoloso con lui che non mi viene a cercare? Be’, non importa; l’onore mi sprona. Sì, ma che succede se l’onore mi spunta dalla lista mentre avanzo? Che fare in questo caso? Può l’onore riattaccare una gamba? No. O un braccio? No. O togliere il dolore di una ferita? No. L’onore non ha dunque alcuna abilità chirurgica? No. Cos’è l’onore? Una parola. Cos’è questa parola onore? Aria. Bella roba! Chi ce l’ha? Quello che è morto l’altrieri. Lo avverte? No. Lo ascolta? No. Allora è impercettibile? Sì, per i morti. Ma non vivrà forse coi vivi? No. Perché? La denigrazione non lo permette. Perciò non voglio averci a che fare. L’onore è solo uno stemma da funerale, e qui finisce il mio catechismo. Esce.

ATTO QUINTO – SCENA SECONDA

Entrano Worcester e Sir Richard Vernon.

WORCESTER

O no, Sir Richard, mio nipote non deve conoscere

l’offerta generosa e amichevole del Re.

VERNON

Meglio sarebbe di sì.

WORCESTER

Significherebbe la nostra rovina.

Non è possibile, non può essere

che il Re mantenga la promessa del suo favore.

Ci sospetterà sempre e troverà un momento

per punire questa offesa in altri errori.

Il sospetto avrà mille occhi per tutta la nostra vita,

poiché al tradimento si presta fede come alla volpe,

che, per quanto mansueta, coccolata e rinchiusa,

conserva il selvatico della sua razza.

Qualunque sia il nostro aspetto, allegro o triste,

esso verrà preso in mala parte,

e ci nutriremo come buoi alla greppia

tanto meglio trattati quanto più prossimi a morire.

La trasgressione di mio nipote potrà essere dimenticata,

ha la scusante della gioventù e del sangue caldo,

e un soprannome che di per sé è un privilegio:

Hotspur cervello di lepre, servo di ogni bizza.

Tutte le sue offese ricadono sul mio capo

e quello di suo padre. L’abbiamo incoraggiato;

e poiché la sua colpa deriva da noi,

noi, fonte di tutto, pagheremo per tutto.

Pertanto, buon cugino, fate che Harry non sappia,

per nessuna ragione, dell’offerta del Re.

Entra Hotspur [e Douglas].

VERNON

Dite ciò che volete, io vi asseconderò.

Ecco vostro nipote.

HOTSPUR

Lo zio è tornato.

Lasciate libero Lord Westmoreland.

Zio, che notizie?

WORCESTER

Il Re ti darà battaglia subito.

DOUGLAS

Sfidalo per bocca di Lord Westmoreland.

HOTSPUR

Lord Douglas, va’ tu a dirglielo.

DOUGLAS

Perdio, lo farò, e molto volentieri. Esce.

WORCESTER

Non vi è segno di perdono nel Re.

HOTSPUR

Non l’avrete mica chiesto? Dio ne scampi!

WORCESTER

Gli ho detto gentilmente delle nostre lagnanze,

del suo voto infranto… Sai come l’ha scusato?

Spergiurando di non essere uno spergiuro.

Ci chiama ribelli, traditori, e dice che vuole purgarci

con armi altezzose di questi nomi odiosi.

Entra Douglas.

DOUGLAS

Alle armi, signori, alle armi! Ho gettato

una sfida audace in faccia a re Enrico,

e Westmoreland, l’ostaggio, l’ha portata,

perciò non possono che esserci addosso in breve.

WORCESTER

Il Principe di Galles si fece davanti al Re

e, nipote, ti ha sfidato a un duello a due.

HOTSPUR

Quanto vorrei che la lite fosse affidata a noi,

e che nessuno avesse ad ansimare oggi

tranne io e Harry Monmouth! Ma ditemi, ditemi,

come lanciò la sfida? Lo fece in modo sprezzante?

VERNON

No, per l’anima mia. Mai nella vita

ho udito pronunciare una sfida con maggior modestia,

a meno che un fratello incitasse il fratello

all’esercizio nobile e alla prova delle armi.

Egli vi diede tutti i meriti che può avere un uomo,

abbellì le vostre lodi con lingua principesca,

espose le vostre glorie come una cronaca,

facendovi pur sempre migliore della sua lode,

sminuendo ogni suo encomio a vostro paragone,

e poi, tratto degno davvero di un principe,

parlò male, arrossendo, di se stesso,

e biasimò la sua gioventù scapestrata con tanta grazia

come se fosse padrone di due facoltà a un tempo,

quella di insegnare e quella di apprendere.

Qui si fermò, ma voglio dire a tutti

che se sopravvive all’inimicizia di quest’oggi,

l’Inghilterra non ha mai posseduto una simile speranza,

tanto fraintesa per la sua leggerezza.

HOTSPUR

Cugino, penso tu ti sia innamorato

delle sue follie. Mai ho udito

di un principe così dissoluto e licenzioso.

Ma sia come sia, ormai prima di notte

lo abbraccerò con un braccio di soldato,

tanto che si schermirà dal mio affetto.

Armi, armi presto! E compagni, soldati, amici,

pensate voi quello che avete da fare, meglio

di quanto io, che non ho il dono della lingua,

possa accendervi il sangue con l’oratoria.

Entra un messaggero.

MESSAGGERO

Signore, una lettera per voi.

HOTSPUR

Ora non posso leggerla. –

Signori, il tempo della vita è breve!

Questa brevità, vilmente sprecata, sarebbe troppo lunga

anche se la vita cavalcasse in punta alla lancetta

finendo sempre al compiersi dell’ora.

Se viviamo, viviamo per calpestare dei re;

se moriamo, ‘bella morte quando principi con noi muoiono!’

Quanto alle nostre coscienze, le armi sono buone

se l’intento di chi le porta è giusto.

Entra un altro messaggero.

MESSAGGERO

Signore, preparatevi. Il Re sopraggiunge.

HOTSPUR

Gli sono grato che mi tappa la bocca,

non mi piace parlare. Solo questo;

ognuno faccia il suo meglio. Ecco che sfodero

una spada il cui filo voglio macchiare

col miglior sangue che posso trovare

nella ventura di questo giorno arduo.

Ordunque, Espérance! Percy! All’attacco!

Squillino i nobili strumenti della guerra,

e a questa musica abbracciamoci tutti;

poiché, quanto è vero il cielo, alcuni di noi

non torneranno un’altra volta ad abbracciarsi.

Si abbracciano. Le trombe squillano. [Escono.]

ATTO QUINTO – SCENA TERZA

Entra il Re con le sue forze. Segnale di avanzare alla battaglia. [Escono.] Poi entrano Douglas e Sir Walter Blunt.

BLUNT

Chi sei tu, che in battaglia

mi contrasti così? Che onore cerchi

dalla mia testa?

DOUGLAS

Sappi che il mio nome è Douglas,

e io così ti cerco nella mischia

perché alcuni mi dicono sei un re.

BLUNT

Dicono il vero.

DOUGLAS

Il Signore di Stafford oggi ha pagato caro

la somiglianza a te, poiché in vece tua, re Harry,

questa spada ha finito lui. Così farò con te,

a meno che tu non ti arrenda prigioniero.

BLUNT

Non sono nato per arrendermi, orgoglioso scozzese;

troverai in me un re che vendicherà

la morte di Lord Stafford.

Combattono. Douglas uccide Blunt. Poi entra Hotspur.

HOTSPUR

Douglas, se a Holmedon ti fossi battuto così,

non avrei mai trionfato sugli scozzesi.

DOUGLAS

È finita, abbiamo vinto. Qui giace morto il Re.

HOTSPUR

Dove?

DOUGLAS

Qui.

HOTSPUR

Questo, Douglas? No, conosco bene questa faccia.

Era un nobile cavaliere, il suo nome era Blunt;

vestito in modo simile al Re stesso.

DOUGLAS

Uno sciocco vada con l’anima tua, dovunque vada!

Il titolo non tuo l’hai pagato troppo caro:

perché mi hai detto che tu eri un re?

HOTSPUR

Il Re ha messo in giro molti con la sua cotta.

DOUGLAS

Orbene, per questa spada, ucciderò tutte le sue cotte;

farò fuori tutto il suo guardaroba, pezzo per pezzo,

finché troverò il Re.

HOTSPUR

Andiamo, forza!

I nostri soldati combattono bene per la vittoria. Escono.

Allarme. Entra Falstaff solo.

FALSTAFF

A Londra riuscivo a farla franca col conto, ma qui le cose si mettono male. I conti si segnano solo sulle zucche. Piano! Chi sei? Sir Walter Blunt. Ah, ecco l’onore! Qui di vanità non ce n’è proprio! Sono accaldato come il piombo fuso, e pesante altrettanto. Dio tenga il piombo fuori di me; mi basta il peso delle mie trippe. Ho condotto i miei pezzenti dove gli hanno fatto la festa. Non ce ne sono tre vivi dei miei centocinquanta, e quei tre son destinati alle porte della città, a mendicare il resto della vita. Ma chi è che arriva?

Entra il Principe.

PRINCIPE

Come, te ne stai qui a far niente? Prestami la spada.

Molti nobili sono stesi rigidi e freddi

sotto gli zoccoli di nemici insolenti,

la cui morte è ancora invendicata. Ti prego,

prestami la tua spada.

FALSTAFF

O Hal, lasciami per favore riprendere fiato un attimo. Il turco Gregorio non ha mai compiuto azioni guerresche feroci quanto le mie di quest’oggi. Ho sistemato Percy: l’ho messo al sicuro.

PRINCIPE

Vivo e sicuro di ucciderti, vuoi dire.

Ti prego, dammi la tua spada.

FALSTAFF

No, perdio, Hal, se Percy è vivo la spada non te la do; ma prenditi la mia pistola, se vuoi.

PRINCIPE

Dammela. Ma come, è nella fondina?

FALSTAFF

Sì, Hal, brucia, brucia. C’è dentro quanto basta a far girare la testa a tutta una città.

Il Principe la tira fuori e scopre che è una bottiglia di vin secco.

PRINCIPE

Ti pare il momento di scherzare e gingillarsi?

Gli butta contro la bottiglia. Esce.

FALSTAFF

Be’, se Percy è vivo, lo per…foro. Se viene sulla mia strada, appunto; se non ci viene, allora se mi metto di mia volontà sulla sua, mi faccia pure arrosto. Non mi piace l’onore ghignante che si è procacciato Sir Walter. Preferisco la vita, e se riesco a salvarla, bene; in caso contrario, l’onore verrà da sé senza che io lo cerchi, e non se ne parla più. Esce.

ATTO QUINTO – SCENA QUARTA

Battaglia. Soldati. Entrano il Re, il Principe, Lord John di Lancaster, il Conte di Westmoreland.

RE

Ti prego, Harry, ritirati; sanguini troppo.

Lord John di Lancaster, va’ tu con lui.

JOHN

Non io, signore, se non sanguino anch’io.

PRINCIPE

Vostra maestà, vi chiedo di andare avanti,

ché la vostra ritirata non confonda gli amici.

RE

Farò così.

Lord Westmoreland, conducetelo alla sua tenda.

WESTMORELAND

Venite, signore, vi condurrò alla vostra tenda.

PRINCIPE

Condurmi, signore? Non mi serve il vostro aiuto;

e Dio non voglia che un lieve graffio allontani

il Principe di Galles da una battaglia come questa,

dove la nobiltà giace calpestata nel fango,

e armi ribelli trionfano nel massacro!

JOHN

Troppo indugiamo. Venite, cugino Westmoreland,

il nostro dovere è da questa parte. In nome di Dio, venite.

[Escono il Principe John e Westmoreland.]

PRINCIPE

Perdio, mi hai ingannato, Lancaster!

Non ti sapevo padrone di un tale spirito.

Prima, ti amavo come un fratello, John;

ora ti considero come la mia anima.

RE

L’ho visto minacciare Percy in punta di spada

con un portamento più vigoroso di quanto mi aspettassi

da un guerriero tanto in erba.

PRINCIPE

Ah, questo ragazzo

presta coraggio a tutti! Esce.

[Entra Douglas.]

DOUGLAS

Un altro re? Crescono come le teste dell’Idra.

Io sono Douglas, fatale a tutti quelli

che indossano queste insegne. Chi sei tu

che contraffai la persona di un re?

RE

Il Re stesso, Douglas, cui piange il cuore

che tante sue ombre tu abbia incontrato,

e non il vero Re. Ho due ragazzi

che cercano Percy e te per tutto il campo;

ma, visto che la fortuna ti porta a me,

ti metterò alla prova. Dunque difenditi.

DOUGLAS

Temo che sei un’altra imitazione;

eppure giuro che ti porti come un re.

Ma, chiunque tu sia, so che sei mia preda

e così ti vinco.

Combattono. Il Re è in pericolo, quando entra il Principe di Galles.

PRINCIPE

Alza la testa, vile scozzese, se no forse

non l’alzerai mai più. Gli spiriti dei valorosi

Shirley, Stafford, Blunt sono nelle mie braccia.

È il Principe di Galles che ti minaccia,

e che mai promise senza mantenere.

Combattono. Douglas fugge.

Rinfrancatevi, signore. Come sta vostra grazia?

Sir Nicholas Gawsey ha chiesto soccorso,

e anche Clifton. Vado da Clifton subito.

RE

Fermati e respira un attimo.

Hai riscattato il buon nome che avevi perso,

e mostrato di avere cara la mia vita,

portandomi questo bel soccorso.

PRINCIPE

Dio! mi ha fatto troppo torto

chi vi ha detto che vi desideravo morto.

Se così fosse, avrei potuto lasciar stare

la mano trionfante di Douglas su voi alzata,

che avrebbe operato la vostra morte con la rapidità

di tutte le pozioni velenose del mondo,

e risparmiato una fatica traditrice a vostro figlio.

RE

Raggiungi Clifton; io andrò da Sir Nicholas Gawsey. Esce.

Entra Hotspur.

HOTSPUR

Se non erro, tu sei Harry Monmouth.

PRINCIPE

Parli come se io volessi negare il mio nome.

HOTSPUR

Il mio è Harry Percy.

PRINCIPE

Bene, allora vedo

un ribelle assai valoroso di quel nome.

Sono il Principe di Galles, e non pensare, Percy,

di spartire ancora con me la gloria.

Due stelle non si muovono in una stessa sfera,

un’Inghilterra non sopporta un doppio regno

di Harry Percy e del Principe di Galles.

HOTSPUR

Né lo farà, poiché, Harry, è venuta l’ora

di finire uno di noi due; e Dio volesse

che la tua fama di guerriero fosse grande come la mia!

PRINCIPE

La ingrandirò prima di lasciarti,

e tutti gli onori fioriti sul tuo elmo

li coglierò per farmene una ghirlanda.

HOTSPUR

Non posso più sopportare le tue vanterie.

Combattono. Entra Falstaff.

FALSTAFF

Ben fatto, Hal! Sotto, Hal! No, stavolta non è un gioco da ragazzi, te lo dico io.

Entra Douglas. Combatte con Falstaff, che cade come morto. [Esce Douglas.] Il Principe uccide Percy.

HOTSPUR

O Harry, tu mi hai rubato la gioventù!

Sopporto meglio di perdere la vita fragile

che i titoli d’orgoglio che mi hai strappato.

Feriscono i miei pensieri più che la tua spada il corpo.

Ma i pensieri schiavi della vita, e la vita zimbello del tempo,

e il tempo che presiede a tutto il mondo,

devono avere fine. Ah, potrei profetare,

non fosse che la mano terrea e fredda della morte

mi pesa sulla lingua. No, Percy, tu sei polvere,

e cibo per…

[Muore.]

PRINCIPE

Per vermi, nobile Percy. Gran cuore, addio.

Ambizione mal tessuta, quanto sei rimpicciolita!

Quando questo corpo conteneva uno spirito

un regno era per esso spazio troppo piccolo;

ma ora due passi della più vile terra

sono ampi abbastanza. La terra che ti regge morto

non regge vivo un più valoroso gentiluomo.

Se ancora ti accorgessi delle cortesie

non esprimerei un’ammirazione così sentita.

Ma le mie piume celino il tuo volto lacero;

e, come da parte tua, mi dirò grazie

per aver compiuto questo gesto di amicizia.

Addio, e porta le tue lodi con te in cielo.

La tua ignominia dorma con te nella tomba,

ma non sia ricordata nel tuo epitaffio.

Vede Falstaff per terra.

Come, vecchia conoscenza? Tutta questa carne non poteva

trattenere un po’ di vita? Povero Jack, addio!

Avrei meglio perduto un migliore uomo.

Ah, molto mi peserebbe la tua mancanza

se molto fossi sedotto dalla vanità.

La morte non ha colto quest’oggi un cervo così grosso,

anche se molti più eletti, nello scontro sanguinoso.

Appena è possibile ti farò imbalsamare;

fino allora nel sangue col nobile Percy puoi restare. Esce.

Falstaff si alza.

FALSTAFF

Imbalsamare? Se mi fai sbudellare oggi, ti autorizzo a salarmi e anche mangiarmi domani. Sangue di Cristo, era proprio ora di fingere, se no quell’ossesso d’uno scozzese fulminante mi avrebbe davvero fatto pagare lo scotto una volta per sempre. Fingere? Che dico? Non sono uno che finge. Morire è fingere, perché significa far finta di essere un uomo senza la vita di un uomo; ma fingere di morire quando così si riesce a sopravvivere, non è fingere, ma l’immagine vera e perfetta della vita. La miglior parte del valore sta nella discrezione, e con questa miglior parte mi sono salvato la vita. Sangue di Dio, ho paura di questa polvere da sparo di Percy, anche da morto. E se lui pure fingesse, e si alzasse? Perdio, ho paura che si dimostrerebbe, dei due, l’imitazione migliore. Perciò voglio essere proprio al sicuro, sì, e giurerò di averlo ucciso io. Perché non potrebbe essersi rialzato come ho fatto io? Per smentirmi ci vogliono degli occhi, e nessuno mi vede. Perciò, canaglia [lo trafigge], con una nuova ferita nella coscia, vieni con me.

Prende Hotspur in spalla. Entra il Principe, e John di Lancaster.

PRINCIPE

Vieni, fratello John; con grande ardimento

hai immerso nella carne la tua spada vergine.

JOHN

Ma, aspetta! Che vedo?

Non mi avevi detto che questo grassone era morto?

PRINCIPE

Certo. L’ho visto morto,

senza respiro e sanguinante sul terreno. Di’, sei vivo,

o un’allucinazione che ci inganna la vista?

Ti prego di parlare. Non ci fidiamo degli occhi

senza le orecchie. Non sei colui che sembri.

FALSTAFF

Ah no, questo è certo. Non sono un doppione, ma se non sono Jack Falstaff, allora sono proprio un Jack. Ecco qui Percy. Se vostro padre mi farà qualche onore, bene; se no, a uccidere il prossimo Percy ci pensi lui. Mi aspetto di diventare o conte o duca, ve lo assicuro.

PRINCIPE

Ma come, Percy l’ho ucciso io stesso, e te ti ho visto morto!

FALSTAFF

Ah sì? Dio mio, Dio mio, quanto è menzognero il mondo. D’accordo che ero giù, e sfiatato, e lui pure; ma ci siamo alzati tutti e due nello stesso momento e abbiamo combattuto un’ora buona secondo l’orologio di Shrewsbury. Se mi credete, bene; se no, il torto ricada sul capo di coloro che dovrebbero rimeritare il valore. Giuro sulla mia vita che gli ho dato questa ferita nella coscia. Se l’uomo fosse vivo e lo negasse, sangue di Dio!, gli farei mangiare un pezzo della mia spada.

JOHN

Questa è la storia più strana che io abbia mai udito.

PRINCIPE

E questo è il tipo più strano, fratello John.

Suvvia, porta nobilmente il tuo bagaglio in schiena.

Per parte mia, se una bugia può farti onore,

la indorerò con le mie più belle parole.

Suona la ritirata.

La tromba suona la ritirata; la vittoria è nostra.

Vieni, fratello, andiamo nel punto più alto del campo,

per vedere quali amici sono vivi, quali morti.

Escono [il Principe Henry e il Principe John].

FALSTAFF

Li seguirò, come si dice, per il compenso. Chi compensa me, Dio compensi lui. Se divento grande, divento più piccolo; infatti mi purgherò, lascerò il vino, e vivrò onestamente, come dovrebbe un nobile.

Esce [portando il cadavere].

ATTO QUINTO – SCENA QUINTA

Suonano le trombe. Entrano il Re, il Principe di Galles, Lord John di Lancaster, il Conte di Westmoreland, con Worcester e Vernon prigionieri.

RE

Così la ribellione fu sempre rintuzzata.

Malvagio Worcester, non abbiamo forse offerto

perdono, e legami di affetto a tutti voi?

E queste offerte non le hai volute rovesciare,

abusando della fiducia di tuo nipote?

Tre cavalieri dei nostri, uccisi oggi,

un nobile conte, e molti altri ancora,

sarebbero vivi a quest’ora,

se tu da cristiano avessi portato fra i due eserciti

in modo leale un messaggio veritiero.

WORCESTER

Ho fatto ciò che dettava la mia sicurezza,

e accolgo rassegnato la mia sorte

poiché è tale che non la posso evitare.

RE

Portate Worcester alla morte, e con lui Vernon;

per gli altri colpevoli vedremo in seguito.

[Escono Worcester e Vernon, sotto scorta.]

Che notizie dal campo?

PRINCIPE

Lord Douglas, il nobile scozzese, quando vide

l’esito della battaglia farsi a lui contrario,

il nobile Percy ucciso, e tutti i suoi

in fuga per paura, fuggì con gli altri;

e cadde da una collina, ferendosi tanto

che gli inseguitori lo presero. Nella mia tenda

è Douglas, e prego vostra grazia

che io possa disporne.

RE

Con tutto il cuore.

PRINCIPE

Allora, fratello John di Lancaster,

a te l’onore di essere generoso.

Vai da Douglas e lascialo andare

come vuole, libero senza riscatto.

Il valore che ha mostrato oggi a nostro danno

ci ha insegnato ad apprezzare azioni tanto alte

anche se compiute dai nostri avversari.

JOHN

Sono grato a vostra grazia per quest’alta cortesia,

di cui subito sarò tramite.

RE

Non resta dunque che dividere le nostre forze.

Tu, figlio John, e voi, cugino Westmoreland,

vi dirigerete a tappe forzate verso York

per attaccare Northumberland e il prelato Scroop,

che, come apprendiamo, sono intenti alle armi.

Io stesso e tu, figlio Harry, andremo verso il Galles,

per combattere Glendower e il Conte di March.

La ribellione in questa terra perderà il suo potere

se subisce lo scacco di un altro giorno come questo;

e poiché questa impresa è felicemente conclusa,

non fermiamoci prima di esserci ripresi tutto. Escono.

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