Enrico VI – Parte Prima – Atto IV

(“Henry VI, part 1” – 1588 – 1590)

Traduzione di Carlo Pagetti

Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V

Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali

Enrico VI - Parte I - Atto IV

ATTO QUARTO – SCENA PRIMA

[Squilli di tromba.] Entrano il Re, Gloucester, Winchester, York, Suffolk, Somerset, Warwick, Talbot, il Governatore [di Parigi], Exeter [e altri].

GLOUCESTER

Potente vescovo, poni la corona sul suo capo.

WINCHESTER

Dio salvi Re Enrico, sesto di tale nome!

[Winchester incorona Re Enrico.]

GLOUCESTER

Ora, Governatore di Parigi, presta giuramento:

[Il Governatore si inginocchia.]

non avrai altro re fuori di lui,

reputa amici solo coloro che gli sono amici,

nemici solo coloro che tesseranno

trame oscure contro il suo governo.

Così farai, e che t’aiuti la giustizia di Dio!

Entra Fastolf.

FASTOLF

Mio grazioso sovrano, mentre mi precipitavo,

al galoppo, da Calais per assistere all’incoronazione,

una lettera mi fu consegnata tra le mani,

scritta a vostra grazia dal Duca di Borgogna.

TALBOT

Disonore al Duca di Borgogna e a te!

Ho fatto voto, vile cavaliere, che avrei strappato,

al nostro primo incontro, la giarrettiera

dalla tua gamba di codardo. [Gliela strappa.]

Ora l’ho fatto, perché indegnamente

tu fosti ammesso a quell’alto grado. –

Perdono, Re Enrico, e tutti gli altri:

questo cialtrone, alla battaglia di Patay,

quando disponevo appena di seimila uomini,

ed i Francesi combattevano dieci contro uno,

prima dello scontro, prima che un sol colpo

fosse infetto, fuggì, proprio un fidato scudiero.

In quell’assalto ne perdemmo milleduecento,

io stesso e con me parecchi gentiluomini

fummo là sopraffatti e presi prigionieri.

Giudicate, allora, grandi lord,

se ho esagerato o se simili vigliacchi

dovrebbero indossare questa onorificenza

cavalleresca. Dite sì o no!

GLOUCESTER

A dire il vero, quell’azione fu infame,

tale da screditare un normale cittadino,

molto di più un cavaliere, un capitano, un capo.

TALBOT

Signori, quando in origine l’ordine

fu fondato, i Cavalieri della Giarrettiera

erano di nascita nobile, valorosi e virtuosi,

pieni di superbo coraggio, promossi

per i meriti militari. Non timorosi della morte,

né sprezzanti del rischio; sempre risoluti

di fronte ai pericoli più estremi.

Dunque colui che non possiede tali qualità,

usurpa il sacro nome di cavaliere,

profanando quest’ordine così onorato,

e dovrebbe, se io fossi degno di far da giudice,

essere degradato, alla stregua d’un bifolco

nato ai bordi della strada, tanto sfacciato

da vantarsi d’aver sangue nobile.

RE ENRICO

Sei un’onta per i tuoi compatrioti;

ecco il tuo destino! Sloggia; tu che fosti cavaliere,

d’ora in avanti, sotto pena di morte, sei bandito.

[Esce Fastolf.]

E ora, Lord Protettore, esamina la lettera

inviataci dal Duca di Borgogna, nostro zio.

GLOUCESTER

Cosa intende sua grazia, a mutar stile?

Niente più che un semplice brusco: “Al re”!

Ha dimenticato che egli è il suo sovrano,

o questo indirizzo villano comporta

una modifica nella sua buona volontà?

Cos’è questo? [Legge] “Per motivi particolari,

mosso da compassione per la rovina della patria,

e dai pietosi lamenti di coloro

di cui si ciba il tuo regime autoritario,

ho abbandonato la tua fazione nefasta,

e mi sono unito a Carlo, legittimo re di Francia.”

O tradimento mostruoso! Può accadere questo?

Che alleanza, amicizia, giuramenti nutrano

tali inganni fraudolenti?

RE ENRICO

Cosa? Mio zio Borgogna si ribella?

GLOUCESTER

Proprio così, signore, ed è diventato tuo nemico.

RE ENRICO

È questo il peggio che quella lettera contiene?

GLOUCESTER

Il peggio, signore, e tutto quello che scrive.

RE ENRICO

Ebbene, allora Lord Talbot parlerà con lui

e lo castigherà per questa slealtà. –

Cosa dici, mio signore, non sei soddisfatto?

TALBOT

Soddisfatto, mio re? Sì, se non fossi stato

prevenuto, avrei sollecitato io l’incombenza.

RE ENRICO

Dunque raccogli le truppe e marcia

dritto su di lui. Fagli capire

che mal tolleriamo il suo tradimento

e quale offesa è insultare gli amici.

TALBOT

Vado, signore, e nel mio cuore porto il desiderio

che tu possa scorgere i tuoi nemici in confusione. [Esce.]

Entrano Vernon e Basset.

VERNON

Concedetemi il duello, grazioso sovrano.

BASSET

Anche a me, mio signore, concedete di combattere.

YORK

Costui è un mio servo: ascoltalo, nobile principe.

SOMERSET

E questi è mio; dolce Enrico, favoritelo.

RE ENRICO

Siate pazienti, signori, e fateli parlare.

Dite, gentiluomini, cosa vi fa alzare così la voce?

E perché agognate di combattere, e con chi?

VERNON

Con lui, mio signore, perché mi ha fatto torto.

BASSET

E io con lui, perché mi ha fatto torto.

RE ENRICO

Di quale torto ognuno di voi si lamenta?

Prima fatevi capire, e poi vi darò risposta.

BASSET

Nel valicare il mare da Inghilterra a Francia,

questo individuo mi ha rinfacciato,

con la sua mala lingua, la rosa che io indosso

dicendo che il colore sanguigno dei suoi petali

rappresentavano le guance rosse di vergogna

del mio padrone, quando ostinato si oppose

al vero su una certa questione legale

discussa tra di lui e il Duca di York; e questo

accompagnato da vili epiteti ingiuriosi.

A confutare quei rozzi rimproveri

e a difesa della nobiltà del mio signore

supplico il beneficio del codice d’arme.

VERNON

Questa è anche la mia petizione, nobile signore;

poiché sebbene sembri che egli dia lustro

al suo scopo sfrontato con astuti e subdoli argomenti,

tuttavia sappiate, mio signore, che da lui fui provocato,

che lui per primo obiettò a questo segno,

proclamando che il pallore del fiore

rivelava il pavido cuore del mio padrone.

YORK

Quando finiranno, Somerset, queste perfidie?

SOMERSET

Monsignore di York, il tuo astio prorompe

anche se con tanta furberia lo soffochi nel petto.

RE ENRICO

Buon Dio, che follia governa cervelli malati,

se un motivo così frivolo e insignificante

innesca rivalità tanto settarie!

Cari cugini entrambi, York e Somerset,

calmatevi, vi prego, e fate pace.

YORK

Venga prima risolta con le armi questa lite

e poi vostra altezza comanderà la pace.

SOMERSET

La disputa riguarda solo noi due,

tra noi due soli deve essere risolta.

YORK

Ecco il mio pegno; accettalo, Somerset.

VERNON

No, la questione rimanga dove ebbe inizio.

BASSET

Date il vostro consenso, onorato signore.

GLOUCESTER

Ma quale consenso? Siano maledette

le vostre risse, crepate voi e le vostre ciarle insolenti!

Vassalli boriosi, non provate vergogna

a disturbare e a preoccupare il re e noi

con lo strepito delle vostre beghe presuntuose?

E voi, signori, non mi pare bello

che tolleriate le loro accuse pervicaci,

e ancora meno che approfittiate degli insulti,

per scatenare tra voi stessi una contesa.

Fatevi guidare a più mite consiglio.

EXETER

Ciò addolora sua altezza; siate amici,

buoni signori.

RE ENRICO

Venite qui voi che vorreste

affrontarvi in duello. V’impongo, da ora in poi,

se non volete perdere il mio favore,

di scordare del tutto questa lite e i suoi motivi.

Invece voi, miei lord, ricordatevi dove siamo:

in Francia, una nazione volubile e ondeggiante.

Se nel nostro aspetto essi scorgono il dissenso,

e che non andiamo d’accordo tra di noi,

come sarà pronto il loro spirito scontento

alla disobbedienza caparbia, alla rivolta!

Inoltre, quale ignominia subiremo

quando ai principi stranieri sarà noto

che per un gioco, per una cosa senza peso,

i Pari di Re Enrico, l’antica nobiltà, da sé

si sono distrutti, perdendo il regno di Francia?

Oh, pensate alle conquiste di mio padre,

ai miei teneri anni; non facciamoci strappare

per un nonnulla ciò che fu comprato con il sangue!

Farò io da arbitro in questa lite fastidiosa.

Non vedo motivo, se indosso questa rosa,

[si mette una rosa rossa]

che per ciò si sospetti una mia predilezione

per Somerset piuttosto che per York:

entrambi mi sono consanguinei, entrambi io amo.

Sarebbe come se mi rimproverassero la corona,

perché, invero, anche il re di Scozia è coronato.

Ma vi convincerà il vostro discernimento

più di quanto possa io istruirvi o educarvi.

Pertanto, poiché qui in pace siamo giunti,

proseguiamo in pacifica armonia.

Cugino di York, Vostra Grazia è nominata

nostro reggente nelle province della Francia;

e tu, mio buon signore di Somerset,

unisci i tuoi squadroni di cavalleria

ai suoi reparti di fanteria.

Come sudditi sinceri, figli dei vostri progenitori,

procedete assieme in allegria

e scaricate la bile rabbiosa sui nemici.

In quanto a noi, al Lord Protettore e agli altri,

dopo una sosta torneremo a Calais;

e da lì in Inghilterra, dove spero che, presto,

con le vostre vittorie, mi farete dono di Carlo,

d’Alençon, e di tutta quella marmaglia sediziosa.

[Squilli di tromba.] Escono [tutti eccetto] York, Warwick, Exeter, Vernon.

WARWICK

Monsignore di York, di sicuro il re

ha mostrato grandi doti da oratore.

YORK

Altroché, però non ho apprezzato

Il fatto che egli porti l’insegna di Somerset.

WARWICK

Via, è solo un capriccio. Non biasimatelo.

Oso ritenere, dolce principe, che egli non avesse

cattivi pensieri.

YORK

Se pensassi il contrario…

ma lasciamo perdere. Altre questioni vanno affrontate.

Escono [tutti eccetto] Exeter.

EXETER

Hai fatto bene, Riccardo, a frenare la lingua;

perché, se fossero esplose le passioni del tuo cuore,

credo che vi avremmo letto i segni cifrati

di una rabbia ancora più gonfia di rancore,

e d’un tumulto di liti ancora più furiose,

di quanto si possa già immaginare o supporre.

Comunque sia, anche l’uomo più ingenuo,

nel vedere gli stridenti contrasti nobiliari,

le gomitate che si scambiano a corte,

i seguaci che si organizzano in bande rivali,

scorgerebbe il presagio di qualche infausto evento.

È già un bel guaio, quando lo scettro è posto

nelle mani di un bimbo. Peggio quando la perfidia crea

fratture innaturali nell’aristocrazia.

Giunge allora la rovina, comincia un periodo d’anarchia.

Esce.

ATTO QUARTO – SCENA SECONDA

Talbot entra con trombe e tamburi davanti a Bordeaux.

TALBOT

Trombettiere, va’ alle porte di Bordeaux,

convoca il loro generale sulle mura.

Suona [la tromba.] In alto entra il Generale [con altri].

Capitani, vi manda a chiamare Talbot l’inglese,

che serve in armi Enrico d’Inghilterra,

e così vi impone: aprite le porte cittadine,

sottomettetevi a noi, chiamate vostro

il mio sovrano e rendetegli omaggio

come sudditi obbedienti; io ritirerò

me stesso e il mio esercito cruento.

Ma se v’infischiate delle mie profferte di pace,

attizzate la furia dei miei tre seguaci,

la scarna carestia, l’acciaio squartatore,

il fuoco guizzante: essi, in un momento,

raderanno al suolo le vostre torri

maestose e svettanti, se rifiutate

l’offerta della loro indulgenza.

GENERALE

Tu, lugubre e pauroso gufo annunciatore

di morte, terrore della nostra nazione,

suo cruento flagello, la conclusione

della tua tirannia s’avvicina. Tu non puoi

giungere fino a noi, se non con la tua morte;

poiché io dichiaro che noi siamo ben protetti

dalle mura, e abbiamo forze a sufficienza

da uscirne fuori per dare battaglia.

Se ti ritiri, il Delfino, ben attrezzato,

è pronto a intrappolarti nei laccioli.

Gli squadroni sono schierati da ogni parte

a ostacolarti ogni possibilità di fuga.

Ovunque ti volti a cercare aiuto,

solo la morte t’attende, per spartire

la preda, e la pallida Distruzione

si para davanti alla tua faccia.

Diecimila Francesi hanno fatto giuramento,

con la comunione, di scaricare

i cannoni micidiali solo su Talbot l’inglese,

fra tutte le anime cristiane.

Ecco, tu te ne stai palpitante di coraggio,

con uno spirito indomito invincibile.

Questo è l’ultimo omaggio alla tua gloria

che io ti devo, da nemico. Infatti,

prima che la clessidra, che da adesso

comincia a misurare la sua ora,

esaurisca la caduta del suo rivolo di sabbia,

questi occhi, che adesso ti vedono in salute,

scorgeranno il tuo corpo insanguinato,

rigido, cadaverico, abbandonato.

Rulla un tamburo in lontananza.

Ascolta, ascolta il tamburo del Delfino,

una campana che suona a martello,

lugubre musica per la tua anima impaurita;

la mia squillerà per la tua fine orrenda.

Escono [in alto, il Generale e gli altri].

TALBOT

Non racconta frottole: odo il nemico.

Fuori, la cavalleria leggera vada

in ricognizione, a esplorare i loro fianchi.

[Escono uno o più soldati.]

O disciplina negligente e sbadata!

Siamo rinchiusi e stretti in un recinto,

esiguo branco di tremanti cervi d’Inghilterra,

storditi da una muta ringhiante

di cagnacci francesi! Se dobbiamo essere

cervi inglesi, lottiamo con la loro vigoria

senza cedere al primo beve morso,

simili a cerbiatti, ma, piuttosto, furibondi;

e come i maschi dei cervi, imbizzarriti,

volgiamo la testa d’acciaio contro i segugi

assetati di sangue, e teniamo quei vili

alla larga, impotenti. Che ogni uomo

venda cara la vita come faccio io.

E si accorgeranno, amici, quanto è cara

la carne di cervo. Dio e San Giorgio,

Talbot e i diritti d’Inghilterra,

sostengano i nostri colori in questa guerra! [Escono.]

ATTO QUARTO – SCENA TERZA

Entra un Messaggero che va incontro a York. Entra York con un trombettiere e molti soldati.

YORK

Non sono ancora tornati i veloci esploratori

sulle tracce del potente esercito del Delfino?

MESSAGGERO

Sono tornati, mio signore, a riferire

che egli si dirige a Bordeaux con le sue truppe

a combattere Talbot; mentre era in marcia,

i nostri osservatori hanno individuato

due schiere ancora più forti, che si sono unite

al Delfino, per convergere assieme su Bordeaux.

YORK

La peste colga quel malvagio di Somerset

che ritarda tanto i rifornimenti promessi

di cavalieri arruolati per questo assedio!

L’illustre Talbot si attende un mio aiuto,

e io vengo beffato da un dannato traditore

e non posso soccorrere il nobile campione.

Dio l’assista in questo momento di bisogno.

Se fallisce, addio campagna di Francia!

Entra un altro messaggero [Sir William Lucy].

LUCY

Tu, augusto comandante delle forze inglesi,

mai così necessario in terra di Francia,

a spron battuto corri a salvare il nobile Talbot,

che ora è stritolato da una cintura di ferro,

e incalzato dalla truce distruzione.

A Bordeaux, duca marziale! A Bordeaux, York!

Sennò, addio Talbot, Francia e onore d’Inghilterra!

YORK

O Dio, se Somerset, che con la sua arroganza

blocca i miei cavalieri, fosse al posto di Talbot!

Così salveremmo un valoroso gentiluomo

scambiandolo con un traditore, un vigliacco.

Piango di rabbia funesta, d’ira furibonda:

perché noi periamo in questo modo,

mentre i traditori dormono sodo.

LUCY

Oh, inviate soccorsi al disgraziato lord!

YORK [a parte]

Egli muore, noi perdiamo. Io infrango

la mia parola di guerriero; noi siamo in lutto,

la Francia sorride; noi perdiamo, loro guadagnano

ogni giorno, e tutto questo per colpa

di quel vile traditore di Somerset!

LUCY

Allora Dio abbia pietà dell’anima del prode Talbot,

e di suo figlio, il giovane John, che due ore fa

ho incrociato mentre era in viaggio per raggiungere

il bellicoso padre. Da sette anni Talbot non lo vede,

ora si incontrano dove sono disfatte le loro vite.

YORK

Ahimè, quale gioia proverà il nobile Talbot

a salutare il suo ragazzo sulla tomba?

Andiamo! L’angoscia quasi mi soffoca

il respiro, al pensiero che amici separati

si riabbracciano nell’ora della morte.

Addio, Lucy, mi è concesso soltanto

di maledire la causa dell’insuccesso.

Maine, Blois, Poitiers e Tours ci sono tolte,

e tutto per il ritardo di Somerset, per le sue colpe.

Esce [con i suoi soldati].

LUCY

Così, mentre l’avvoltoio della rivolta

si nutre nel seno dei sommi condottieri,

la negligenza infingarda ci sottrae

le conquiste di Enrico Quinto, il conquistatore,

colui il cui ricordo è ancora caldo nella mente.

Mentre essi a turno si ricoprono di fango,

vite, onori, lodi, tutto mandano a ramengo. [Esce.]

ATTO QUARTO – SCENA QUARTA

Entra Somerset con il suo esercito [e con lui un capitano di Talbot].

SOMERSET

È troppo tardi. Ormai non posso mandarli.

Questa spedizione fu progettata

da York e da Talbot con troppa fretta.

Una sortita dei nemici fuori città

potrebbe impegnare il grosso delle nostre forze.

Quell’imprudente di Talbot ha infangato

il lustro della fama precedente

con un’azione impulsiva, disperata, folle.

È stato York a spingerlo all’attacco

verso una morte disdicevole. Morto Talbot,

York potrà diventarne il successore.

[Entra Sir William Lucy.]

CAPITANO

Ecco Sir William Lucy, inviato con me

a chiedere soccorso per le nostre truppe soverchiate.

SOMERSET

Ebbene, Sir William, donde vieni?

LUCY

Donde vengo, signore? Dalla compravendita

di Lord Talbot, il quale, circondato

dai nemici imbaldanziti, chiama a gran voce

i nobili York e Somerset, per respingere

l’assalto mortale al suo debole corpo;

e mentre quell’onorato comandante

versa sudore insanguinato dalle membra

logorate dalla guerra, e attende aiuto

in una fragile posizione di vantaggio,

voi, sue false speranze, depositari

dell’onore d’Inghilterra, vi tenete alla larga,

indegnamente gareggiando fra di voi.

I vostri litigi personali non trattengano

i soccorsi arruolati per portargli aiuto,

mentre egli, nobile celebrato gentiluomo,

cede la sua vita in un mondo sventurato.

Il Bastardo d’Orléans, Carlo, Borgogna, Alençon

e Reignier lo stringono in un cerchio:

Talbot muore per la vostra defezione.

SOMERSET

York l’ha sguinzagliato; York doveva

provvedere ai rinforzi.

LUCY

York se la prende

con vostra grazia con uguale prontezza,

e giura che tu gli hai sottratto

la schiera arruolata per questa missione.

SOMERSET

York mente; avrebbe potuto chiedere

i cavalieri, e li avrebbe ottenuti.

Nei suoi confronti ho pochi doveri

e ancora meno amore. Proverei un bello schifo

per me, se, per adularlo, glieli mandassi io.

LUCY

La frode inglese, non la forza della Francia,

ha ormai intrappolato il generoso Talbot.

Non tornerà mai più vivo nel suo paese.

Muore tradito dalla sorte per le vostre contese.

SOMERSET

Su, va’: invierò subito i cavalieri.

Entro sei ore saranno al suo fianco.

LUCY

I rinforzi arrivano troppo tardi. Verrà catturato

o ucciso. Neppure a volerlo, poteva fuggire,

e Talbot non fuggirebbe mai, neppure a poterlo.

SOMERSET

Se muore, tanti saluti al prode Talbot!

LUCY

La sua fama vivrà nel mondo, in te la vergogna. Escono.

ATTO QUARTO – SCENA QUINTA

Entrano Talbot e il figlio [John].

TALBOT

O giovane John Talbot, t’avevo voluto con me

per addestrarti ai tranelli della guerra,

ché in te potesse rivivere il nome di Talbot

quando l’età smidollata e le membra impotenti

avrebbero relegato tuo padre cadente

su una poltrona. Ma – o stelle maligne e nefaste –

tu sei giunto a una cerimonia di morte,

in un pericolo terribile, ineluttabile.

Perciò, caro ragazzo, monta sul cavallo più veloce

e io ti indirizzerò verso la salvezza

con celere fuga. Su, non indugiare, sparisci.

JOHN

Mi chiamo Talbot o no? Sono tuo figlio?

E devo scappare? Oh, se tu ami mia madre,

non disonorare il suo nome illibato

facendo di me un bastardo e uno schiavo!

Il mondo dirà, non è sangue di Talbot

colui che scappò come un ribaldo

mentre il nobile Talbot rimase saldo.

TALBOT

T’invola, a vendicare la mia morte,

se cadrò ucciso.

JOHN

Chi s’invola così

mai più farà ritorno.

TALBOT

Se entrambi stiamo, entrambi siamo

sicuri di morire.

JOHN

Allora che io resti,

e tu t’invola, padre. Grave sarebbe la tua perdita,

e dunque dovresti meditarvi; nulla si perde in me.

Della mia morte misero vanto meneranno i Francesi,

della tua sì, poiché in essa è persa ogni speme.

La fuga non può macchiare l’onore

da te accumulato, ma l’onore mio sì;

perché non ho compiuto alcuna impresa.

Tu fuggi per trarne abile vantaggio,

ognuno sarà felice di giurarlo,

ma se io cedo, diranno che fu la paura.

Non v’è speranza che mai possa resistere

se alla prim’ora m’arresto e fuggo via.

Qui, in ginocchio, ti imploro la buona morte

piuttosto che una vita conservata nell’infamia.

TALBOT

Tutte le speranze di tua madre

saranno conservate in una tomba?

JOHN

Sì, piuttosto che arrecare vergogna al suo grembo.

TALBOT

Se ci tieni alla mia benedizione, va’, te lo ordino.

JOHN

Voglio combattere, non fuggire il nemico.

TALBOT

Con te si può salvare una parte di tuo padre.

JOHN

Nessuna parte di lui se non con mia vergogna.

TALBOT

Non puoi perdere una fama mai avuta.

JOHN

Il tuo nome celebrato devo diffamare con la fuga?

TALBOT

L’ordine di tuo padre cancellerà la macchia.

JOHN

Una volta ucciso, non puoi esser testimone.

Se la morte è sicura, fuggiamo assieme.

TALBOT

Per lasciare qui i miei fidi a pugnar fino alla morte?

Una simile onta mai insozzerà la mia vecchiaia.

JOHN

E la mia giovinezza si macchierà d’una simile colpa?

Non posso essere reciso dal tuo fianco

come tu non puoi spaccarti in due.

Resta, va’, fa’ come vuoi, io farò come te,

non voglio vivere se mio padre muore.

TALBOT

Allora qui mi congedo da te, figlio leale,

nato per oscurare la tua vita in questo meriggio.

Andiamo insieme, fianco a fianco, a vivere e morire,

così è deciso: anima con anima, dalla Francia

ci involeremo verso il Paradiso. Escono.

ATTO QUARTO – SCENA SESTA

Suona l’allarme. Incursioni durante le quali [John] il figlio di Talbot è stretto in un angolo. Talbot lo libera.

TALBOT

San Giorgio e la vittoria! Combattete, soldati,

combattete. Il Reggente ha rotto la parola data

a Talbot e ci ha lasciato in balia della rabbia

delle spade di Francia. Dov’è John Talbot?

Fermati, prendi fiato: t’ho dato vita,

e alla morte io t’ho strappato.

JOHN

O due volte padre mio, due volte ti son figlio.

La vita, che mi desti un dì, ormai era perduta,

finché con la tua spada guerriera,

tenendo il fato in gran dispetto, hai conferito

un nuovo termine al tempo a me assegnato.

TALBOT

Quando dall’elmo del Delfino la tua spada

trasse scintille, si scaldò il cuore di tuo padre

nell’attesa orgogliosa d’una ardita vittoria.

Allora questa età pesante come il piombo,

attizzata dal coraggio d’un giovane,

dalla sua furia bellicosa, indietro

ricacciò Alençon, Orléans, Borgogna,

e dalla superba Gallia ti ha salvato.

L’iroso Bastardo d’Orléans, che cavò sangue

da te, ragazzo mio, e si prese la verginità

del primo scontro, presto affrontai,

e, nello scambio dei colpi, tosto sparsi

un po’ del suo sangue bastardo, e con sdegno

così lo apostrofai: “Sangue contaminato,

vile e malcreato, io ti faccio sgorgare,

mediocre e impoverito, a risarcire

il sangue puro di Talbot che hai sottratto

a Talbot, il mio ragazzo coraggioso”.

Qui, mentre ero intento a distruggere il Bastardo,

gli arrivò gran copia di rinforzi.

Parla, protetto di tuo padre, non sei stanco, John?

Come stai? Lascerai adesso la battaglia?

Fuggirai ora che hai avuto l’investitura

cavalleresca? T’invola, a vendicare

la mia morte, se cadrò ucciso.

L’aiuto di uno solo poco mi giova.

Oh, è follia troppo grande, lo so bene,

rischiare in un piccol guscio le nostre vite.

Se non perisco oggi sotto la furia francese,

morrò domani per l’età avanzata.

Nessun vantaggio da me avranno, e, se io resto,

accorcio d’un giorno appena la mia vita.

In te muore tua madre, il nome della nostra casata,

la vendetta per la mia morte, la tua giovinezza,

e la fama d’Inghilterra. Tutto questo e altro

la tua presenza mette a repentaglio.

Se tu t’involi, tutto questo è salvo.

JOHN

La spada d’Orléans non mi ha dato sofferenza;

le tue parole cavano linfa vitale dal mio cuore.

Per un tale vantaggio, comprato a mia vergogna,

a salvare una vita oziosa, a sopprimere

una fama luminosa, prima che il giovane Talbot

lasci il vecchio, stramazzi e crepi

il cavallo codardo che mi porta!

O che io sia paragonato ai contadinelli di Francia,

oggetto di obbrobrio e vittima della sventura!

Di sicuro, per tutta la gloria da te raggiunta,

non sono il figlio di Talbot, se m’involo.

Dunque non parlare più di fuga, a nulla giova;

ai piedi di Talbot, il figlio di Talbot muoia.

TALBOT

Allora, Icaro, segui il tuo disperato

signore di Creta; dolce mi è la vita tua.

Se vuoi pugnare, pugna al fianco di tuo padre.

Nel compimento d’una gloriosa sorte,

superba sarà la nostra morte. Escono.

ATTO QUARTO – SCENA SETTIMA

Suona l’allarme. Incursioni. Entra Talbot padre sorretto [da un servo].

TALBOT

Dov’è l’altra mia vita? La mia è alla fine.

Oh, dov’è il giovane Talbot, il valente John?

Morte trionfante, lorda di prigionieri,

il valore del giovane Talbot mi fa sorridere di te.

Quando egli mi vide indietreggiare, in ginocchio,

sopra di me brandì la spada insanguinata,

e, come un leone affamato, riversò la sua violenza

in azioni aggressive, cariche di rabbia.

Ma quando il mio iroso difensore si trovò solo,

a proteggere la mia rovina, da nessuno assalito,

la furia che emanava dagli occhi roteanti,

il cuore sconvolto dalla rabbia,

all’improvviso da me lo spinsero lontano,

nel fitto della mischia, tra i Francesi;

e in quel mare di sangue il mio ragazzo

annegò il suo spirito sublime. Là è morto

il mio Icaro, il mio virgulto, nel fiore degli anni.

Entrano [dei soldati] e trasportano [il corpo di] John Talbot.

SERVO

Mio amato signore, ecco dov’è portato tuo figlio!

TALBOT

Tu, Morte, vestita da pagliaccio,

che te la spassi a ridere di noi,

ora, via dalla tua insultante tirannia,

uniti dal vincolo dell’eternità,

i due Talbot, elevandosi nel cielo ospitale

a tuo dispetto sfuggiranno al destino mortale.

O tu le cui ferite abbelliscono

i rozzi lineamenti della Morte,

parla a tuo padre, prima di esalare

l’ultimo respiro! Sfida la Morte,

che lo voglia o no con le tue parole.

Immaginala francese, una nemica.

Povero ragazzo, sorride, quasi a dire,

“Se la Morte fosse stata francese, oggi era morta”.

Su, su, deponetelo tra le braccia di suo padre.

Il mio spirito non può più a lungo sopportare

queste ferite. Addio, soldati! Ho ottenuto

ciò che volevo. Ora le mie vecchie braccia

fanno da sepolcro al giovane John Talbot. Muore.

[Suona l’allarme. Escono i soldati, abbandonando i due corpi.]

Entrano Carlo, Alençon, Borgogna, il Bastardo e la Pulzella [con le loro truppe].

CARLO

Se York e Somerset avessero recato i soccorsi,

oggi per noi ci sarebbe stato un bagno di sangue.

BASTARDO

Con quale furia il cucciolo di Talbot

ficcava la sua spadina nel sangue dei Francesi.

PULZELLA

A un tratto l’ebbi davanti. Gli dissi:

“Tu, giovane puro, fatti prendere da una vergine”;

ma egli mi rispose altero, con sovrano disprezzo:

“Il giovane Talbot non è nato per finire

tra le spoglie di una fanciulla licenziosa”.

Così, precipitandosi nel fitto dei Francesi,

mi piantò in asso, come indegna d’una lotta.

BORGOGNA

Senza dubbio sarebbe diventato

un nobile cavaliere. Guardate dove giace,

inumato tra le braccia di chi più d’ogni altro

ci ha procurato offese di sangue.

BASTARDO

Fateli a pezzi! Spaccategli le ossa

a questi due, che furono in vita la gloria

d’Inghilterra, lo smarrimento della Gallia.

CARLO

O no, trattenetevi! Chi fuggimmo in vita

non subisca, da morto, il nostro oltraggio.

Entra Lucy [scortato, e preceduto da un araldo francese].

LUCY

Araldo, portami alla tenda del Delfino,

per sapere chi ha ottenuto oggi il trionfo.

CARLO

Con quale messaggio di resa sei inviato?

LUCY

Resa, Delfino? Questa parola esiste solo in francese.

Noi, guerrieri inglesi, ne ignoriamo il significato.

Vengo per sapere che prigionieri hai preso

e per esaminare i corpi dei caduti.

CARLO

Chiedi i prigionieri? Il nostro carcere

è l’inferno. Ma, dimmi, chi cerchi?

LUCY

Dov’è il grande Alcide del campo,

il valoroso Lord Talbot, Conte di Shrewsbury,

creato per i suoi straordinari successi militari

gran Conte di Washford, Waterford, Valence,

Lord Talbot di Goodrich e Urchinfield,

Lord Strange di Blackmere, Lord Verdon di Alton,

Lord Cromwell di Wingfield, Lord Furnival di Sheffield,

Lord di Falconbridge, tre volte vittorioso,

Cavaliere del nobile ordine di San Giorgio,

del degno San Michele e del Toson d’Oro,

Gran Maresciallo di Enrico Sesto

in tutte le sue guerre nel regno di Francia?

PULZELLA

Questo è davvero uno sciocco stile paludato.

Il Turco che tiene cinquantadue regni,

neppure lui scrive in modo così pomposo.

Colui che tu esalti con tutti questi titoli

giace qui ai nostri piedi, puzzolente,

col corpo tumefatto dalle mosche.

LUCY

Ucciso Talbot, unico flagello dei Francesi,

terrore del vostro regno e nera Nemesi?

I miei bulbi oculari divenissero pallottole

che la mia rabbia spara contro il vostro viso!

Se solo potessi richiamare in vita questi morti,

basterebbe a terrorizzare il reame di Francia!

Se qui tra voi rimanesse solo il suo ritratto,

farebbe paura al più orgoglioso di voi tutti.

Datemi i cadaveri, che li porti via,

e dia loro sepoltura degna del loro valore.

PULZELLA

Questo sbruffone deve essere lo spettro di Talbot,

parla con tale foga altezzosa e prepotente.

Per amore di Dio, che se lo prenda; a tenerli qui,

renderebbero solo l’aria puzzolente e greve.

CARLO

Vattene con i corpi.

LUCY

Li porterò via.

Ma dalle loro ceneri sorgerà una fenice

terrificante per l’intera Francia.

CARLO

Basta che ce ne liberi, fanne ciò che vuoi.

Ora a Parigi, sull’onda delle nostre conquiste:

tutto sarà nostro, ora che il truce Talbot più non esiste.

Escono.

Enrico VI – Parte I
(“Henry VI, part 1” – 1588 – 1590)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V

Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali

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