La dodicesima notte – Atto I

o “Quel che volete”
(“Twelfth night” or “What you will”  1599 – 1601)

Introduzione – Riassunto – I personaggi
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V

Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali

La dodicesima notte - Atto I

Personaggi
ORSINO, Duca d’Illiria
VALENTINE, gentiluomo del seguito del Duca
CURIO, gentiluomo del seguito del Duca
PRIMA GUARDIA, al servizio del Duca
SECONDA GUARDIA, al servizio del Duca
VIOLA, nel corso della commedia travestita da Cesario
SEBASTIAN, suo fratello gemello
IL CAPITANO DELLA NAVE AFFONDATA, amico di Viola
ANTONIO, un altro capitano di mare, amico di Sebastian
OLIVIA, contessa
MARIA, cameriera di Olivia
SIR TOBY BELCH, zio di Olivia
SIR ANDREW AGUECHEEK, compagno di gozzoviglie di Sir Toby
MALVOLIO, maggiordomo di Olivia
FABIAN, gentiluomo al servizio di Olivia
BUFFONE (FESTE), al seguito di Olivia
SERVO di Olivia
UN PRETE
Musici, signori, marinai e persone del seguito.

SCENA: l’Illiria e un altro stato a sud dell’Illiria lungo la costa adriatica.

ATTO PRIMO – SCENA PRIMA

Il palazzo di Orsino

[Musica.] Entrano Orsino, Duca d’Illiria, Curio, e altri signori.

DUCA

Se la musica è l’alimento dell’amore, seguitate a suonare, datemene senza risparmio, così che, ormai sazio, il mio appetito se ne ammali, e muoia. Ancora quell’accordo! Finisce su una nota melanconica. Giungeva alle mie orecchie come dolce brezza che alita su un banco di violette, carpendone il profumo e diffondendolo. Basta! Non più. Non è più così dolce. Oh, spirito d’amore, quanto sei vivo e fresco! Sebbene tu sia immenso, come il mare, niente può penetrare in te, neppure il sentimento più potente e sublime, senza svilirsi e deprezzarsi, in un istante. Così multiforme si presenta amore, da esser, lui solo, il trionfo della fantasia.

CURIO

Volete andare a caccia, signore?

DUCA

Di cosa, Curio?

CURIO

Del cervo.

DUCA

Ma è proprio quel che faccio, anche se non del cervo bensì della parte più nobile di me stesso, del cuore. Oh, quando i miei occhi videro Olivia per la prima volta, mi parve che purificasse l’aria da ogni miasmo. Fu in quell’istante che venni trasformato in cervo e i miei desideri, come veltri feroci e crudeli, da allora sono sulle mie tracce.

Entra Valentine

Suvvia, che notizie di lei?

VALENTINE

Non vogliatemene, signore, ma non sono stato neppure ammesso in sua presenza. Comunque sono latore di un messaggio che mi è stato trasmesso dalla sua cameriera. Neppure il cielo, prima che siano trascorse sette estati, ne vedrà il volto completamente scoperto. Invece, come una monaca, se ne andrà in giro velata cospargendo ogni giorno la sua stanza d’amare lacrime. Tutto ciò in omaggio all’amore che le portava il fratello morto, un amore che vorrebbe eternamente fresco nei suoi tristi ricordi.

DUCA

Oh, colei che ha un cuore di così squisita fattura da pagare un tal tributo d’amore solo per un fratello morto, come saprà amare quando la freccia d’oro avrà fatto strage nel branco degli altri affetti che ora vivono in lei? Quando fegato, cervello e cuore, questi troni sovrani, verranno occupati da un solo re che ne domini le dolci perfezioni? Suvvia, precedetemi nelle dolci aiuole fiorite. I pensieri d’amore sbocciano sotto un pergolato in fiore. Escono.

ATTO PRIMO – SCENA SECONDA

La riva del mare

Entrano Viola, un capitano e alcuni marinai.

VIOLA

Che paese è questo, amici?

CAPITANO

È l’Illiria, signora.

VIOLA

E che ci faccio io in Illiria? Mio fratello si trova nell’Eliso. O magari, chissà, potrebbe non essere annegato. Che ne pensate, marinai?

CAPITANO

È stato un caso se vi siete salvata.

VIOLA

E se la stessa sorte fosse toccata anche al mio povero fratello?

CAPITANO

È possibile, signora. A conforto delle vostre speranze, vi dirò che dopo lo schianto della vostra nave, mentre voi e lo sparuto drappello dei superstiti v’aggrappavate alla nostra scialuppa alla deriva, vidi io stesso vostro fratello, lucido anche in quella situazione disperata, assicurarsi a un forte albero che galleggiava sul mare, con una manovra nata dal coraggio e dalla speranza. E lì, come Arione in groppa al delfino, lo vidi tener testa ai marosi finché non lo persi di vista.

VIOLA

Le tue parole meritano una ricompensa: eccoti dell’oro. Il mio salvataggio m’induce a sperare che una sorte simile sia toccata anche a lui. Sono le tue parole ad autorizzarmi a tanto. Conosci questo paese?

CAPITANO

Sì, signora, e bene. Sono nato e cresciuto a tre ore scarse di cammino da qui.

VIOLA

Chi governa questo paese?

CAPITANO

Un duca, nobile d’indole e di nascita.

VIOLA

Come si chiama?

CAPITANO

Orsino.

VIOLA

Orsino! Ne ho sentito parlare da mio padre. Era scapolo allora.

CAPITANO

E tale è rimasto, almeno fino alla mia partenza che risale a un mese fa. Proprio allora però giravano delle voci – giacché, come si sa, la gente da niente non fa che chiacchierare di quel che fanno i personaggi di spicco – secondo cui si fosse invaghito della bella Olivia.

VIOLA

Chi è costei?

CAPITANO

Una giovane virtuosa, figlia di un conte morto dodici mesi orsono, che l’affidò in custodia a suo figlio, il fratello di lei che però morì poco tempo dopo. È per amor suo, a quel che si dice, che lei ha rinunciato alla compagnia e alla vista degli uomini.

VIOLA

Oh, se solo potessi entrare al servizio di quella signora, magari celando a tutti il mio stato, almeno fino al momento in cui giudichi opportuno farlo!

CAPITANO

Una impresa non delle più semplici perché quella dama non accetta proposte, ivi comprese quelle del duca.

VIOLA

I tuoi modi sono quelli di uno spirito nobile, capitano. E, pur se la natura nasconde spesso la corruzione dietro a una cinta di belle mura, tuttavia, nel tuo caso, sono convinta che la tua anima rifletta il tuo aspetto così nobile e aperto. Ti prego, e perciò ti ricompenserò generosamente, di tener celata la mia identità e di aiutarmi a scegliere il travestimento più adatto a dar corpo alle mie intenzioni. Sono decisa a entrare al servizio del duca. Mi presenterai a lui nelle vesti di eunuco. La tua non sarà fatica sprecata perché so cantare e accompagnarmi con molti strumenti, tutte cose che mi rendono quanto mai idonea al suo servizio. Gli sviluppi della situazione sono legati al fattore tempo. Tu dovrai solo adeguare il tuo silenzio alla mia astuzia.

CAPITANO

Bene, siate dunque il suo eunuco mentre io sarò il vostro muto. Che io sia accecato se la mia lingua vi tradirà.

VIOLA

Ti ringrazio. Guidami. Escono.

ATTO PRIMO – SCENA TERZA

La casa di Olivia

Entrano Sir Toby Belch e Maria.

SIR TOBY

Che diavolo s’è messa in testa mia nipote che se la prende tanto per la morte del fratello? I dispiaceri sono nemici della vita, è certo.

MARIA

Se proprio devo esser sincera, Sir Toby, vi dirò che dovreste rincasare un po’ più presto la sera. Vostra nipote, la mia padrona, trova molto da eccepire sulla vostra abitudine di far le ore piccole.

SIR TOBY

Eccepisca pure sulle eccezioni già eccepite.

MARIA

Già, ma voi dovreste cercare di limitarvi, restando nei limiti imposti dalla modestia e dall’ordine.

SIR TOBY

Limitarmi io? Non mi limiterò mai a niente che sia meglio di me. Non mi limiterò mai a indossare un vestito migliore di quello che indosso. Quest’abito è perfetto per andare a sbronzarsi, e così questi stivali. Se poi così non fosse, il prossimo può anche impiccarsi coi suoi stessi lacci.

MARIA

I vostri bagordi, le vostre sbronze, finiranno per rovinarvi. Giusto ieri vostra nipote si esprimeva con queste parole e ha parlato altresì di quel cretino di cavaliere che una sera vi siete portato appresso perché la corteggi.

SIR TOBY

Ti riferisci forse a Sir Andrew Aguecheek?

MARIA

Sì, parlo proprio di lui.

SIR TOBY

Ma è un uomo in gamba, più di tanti altri che vivono in Illiria.

MARIA

E con ciò?

SIR TOBY

Ma ha una rendita di tremila ducati l’anno!

MARIA

Già, ma con tutti i suoi ducati riuscirà a camparne giusto uno, cretino e spendaccione com’è.

SIR TOBY

Vergognati! Non si parla così. Lo sai che suona la viola da gamba, che parla tre o quattro lingue, parola per parola e senza ricorrere alla grammatica, e che può vantare tutti i più bei doni di madre natura?

MARIA

Certo che è così, e sono naturali all’ennesima potenza. Infatti, oltre a essere uno scimunito, non fa che litigare. Se non avesse la vigliaccheria a tener a freno il suo gusto per i litigi, presto, molto presto, avrebbe in dono una bella tomba. La gente dotata di comprendonio ne è convinta.

SIR TOBY

Giuro su questa mano che a parlar così è solo una manica di farabutti e di calunniatori. Chi mai sarebbero?

MARIA

Gente che per sopramercato aggiunge che tutte le sere si ubriaca in vostra compagnia.

SIR TOBY

Già, ma brindando alla salute di mia nipote. Anch’io ho intenzione di brindare alla sua salute, almeno finché avrò un pertugio in gola e ci sarà vino in Illiria. Se poi qualcuno si rifiutasse di bere alla salute di lei finché il cervello non gli giri come una trottola, gli darò del vigliacco e dello spudorato. Chiaro, ragazza? Parli del diavolo… ed ecco qui Sir Andrew Aguecheek.

Entra Sir Andrew Aguecheek.

SIR ANDREW

Sir Toby Belch! Come va, Sir Toby Belch?

SIR TOBY

Soave Sir Andrew!

SIR ANDREW

Dio ti benedica, topolina.

MARIA

Altrettanto a voi, signore.

SIR TOBY

Abbordate, Sir Andrew, abbordate!

SIR ANDREW

Chi è costei?

SIR TOBY

La dama di compagnia di mia nipote.

SIR ANDREW

Buona Madama Abbordaggio, non mi dispiacerebbe conoscervi meglio.

MARIA

Mi chiamo Maria, signore.

SIR ANDREW

Buona Madama Maria Abbordaggio…

SIR TOBY

Vi sbagliate di grosso, amico. «Abbordate» significa affrontatela, attraccatela, corteggiatela, assalitela.

SIR ANDREW

In fede mia, non oserei mai intraprenderla in compagnia di tutta quella gente. È questo il senso di «abbordate»?

MARIA

Arrivederci, signori.

SIR TOBY

Se la lasciate andar via così, Sir Andrew, vi auguro di non riuscir più a sguainar la spada.

SIR ANDREW

Se ve ne andate così, signora, mi auguro di non dover più sguainar la spada. Insomma, signora, credete forse di aver a che fare con due rimbambiti?

MARIA

Guardate che non vi tengo per mano, signore.

SIR ANDREW

Per la Madonna, e invece l’avrete: eccola!

MARIA

Be’, pensate un po’ come vi pare, signore. Ve ne prego, portate quella mano all’osteria e datele da bere.

SIR ANDREW

Spiegatevi meglio, carina, non capisco la metafora.

MARIA

È asciutta, signore.

SIR ANDREW

Bella scoperta! Non sono mica così rimbecillito da non sapere come si fa a tener le mani asciutte. Il tuo gioco di parole continua a sfuggirmi.

MARIA

È un gioco asciutto, signore.

SIR ANDREW

Ne conoscete molti?

MARIA

Proprio così, signore, ce li ho sempre sulla punta delle dita. Accidenti, adesso vi lascio andar la mano, ha finito la sua riserva di giochetti. Esce.

SIR TOBY

Amico, mi sa tanto che abbiate bisogno di un bicchiere di vin santo: non vi ho mai visto così giù.

SIR ANDREW

Neppure una volta, in tutta la vita, se non per effetto del vin santo. Certe volte ho l’impressione di non aver più cervello di un cristiano, o di un uomo qualunque. Purtroppo sono un gran divoratore di carne di manzo, ecco perché, temo, il mio cervello va a rilento.

SIR TOBY

Mi sa tanto che abbiate ragione.

SIR ANDREW

Se ne fossi convinto, smetterei di mangiar carne. Lo giuro. Domani salto a cavallo e me ne torno a casa, Sir Toby.

SIR TOBY

Pourquoi, mio caro cavaliere?

SIR ANDREW

Che significa questo pourquoi? Vuol dire «debbo» o «non debbo»? Magari avessi sfruttato meglio il tempo studiando le lingue piuttosto che la scherma, il ballo e il combattimento degli orsi! Ah, se solo mi fossi dedicato all’arte!

SIR TOBY

In questo caso avreste avuto una capigliatura magnifica!

SIR ANDREW

Da quando in qua l’arte giova alla capigliatura?

SIR TOBY

Sì perché i vostri capelli non sono naturalmente ricci.

SIR ANDREW

Però mi donano comunque, giusto?

SIR TOBY

A meraviglia. Vi pendono come lino da una conocchia. Mi auguro di vedere una puttana prenderseli tra le gambe e filarli!

SIR ANDREW

Insomma, domani me ne torno a casa, Sir Toby. Vostra nipote non ha intenzione di mostrarsi e, se mai fosse, ve lo do a quattro contro uno, non vorrà saperne di me. Anche il conte che abita qui vicino le fa la corte.

SIR TOBY

Ma lei non vuol saperne del conte. Non ha intenzione di sposar qualcuno che le sia superiore per rango, beni, età o intelligenza. Glielo ho sentito giurare. Via, via, finché c’è vita…, amico.

SIR ANDREW

Mi tratterrò qui ancora un mese. Sono l’uomo più strambo del mondo. Vado pazzo per mascherate e festini, se capita anche insieme.

SIR TOBY

Ve ne intendete di queste quisquilie, cavaliere?

SIR ANDREW

Né più né meno degli altri abitanti dell’Illiria, a eccezione di quelli più bravi di me. Comunque mi guarderei bene dal competere con gli anziani.

SIR TOBY

Come ve la cavate con la gagliarda, cavaliere?

SIR ANDREW

So tagliar netta una capriola, credetemi.

SIR TOBY

Sì, come io so tagliare il montone…

SIR ANDREW

E nello scambietto rovesciato sono pronto a sfidare qualunque abitante dell’Illiria.

SIR TOBY

Perché allora tener per voi tutte queste virtù? Perché stendere un velo su tutti questi doni di natura? Non avrete mica paura che prendan la polvere, come il ritratto di Madama Mall? Perché non ve ne andate in chiesa ballando la gagliarda e non ve ne tornate a casa a passo di corrente? Quanto a me, credo che il mio passo ideale dovrebbe uniformarsi a quello della giga e vorrei spander acqua su un ritmo quinario. Che volete dire? Non verrete mica a dirmi che questo mondo sia ideale per nascondere i propri meriti? A giudicar dalla bella forma delle vostre gambe, si direbbe che si sono formate sotto il segno della gagliarda.

SIR ANDREW

Già, sono forti. E fanno la loro bella figura anche quando indosso una calzamaglia rossa. Perché non organizziamo un bel festino?

SIR TOBY

Che altro dovrebbe fare gente come noi? Non siamo nati entrambi sotto il segno del Toro?

SIR ANDREW

Il Toro! Il segno che protegge i fianchi e il cuore!

SIR TOBY

Nient’affatto! Polpacci e cosce! Fatemi un po’ vedere come eseguite lo scambietto. Su, più in alto! Ecco, così, magnifico! Escono.

ATTO PRIMO – SCENA QUARTA

Il palazzo del Duca

Entrano Valentine e Viola, travestita da uomo.

VALENTINE

Se il duca continuerà con tutti questi favori, farai molta strada, Cesario. Ti conosce da appena tre giorni ma non ti tratta più da estraneo.

VIOLA

Ma allora temi che lui sia capriccioso e io negligente, se metti in dubbio che continuerà ad aver simpatia per me. È forse volubile nei suoi favori?

VALENTINE

No, credimi.

Entrano il Duca, Curio e persone del seguito.

VIOLA

Te ne sono grato. Ecco il duca.

DUCA

Chi ha visto Cesario?

VIOLA

Eccomi, per servirvi, signore.

DUCA

Allontanatevi pure voi. Cesario, ormai sai tutto di me. Ti ho dischiuso il libro dei miei sentimenti più segreti. Perciò, mio caro ragazzo, corri da lei, e non farti bloccare. Fermati alla sua porta e di’ ai suoi servitori che nessuno riuscirà a schiodarti di lì finché lei non ti avrà concesso udienza.

VIOLA

Lo farò, monsignore. Ma se, a quel che si dice, lei è ancora immersa nel suo dolore, non accetterà mai di ricevermi.

DUCA

E allora strepita, metti da parte le buone maniere piuttosto che tornartene qui a mani vuote.

VIOLA

Ma, ammesso che riesca a parlarle, cosa dovrei dirle?

DUCA

Manifestale tutta la passione del mio amore, stupiscila parlandole della mia devozione: nessuno meglio di te può dar corpo alle mie pene. La tua giovane età otterrà più udienza presso di lei di un messaggero di più grave aspetto.

VIOLA

Non ne sono affatto certo, monsignore.

DUCA

E invece credimi, ragazzo, anche perché farebbe torto ai tuoi anni felici chi ti prendesse per adulto: le labbra di Diana non sono certo più tenere e vermiglie delle tue; la tua piccola voce, pura e squillante com’è, rivaleggia con quella di una ragazza, tanto da renderti adatto a interpretare una parte femminile. So che sei nato sotto un segno adatto al compito che ti affido. Quattro o cinque di voi vadano con lui, anche tutti, se ne avete voglia. Quanto a me, mi sento meglio lon tano da qualsiasi compagnia. Se riuscirai nella tua impre sa, potrai spartire gli agi col tuo signore e chiamar tue le sue ricchezze.

VIOLA

Farò quanto in mio potere per corteggiare la donna che amate. [A parte] Eppure quanta pena nei miei sforzi! Potrei corteggiar per lui questa e altre donne ma sarei sempre io a desiderare di sposarlo. Escono.

ATTO PRIMO – SCENA QUINTA

La casa di Olivia

Entrano Maria e il Buffone.

MARIA

Insomma, se non mi dici dove sei stato, non aprirò bocca in tua difesa, neppure quanto basti per farci passare una paglia. La mia signora ti farà impiccare per la tua assenza.

BUFFONE

Faccia pure: in questo mondo chi finisce sulla forca può farsi un baffo dei nemici.

MARIA

Spiegati.

BUFFONE

Quando avrà tirato le cuoia, non dovrà più temer nessuno.

MARIA

Una spiegazione magra, come la Quaresima. Però io so dove è stata coniata quell’espressione, sai, «farsi un baffo dei nemici».

BUFFONE

E dove, brava la mia signora Maria?

MARIA

In guerra. Potrai sbandierarla a ragion veduta, in mezzo alle tue corbellerie.

BUFFONE

Bene. Allora Dio dia saggezza a chi già ce l’ha: chi invece è folle metta a frutto il suo talento.

MARIA

Comunque sia, verrai impiccato per la tua lunga assenza. Se invece ti dessero gli otto giorni, non ti andrebbe ugualmente bene?

BUFFONE

L’impiccagione può salvarti da un matrimonio sbagliato. Quanto al licenziamento, per fortuna d’estate si campa con poco.

MARIA

Allora sei proprio deciso.

BUFFONE

Non esattamente, ma su due punti sì.

MARIA

Sì, perché se uno si spezza l’altro regge. Ma se si spezzano entrambi si perdono le brache per strada.

BUFFONE

Brava, perdio! Bravissima! Be’, va’ per la tua strada. Se Sir Toby smettesse di bere, saresti il pezzo di carne d’Eva più spiritoso di tutta l’Illiria.

MARIA

Adesso basta, birbante. Ecco la mia signora: se vuoi un consiglio, scusati con lei. [Esce.]

Entrano Olivia, Malvolio e il seguito.

BUFFONE

Cervello, se questo è quel che vuoi, mettimi in vena di facezie. Quei buffoni che sono convinti d’essere svegli, spesso finiscono per far la parte dei deficienti. Io invece, che non credo di possederne, riesco anche a passare per una persona assennata. Come dice Quinapalus? «Meglio un cretino spiritoso che un cervellone rincretinito». Iddio vi benedica, signora.

OLIVIA

Portate via il buffone.

BUFFONE

Avete sentito, amici? Portate via la signora.

OLIVIA

Come buffone ormai sei a secco. Non voglio più saperne di te. E poi sei diventato disonesto.

BUFFONE

Due difetti emendabili, signora, con un po’ di vino e qualche buon consiglio. Date da bere al buffone, e il buffone non sarà più a secco. Ordinate allo scansafatiche di emendarsi e, sempre ammesso che lo faccia, non farà più lo scansafatiche, altrimenti ci penserà il rammendatore a rammendarlo. Perché quel che è emendato è solo rammendato. La virtù trasgredita non è rammendata che col peccato, e il peccato che si emenda non è rammendato che con la virtù. Se questo semplice sillogismo funziona, bene, in caso contrario che posso farci io? Se l’unico cornuto in giro è la disgrazia allora la bellezza è un fiore. La signora ha ordinato di allontanare il buffone, ecco perché insisto: allontanate la signora.

OLIVIA

Ma io ho ordinato di cacciar te solo.

BUFFONE

Un equivoco all’ennesima potenza! Signora: «Cucullus non facit monachum», che poi sarebbe a dire che il mio cervello non è vestito da buffone. Signora, mi sia concessa la possibilità di dimostrarvi che la pazza siete voi.

OLIVIA

Sei proprio sicuro di riuscirci?

BUFFONE

Con un paio di battute, signora.

OLIVIA

E allora provaci.

BUFFONE

Prima però dovrò catechizzarvi. Topolino di virtù, rispondimi.

OLIVIA

Suvvia, amico, in mancanza di passatempi migliori, sono pronta a sottopormi alla prova.

BUFFONE

Perché portate il lutto, signora?

OLIVIA

Per la morte di mio fratello, buon buffone.

BUFFONE

A parer mio, la sua anima è all’inferno, signora.

OLIVIA

Io invece sono certa che la sua anima sia in paradiso, buffone.

BUFFONE

È ancor più pazzesco portare il lutto se l’anima di vostro fratello è in paradiso. Signori, conducete via la pazza.

OLIVIA

Che idea ti sei fatto di questo buffone, Malvolio? Vorrà mai correggersi?

MALVOLIO

Certo, e continuerà a farlo finché non sarà in preda agli spasimi della morte. Le infermità, che pure fanno deperire le persone assennate, rafforzano gli scimuniti.

BUFFONE

Che Iddio vi favorisca con un’infermità a tambur battente, così da rafforzare la vostra pazzia! Sir Toby è pronto a giurare che come volpe valgo veramente poco, ma non scommette un soldo bucato sul fatto che voi non siate un deficiente.

OLIVIA

Cosa hai da rispondere, Malvolio?

MALVOLIO

Mi meraviglio che vossignoria si diverta con quest’insulso gaglioffo. L’ho visto io stesso, l’altro giorno, messo a tacere da un buffone qualsiasi, con meno spirito di una patata. Guardatelo: ha già abbassato la guardia. Se non ridete, dandogli così modo di riprendersi, è bell’e imbavagliato. In fede mia la gente di buon senso che s’entusiasma per questa genia di buffoni, non vale più degli imitatori dei buffoni.

OLIVIA

Oh, ma allora siete ammalato di amor proprio, Malvolio, e assaggiate tutto con l’aria più schifiltosa del mondo. Generosità, rettitudine e magnanimità sembrano pallini da uccelletti appetto a quelle che prendete per palle da cannone. Non c’è malanimo in un buffone patentato, anche quando vomita improperi, così come in una persona notoriamente discreta, quando gli capita di protestare.

BUFFONE

Che Mercurio vi sia maestro di menzogne, se difendete un buffone!

Entra Maria.

MARIA

Signora, alla porta c’è un giovane dabbene che insiste per parlarvi.

OLIVIA

È un messo del duca Orsino, giusto?

MARIA

Non saprei, signora. Posso dirvi solo che è un bel ragazzo con una nutrita scorta.

OLIVIA

Chi dei miei uomini lo blocca sulla porta?

MARIA

Sir Toby, signora, il vostro congiunto.

OLIVIA

Allontanalo, te ne prego. Quello è capace solo di dir stupidaggini. Roba da vergognarsi! [Esce Maria.] Andate anche voi, Malvolio. Se è un messo del duca ditegli che sono malata, ditegli che non sono in casa. Insomma, inventate una scusa qualsiasi purché se ne vada. [Esce Malvolio.] Quanto a te, hai potuto constatare da solo che le tue facezie sono invecchiate e che non incantano più nessuno.

BUFFONE

Avete difeso la categoria, signora, come se il vostro primogenito fosse destinato a diventar buffone. Che Giove dia un cervello a prova di bomba a quel tuo congiunto che, quanto a materia grigia, se la passa proprio male. Ecco che viene!

Entra Sir Toby.

OLIVIA

Sul mio onore è mezz’ubriaco. Chi c’è alla mia porta, zio?

SIR TOBY

Un gentiluomo.

OLIVIA

Un gentiluomo? Che gentiluomo?

SIR TOBY

Sì, un gentiluomo che… [Rutta.] Accidenti a quelle aringhe marinate! Come andiamo, imbecille?

BUFFONE

Buon sir Toby!

OLIVIA

Zio, zio, come osi presentarti qui di prima mattina in questo stato di prostrazione?

SIR TOBY

Prostituzione? Chi, io? Prostituirmi? Mai e poi mai! C’è un tale alla porta.

OLIVIA

Sì, ma chi è?

SIR TOBY

Fosse anche il diavolo, me ne farei un baffo. Se poi non mi credete, non me ne importa un fico. Esce.

OLIVIA

Di’ un po’, buffone, come definiresti l’ubriaco?

BUFFONE

Somiglia a un affogato, a un buffone e a un pazzo furioso. Un goccio più della norma ed ecco il buffone, al secondo gli dà di volta il cervello, al terzo è bell’e affogato.

OLIVIA

Vai a cercare il giudice e digli che promuova un’indagine su mio zio perché è al terzo stadio d’ubriachezza, in altre parole è affogato. Adesso va’, ma non perderlo di vista.

BUFFONE

Per ora è solo al secondo stadio, signora. Ci penserà il buffone a tener d’occhio il pazzo. [Esce.]

Entra Malvolio.

MALVOLIO

Signora, quel giovanotto giura che riuscirà a conferire con voi. Gli ho detto che siete malata, ma lui, sostiene d’esserne già al corrente, anzi, è proprio per questo che è venuto qui a parlarvi. Gli ho detto che dormivate ma lui sembrava informato anche di quello. Perciò insiste per parlarvi. Non so più cosa dirgli, signora. Lui aspetta, corazzato contro qualsiasi rifiuto.

OLIVIA

E voi ditegli che non riuscirà mai a conferire con me.

MALVOLIO

Glielo ho già detto, al che mi ha risposto che se ne starà davanti alla vostra porta, ritto come un pennone, e che magari farà da supporto a una panchina, ma che vi parlerà comunque.

OLIVIA

Che tipo è?

MALVOLIO

Be’, è un essere umano.

OLIVIA

Sì, ma descrivilo.

MALVOLIO

È un vero caratteraccio: ha detto che vi parlerà, che lo vogliate o no.

OLIVIA

Già, ma com’è? Quanti anni dimostra?

MALVOLIO

Non è abbastanza maturo da poter essere definito uomo, né così acerbo da poter passare per ragazzo. È come un baccello prima di riempirsi di piselli o una mela sul punto di giungere a maturazione. È come il mare, tra una marea e l’altra, a mezza via tra l’adolescenza e la virilità. D’aspetto direi che è avvenente e parla con toni bruschi. Si potrebbe dire che puzzi ancora del latte materno.

OLIVIA

Fatelo passare e chiamate la mia dama di compagnia.

MALVOLIO

Damigella, la mia signora chiede di voi. Esce.

Entra Maria.

OLIVIA

Dammi il velo. Andiamo, abbassalo sul volto. Son pronta ad ascoltare un’altra ambasciata del duca.

Entra Viola.

VIOLA

Qual è, di grazia, l’onorevole padrona di casa?

OLIVIA

Parlate pure a me, risponderò io per lei. Desiderate?

VIOLA

Oh fulgida, squisita, impareggiabile bellezza! Ve ne prego, ditemi se è qui presente la padrona di casa perché non l’ho mai vista. Mi rincrescerebbe molto pronunciare il mio discorso per niente perché, oltre ad averlo redatto con estrema cura, ho penato non poco per mandarlo a mente. Belle signore, non prendetevi gioco di me giacché sono molto suscettibile, perfino al più piccolo sgarbo.

OLIVIA

Di dove venite, signore?

VIOLA

Posso dirvi solo poco più della parte che ho imparato perché questa domanda non risulta sul mio copione. Oh, nobile signora, datemi una speranza, per piccola che sia, che siate voi la padrona di casa così da permettermi d’attaccar senza indugio il mio discorso.

OLIVIA

Siete un attore?

VIOLA

No, in tutta sincerità. Eppure giuro, sui denti avvelenati della sorte, che non sono quello che sembro. Siete voi la padrona di casa?

OLIVIA

Se non recito la mia parte, lo sono.

VIOLA

Se le cose stanno così, vi fate torto perché non potete serbare quel che avete da donare. Ma la cosa non rientra nei miei compiti. Adesso consentitemi di pronunciare il pistolotto a voi dedicato, e vi svelerò il cuore del messaggio di cui sono latore.

OLIVIA

Venite subito al sodo, vi dispenso dalle lodi.

VIOLA

Ahimè, ho penato tanto a studiarlo! Senza contare che trabocca di poesia.

OLIVIA

Nel qual caso è probabile che sia falso. Ve ne prego tenetelo per voi. Mi è stato riferito che avete fatto l’arrogante alla mia porta e, se ho deciso di lasciarvi passare, l’ho fatto per la curiosità di conoscervi piuttosto che per ascoltare la vostra ambasciata. Se non siete folle, fareste meglio a sparire. Se invece avete un briciolo di senno, siate breve. Non sono così di buon umore da perder tempo in chiacchiere insulse.

MARIA

Se siete pronto a spiegar le vele, lasciate che vi indichi la rotta.

VIOLA

No, mio buon mozzo, rimarrò in rada ancora per un po’. Dolce signora, procurate di calmare il vostro gigante di guardia. Svelatemi il vostro pensiero, io sono soltanto un messaggero.

OLIVIA

Di certo avete delle rivelazioni orribili da farmi, se cominciate con così cauta cortesia. Ditemi il messaggio.

VIOLA

Riguarda solo il vostro orecchio. Non reco con me né una dichiarazione di guerra né una pretesa di omaggio. In mano stringo un ramoscello d’ulivo. Le mie sono parole di pace, e così le mie azioni.

OLIVIA

Eppure vi siete presentato con modi poco urbani. Chi siete? Cosa volete?

VIOLA

Se sono stato rude è per il trattamento che mi è stato riservato in quest’ambiente. Chi io sia e cosa desideri sono faccende intime, come la verginità. Misteri divini per le vostre orecchie, per le altrui, profani.

OLIVIA

Lasciateci soli: siamo pronti ad ascoltare questo mistero divino. Allora, signore, qual è il messaggio? [Escono Maria e il seguito.]

VIOLA

Dolcissima signora…

OLIVIA

Quanto a dottrina siamo consolanti e se ne potrebbe discutere a lungo. Ma dov’è il messaggio?

VIOLA

Nel petto di Orsino.

OLIVIA

Nel suo petto? In quale capitolo del suo petto?

VIOLA

Per rispondervi per le rime, vi dirò che è nel primo capitolo del suo petto.

OLIVIA

Oh, ma lo ho già letto: sono eresie. Avete altro da aggiungere?

VIOLA

Buona signora, fate che vi veda il volto.

OLIVIA

È stato forse il vostro signore a chiedervi di negoziare col mio volto? Ormai siete uscito dal seminato, ciononostante alzeremo il sipario per mostrarvi la scena. [Si toglie il velo.] Ecco, signore, è questa. Non vi sembra ben fatta?

VIOLA

Stupendamente, se è fatta come Dio l’ha fatta.

OLIVIA

È fatta di colori indelebili, resistenti al vento e alle intemperie.

VIOLA

È una bellezza magnificamente fusa, di toni bianchi e rosei, a cui ha posto mano abilmente, soavemente, la natura. Signora, sareste la più crudele delle donne se destinaste alla tomba queste grazie senza che il mondo ne possegga copia.

OLIVIA

Signore, il mio cuore non è indurito a tal punto. Predisporrò vari cataloghi della mia bellezza che verrà inventariata. Ogni sua particella, ogni suo articolo, verrà elencato nel mio testamento. Ad esempio: paragrafo uno, due labbra abbastanza vermiglie; paragrafo due, due occhi grigi con relative palpebre; paragrafo tre, un collo, un mento ecc. ecc. Non sarete mica venuto fin qui solo per valutarmi?

VIOLA

Adesso comprendo cosa siete: troppo superba. Ma, foste anche il diavolo, siete bella. Il mio signore e padrone vi ama. Ah, tanto amore è degno di ricompensa, quand’anche veniste incoronata come la più bella tra le donne.

OLIVIA

Ma come mi ama?

VIOLA

Con animo devoto, con lacrime generose, con gemiti che tuonano amore, con sospiri infuocati.

OLIVIA

Il vostro signore è al corrente del mio pensiero: non posso amarlo benché lo immagini virtuoso; a quel che ne so è nobile, di grandi mezzi, nel fiore della giovinezza, per fama è liberale, colto e valente, aggraziato di statura e di proporzioni. E tuttavia non mi è dato di amarlo. Da tempo ormai avrebbe dovuto accettare questa risposta.

VIOLA

Se solo vi amassi con l’ardore del mio signore, con le sue pene, con la sua totale abnegazione, non troverei senso nella vostra ripulsa, mi rifiuterei di comprenderla.

OLIVIA

Cosa fareste?

VIOLA

Mi costruirei una capanna di salice alla vostra porta e invocherei l’anima mia rinchiusa qui dentro. Scriverei leali canti all’amore respinto e li intonerei con voce chiara nel cuore della notte. Griderei il vostro nome alle colline echeggianti costringendo l’aria pettegola a ripetere «Olivia!». Oh, non riuscireste a trovar requie tra l’aria e la terra, se non provaste pietà per me.

OLIVIA

Voi potreste far molto. Qual è il vostro rango?

VIOLA

Superiore a quello attuale, ciononostante non mi lamento: sono un gentiluomo.

OLIVIA

Tornate dal vostro signore. Ditegli che non posso amarlo e che non insista con le ambasciate, a meno che, per caso, chieda a voi di riferirmi come abbia accolto il mio rifiuto. Addio. Vi ringrazio per le pene che vi siete dato. Spendete questo danaro in mio ricordo.

VIOLA

Non sono un messaggero prezzolato, signora. Tenete pure la vostra borsa. È il mio signore, non io, ad aver diritto a una ricompensa. Possa l’amore trasformare in pietra il cuore dell’uomo che amerete. E che la vostra passione, come quella del mio signore oggi, non abbia che ripulse. Addio, bella crudele. Esce.

OLIVIA

«Qual è il vostro rango?» «Superiore a quello attuale, ciononostante non mi lamento: sono un gentiluomo». Sono pronta a giurare che tu lo sia: il linguaggio, il volto, la corporatura, le azioni, lo spirito sono lì a provare che hai un blasone quintuplo. Non correr troppo: frena, frena! Ah, se solo il padrone fosse il paggio. Suvvia! È mai possibile che il morbo attecchisca così in fretta? Ah, quel ragazzo! Sentivo le sue perfezioni insinuarsi in me, invisibili e furtive, attraverso gli occhi. Ebbene, sia. Ehi tu, Malvolio!

Entra Malvolio.

MALVOLIO

Eccomi, signora, per servirvi.

OLIVIA

Corri appresso a quel messo insolente, il servo del duca. Mi ha lasciato quest’anello malgrado le mie proteste. Digli che non so che farmene. E soprattutto che non illuda il suo padrone: io non sono fatta per lui. Se quel giovane dovesse ripresentarsi qui domani, gliene dirò io stessa le ragioni. Spicciati, Malvolio.

MALVOLIO

Corro, signora. Esce.

OLIVIA

Non so neppur io quel che faccio. Temo che gli occhi siano stati cattivi consiglieri. Oh, fato, dispiega il tuo potere. Non siamo neppure padroni di noi stessi. Quel che è scritto si compia: così sia. [Esce.]

La dodicesima notte
(“Twelfth night” – 1599 – 1601)
Introduzione – Riassunto – I personaggi
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V

 Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali

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