La dodicesima notte – Atto V

o “Quel che volete”
(“Twelfth night” or “What you will”  1599 – 1601)

Introduzione – Riassunto – I personaggi
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V

Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali

La dodicesima notte - Atto V

ATTO QUINTO – SCENA PRIMA (unica)

La strada davanti alla casa di Olivia

Entrano il Buffone e Fabian.

FABIAN

E adesso, se mi vuoi bene, mostrami la lettera.

BUFFONE

E voi, buon messer Fabian, acconsentite a un’altra richiesta.

FABIAN

Tutto quel che vuoi.

BUFFONE

Usatemi la cortesia di non guardare questa lettera.

FABIAN

Sarebbe come regalare un cane per poi, a mo’ di ricompensa, chiederne la restituzione.

Entrano il Duca, Curio e signori del seguito.

DUCA

Non appartenete a Donna Olivia, amici?

BUFFONE

Siamo parte dei suoi finimenti, signore.

DUCA

Ti conosco bene, come te la passi, amico?

BUFFONE

Francamente, mi va meglio per merito dei nemici e peggio per colpa degli amici.

DUCA

Al contrario, ti dovrebbe andar meglio per merito degli amici.

BUFFONE

No, signore, peggio.

DUCA

Com’è possibile?

BUFFONE

Per la Madonna, gli amici m’incensano e così mi fanno far la parte del cretino. I nemici, invece, non hanno problemi a darmi dell’imbecille con la conseguenza che, proprio grazie a loro, progredisco nella conoscenza di me stesso, mentre i miei amici m’ingannano. Quindi, se per i sillogismi valgono gli stessi principi dei baci secondo cui quattro negazioni fanno due affermazioni, se ne conclude che sto meglio per merito dei nemici e peggio per colpa degli amici.

DUCA

Un ragionamento impeccabile.

BUFFONE

Credetemi, signore, non lo è affatto, anche se avete la bontà d’essermi amico.

DUCA

Con me non starai certo peggio. Eccoti dell’oro.

BUFFONE

Se non fosse un invito a fare un doppio gioco, quasi quasi vi pregherei di raddoppiar l’offerta.

DUCA

Bel consiglio mi dai!

BUFFONE

Per stavolta, signore, mettetevi in tasca l’onore e lasciate che il sangue e la carne seguano il mio consiglio.

DUCA

E va be’, per stavolta peccherò di doppiogiochismo. Eccoti dell’altro oro.

BUFFONE

Primo, secundo, tertio, è proprio un bel gioco. Stando a un vecchio proverbio «Il terzo paga per tutti». Il tempo triplo è un meraviglioso passo di danza. E magari potreste anche ricordarvi delle campane di San Benedetto: uno, due e tre.

DUCA

Stavolta non riuscirai a spillarmi altro danaro. Ma se vorrai informar la tua padrona che sono venuto fin qui per parlarle convincendola a seguirti, potresti risvegliare la mia generosità.

BUFFONE

Per la Madonna, signore, cantate la ninna nanna alla vostra generosità fino al mio ritorno. Adesso vado, signore, ma non vorrei che pensaste che il mio desiderio di possesso sia frutto di cupidigia. Comunque, per dirla con le vostre parole, mettete a nanna la vostra generosità. Ci penserò io a risvegliarla. Esce.

Entra Antonio tra le guardie.

VIOLA

Ecco arrivare l’uomo che mi ha soccorso.

DUCA

Quella faccia la conosco bene anche se, l’ultima volta che l’ho vista, era annerita dal fumo della battaglia, come quella di Vulcano. Capitanava un guscio di noce, una nave di scarso pescaggio e di altrettanto scarsa stazza, cionondimeno si lanciò all’abbordaggio della mia nave ammiraglia tanto che l’invidia stessa e la voce dei vinti furono costrette a cantar lodi al suo valore. Che accade?

PRIMA GUARDIA

Orsino, costui è quell’Antonio che catturò la Fenice con tutto il carico proveniente da Candia. È quello stesso Antonio che abbordò la Tigre quando vostro nipote, Tito, perse una gamba. L’abbiamo arrestato qui, per strada, dove, incurante della sua triste fama e del pericolo che avrebbe corso, s’era cacciato in una rissa.

VIOLA

È intervenuto solo per difendermi, signore, dando mano alla spada. Dopo di che mi ha fatto un discorso così strano, talmente incomprensibile, da indurmi a credere alla sua follia.

DUCA

Pirata esimio! Predone dei mari! Quale folle audacia ti ha ridotto alla mercé di coloro che ti sei reso nemici in circostanze così sanguinose e arrischiate?

ANTONIO

Orsino, nobile signore, concedetemi di negare gli epiteti che mi avete affibbiato. Antonio non è mai stato né un predone né un pirata anche se, lo confesso, è stato nemico di Orsino, ma per una causa giusta. È stato un sortilegio a condurmi fin qui. Si deve a me se quel giovane ingrato che sta al vostro fianco è scampato alle acque procellose e schiumanti del mare in burrasca. Ormai era ridotto a un relitto di naufrago, senza speranza alcuna. Io gli ho ridato la vita e a questa ho aggiunto un affetto incondizionato, una dedizione totale. Per lui, e solo per amor suo, mi sono esposto ai rischi di questa città ostile. Vedendolo assalito, l’ho difeso con la spada in pugno ma, quando sono stato tratto in arresto, questo sleale simulatore, non volendo farsi trascinare in una situazione pericolosa, è stato indotto a disconoscere la nostra amicizia. Così, in un batter di ciglia, s’è trasformato in un estraneo che non mi vedeva da almeno vent’anni. S’è perfino rifiutato di restituirmi il danaro che avevo messo a sua disposizione neppure mezz’ora prima.

VIOLA

Com’è possibile?

DUCA

Quand’è arrivato in città costui?

ANTONIO

Oggi, monsignore, ma per tre mesi, giorno e notte, senza mai separarci neppure per un momento, siamo stati insieme.

Entra Olivia col suo seguito.

DUCA

Ecco la contessa. Il cielo è sceso sulla terra! Quanto a te, amico, le tue parole sono semplicemente folli. Sono tre mesi ormai che questo giovane è al mio servizio. Ma ne riparleremo tra poco. Portatelo via.

[Escono le guardie con Antonio.]

OLIVIA

Cosa desidera, monsignore, a parte quel che Olivia non è in grado d’offrirgli? Sono pronto a servirvi. Cesario, hai mancato alla promessa.

VIOLA

Signora! [Parla all’unisono col Duca.]

DUCA

Dolce Olivia! [Parla all’unisono con Viola.]

OLIVIA

Che dici, Cesario? Mio buon signore…

VIOLA

Il mio signore desidera parlarvi. Il dovere m’impone il silenzio.

OLIVIA

Se avete intenzione d’attaccare il solito ritornello, monsignore, sappiate che alle mie orecchie risulta sgradevole come un latrar di cane dopo una bella musica.

DUCA

Sempre così crudele?

OLIVIA

E voi sempre così costante?

DUCA

Nella crudeltà, donna scortese? Di fronte ai vostri altari, ingrati e nefasti, la mia anima ha pronunciato i voti più fervidi d’una devozione tenera e piena. Che altro v’aspettate che io faccia?

OLIVIA

Tutto quel che monsignore reputa giusto, purché degno di lui.

DUCA

Perché, allora, sempre che abbia il cuore di farlo, non dovrei comportarmi come quel ladrone egiziano che, in punto di morte, decise d’uccidere l’oggetto dei suoi desideri? Questa selvaggia gelosia talvolta ha un che di nobile. Ma ascoltate: dal momento che continuate a non tener conto alcuno della mia devozione e che credo di conoscere in parte chi usurpa quel posto nel vostro cuore, quel posto che invece dovrebbe esser mio, continuate pure a vivere, tiranna dal cuore di pietra. Ma quel vostro protetto, che so quanto amate e che, lo giuro al cielo, è caro anche a me, saprò ben strapparlo a quegli occhi crudeli in cui troneggia sovrano al posto del suo padrone. Andiamo, ragazzo: la mia mente è pronta per pensieri maligni. Sono disposto a sacrificare l’agnello che amo per angustiare quel cuore di corvo che si cela in una colomba.

VIOLA

Sono pronto a morire mille volte, in perfetta letizia, con animo ben disposto, pur di rendervi la pace.

OLIVIA

Dove vai, Cesario?

VIOLA

Con colui che amo più dei miei occhi, più della vita stessa, più, mille volte di più, di quanto potrei amare una sposa. E se mentissi, e voi potenze celesti siatemi testimoni, punite con la morte l’oltraggio fatto all’amore.

OLIVIA

Ahimè, uomo abominevole! Sono stata tradita!

VIOLA

Ma chi vi tradisce? Chi ha osato farvi torto?

OLIVIA

Te lo sei già dimenticato? Così presto? Chiamate il santo sacerdote. [Esce un servo.]

DUCA

Suvvia!

OLIVIA

Dove vai, mio signore? Cesario, marito mio, resta.

DUCA

Marito?

OLIVIA

Sì, mio marito. Lo neghi, se può.

DUCA

Sei dunque suo marito?

VIOLA

Ah, no, signore.

OLIVIA

Ahimè, solo la tua natura vile t’induce a negare il tuo stato. Non temere, Cesario, ma piuttosto accetta il dono della sorte, sii quello che sai di essere e allora sarai pari a quel che temi.

Entra il prete.

Benvenuto, padre! Padre, vi scongiuro di rivelare, per la reverenza dovutavi, anche se poco fa vi avevo chiesto di mantenere il segreto su fatti che siamo costretti a portare prematuramente alla luce, il patto che ho appena stretto con questo giovane.

PRETE

Un contratto d’amore eterno, confermato da una reciproca stretta di mano, concluso col bacio sulle labbra, rinsaldato dallo scambio degli anelli, da me consacrato sia in veste di sacerdote che di testimone. Da allora, se devo prestar fede al mio orologio, mi sono avvicinato di due ore alla mia tomba.

DUCA

Ah, tu, volpacchiotto ipocrita! Cosa sarà di te quando il tempo ti avrà brizzolato i capelli? Non è forse possibile che la tua scaltrezza aumenterà così in fretta da tirarti lo sgambetto prima del tempo? Addio, prendi pure questa donna in moglie ma bada bene a che le nostre strade non s’incrocino mai.

VIOLA

Monsignore, ve lo giuro…

OLIVIA

Oh, non giurare! Conserva un po’ d’onore, anche se grande è la tua paura!

Entra Sir Andrew.

SIR ANDREW

Per amor di Dio, chiamate un chirurgo e mandatelo subito da Sir Toby!

OLIVIA

Che accade?

SIR ANDREW

Mi ha spaccato il cranio e inferto una bella mazzata anche a quello di Sir Toby. Per amor di Dio, accorrete! Darei quaranta sterline pur di essere a casa.

OLIVIA

Chi è stato, Sir Andrew?

SIR ANDREW

Il paggio del Duca, un certo Cesario. E dire che c’eravamo messi in testa che fosse un codardo, invece è il diavolo in carne e ossa.

DUCA

Il mio paggio?

SIR ANDREW

Corpo di un cane, eccolo! Mi avete spaccato il cranio senza motivo. Se ho fatto qualcosa, è solo perché me lo aveva suggerito Sir Toby.

VIOLA

Perché vi rivolgete a me? Non sono stato io a ferirvi. Avete sguainato la spada contro di me senza motivo, ma io vi ho trattato con molta cortesia e non vi ho fatto un graffio.

Entrano Sir Toby e il Buffone.

SIR ANDREW

Se romper la testa vuol dire fare una scalfittura, allora me l’avete rotta. Ma sembra che per voi rompere una testa sia una bazzecola. Ecco che arriva Sir Toby, mezzo azzoppato. Adesso ne sentiremo altre. Certo che, se non fosse stato ubriaco, una ripassatina ve l’avrebbe data di sicuro.

DUCA

Allora, signore, come va?

SIR TOBY

Niente di grave. Mi ha ferito, ma la cosa è morta lì. Ehi, ubriacone, non è mica che tu abbia visto Dick, il chirurgo?

BUFFONE

Quel signore, Sir Toby, è ubriaco da un’oretta buona. Alle otto di stamattina era già stralunato.

SIR TOBY

Ma allora è un gran briccone, una pavana pass’e mezzo. Non ho mai sopportato un briccone ubriaco.

OLIVIA

Conducetelo via. Chi li ha ridotti in quello stato pietoso?

SIR ANDREW

Vi aiuterò io, Sir Toby, ci faremo medicare insieme.

SIR TOBY

Cosa? Vorresti aiutarmi proprio tu idiota, briccone, faccia da uccello, insomma deficiente che non sei altro?

OLIVIA

Portatelo a letto e fategli medicare le ferite. [Escono il Buffone, Fabian, Sir Toby e Sir Andrew.]

Entra Sebastian.

SEBASTIAN

Sono addolorato, signora, di aver ferito un tuo parente ma se anche fosse stato mio fratello, non avrei agito diversamente, per la mia incolumità e per la prudenza. Ma cosa significa quello sguardo stranito? Ti ho forse offeso? Ti chiedo perdono, tesoro, in nome di quei voti che ci siamo appena scambiati.

DUCA

Stesso volto, stessa voce, stesso abito, e due persone. Un’illusione ottica, qualcosa che è e a un tempo non è.

SEBASTIAN

Antonio! Oh, mio caro Antonio! Quali tormenti, quali torture non ho dovuto sopportare da quando ci siamo separati!

ANTONIO

Sei proprio tu, Sebastian?

SEBASTIAN

Perché, ne dubiti, Antonio?

ANTONIO

Come hai fatto a sdoppiarti così? Perché una mela, spaccata a metà, non è più gemella di queste due creature. Chi dei due è Sebastian?

OLIVIA

Stupefacente!

SEBASTIAN

Che sia io quello lì? Eppure non ho fratelli, né possiedo il dono divino dell’ubiquità. Avevo sì una sorella, che però è stata inghiottita dalle nere onde e dai marosi. Oh, per pietà, ditemi se siamo parenti. Donde venite? Come vi chiamate? Chi erano i vostri genitori?

VIOLA

Sono di Messalina. Mio padre si chiamava Sebastian e così anche mio fratello, precipitato nella sua liquida tomba con indosso un abito identico al vostro. Se agli spiriti è dato di prendere forma e abiti, siete qui solo per spaventarci.

SEBASTIAN

Uno spirito son io, è certo, ma rivestito di quella solida forma corporea che m’accompagna da quando ero nel grembo di mia madre. Se voi foste una donna, visto che il resto torna, farei scorrere lacrime sulle vostre guance dicendovi: «Tre volte benvenuta, o Viola annegata».

VIOLA

Mio padre aveva un neo sulla fronte.

SEBASTIAN

Anche il mio.

VIOLA

E morì il giorno del tredicesimo compleanno di Viola.

SEBASTIAN

Oh, quel ricordo m’è rimasto impresso nell’anima! Egli uscì dalla scena mortale il giorno in cui mia sorella compì tredici anni.

VIOLA

Anche se niente, a eccezione di quest’abito maschile che ho usurpato, impedisce la nostra felicità, non abbracciarmi, almeno fino a quando i particolari di luogo, di tempo e di fortuna non concordino a dimostrare che io sono proprio Viola. Ma per confermartelo ti accompagnerò da un capitano di questa città dove ho lasciato i miei abiti femminili. Devo a lui se mi sono salvata e se sono al servizio di questo nobile duca. Da allora la sorte ha voluto che la mia vita abbia avuto come testimoni questa dama e questo signore.

SEBASTIAN [A Olivia]

Ne consegue che sei rimasta visttima di un equivoco: ma la natura ha dovuto seguire il suo corso. Avresti voluto fidanzarti con una vergine e, lo giuro, ti sei sbagliata perché sei promessa, contemporaneamente, a un uomo e a una vergine.

DUCA

Non restate lì impietrita, perché il suo sangue è nobile. E se la situazione è questa, poiché l’inganno prospettico sembra corrispondere al vero, anch’io avrò la mia parte in questo felicissimo naufragio. [A Viola] Ragazzo, mi hai ripetuto mille volte che non avresti mai amato una donna quanto me.

VIOLA

Quello che ho detto sono pronta a giurarlo ancora una volta. E rimarrò fedele a tutti quei giuramenti con la stessa certezza con cui il sole separa la notte dal giorno.

DUCA

Dammi la mano e lascia che io ti veda nelle tue vesti femminili.

VIOLA

Il capitano che mi condusse a terra ha i miei abiti muliebri. Ma adesso lui è in prigione in seguito a una querela di Malvolio, un gentiluomo del seguito di madama.

OLIVIA

Verrà rimesso in libertà. Portate qui Malvolio. Ahimè, solo adesso mi viene fatto di ricordare che il povero gentiluomo, a quel che si dice, è uscito di senno.

Entrano il Buffone con una lettera e Fabian.

Il mio delirio mi aveva fatto completamente passar di mente il suo. Come sta Malvolio, amico?

BUFFONE

In verità, signora, è impegnato a tener a distanza Belzebù, come può farlo un uomo nel suo stato. Vi ha scritto una lettera che avrei dovuto consegnarvi stamane ma, considerato che le epistole di un pazzo non sono Vangelo, ho pensato che non fosse così importante recapitarvela prima o poi.

OLIVIA

Aprila e leggila.

BUFFONE

E allora aspettatevi d’esserne edificata solo perché un buffone legge il messaggio di un pazzo. [Legge] In nome di Dio, signora…

OLIVIA

Cosa c’è da urlare? Sei matto sul serio?

BUFFONE

No, signora, ma devo legger cose da pazzi. E se vossignoria pretende che faccia le cose come van fatte, dovrete permettermi di leggere col tono giusto.

OLIVIA

Te ne prego, leggila in modo ragionevole.

BUFFONE

Ma è quello che sto facendo, signora. Per leggerla in modo ragionevole, va letta così. Quindi, principessa mia, prestate orecchio.

OLIVIA [A Fabian]

Leggetela voi, signore.

FABIAN [Legge]

In nome di Dio, signora, Voi mi fate torto e la cosa si saprà in giro. Anche se mi avete segregato nelle tenebre e lasciato in custodia a quell’ubriacone di vostro zio, tuttavia sono in possesso delle mie facoltà mentali, proprio come vossignoria. Ho in mano la vostra lettera che mi indusse a prendere l’aspetto che assunsi e con quella non dubito di riuscire a giustificarmi o a svergognarvi completamente. Pensate di me quel che vi pare. È pur vero che trascuro un poco il rispetto che invece vi è dovuto ma vogliate tener conto che parlo sotto l’assillo dell’ingiuria patita.

                Il maltrattatissimo Malvolio.

OLIVIA

È stato lui a scriver la lettera?

BUFFONE

Sì, signora.

DUCA

Dal testo non traspare alcuna pazzia.

OLIVIA

Fatelo rimettere in libertà, Fabian, e conducetelo qui. [Esce Fabian.] Monsignore, mi auguro, in considerazione degli eventi, che vogliate accettarmi come sorella piuttosto che come moglie. E sia un sol giorno, se non vi dispiace, a coronare questa doppia unione, in casa mia e a mie spese.

DUCA

Signora, sono prontissimo ad accettare la vostra offerta. [A Viola] Il vostro signore vi dà il benservito e per i servizi resigli, così incompatibili con la natura del vostro sesso, e allo stesso tempi inferiori alla vostra educazione, così raffinata, e per il fatto stesso che lo avete chiamato così a lungo signore, eccovi la mia mano. D’ora in poi sarete la padrona del vostro signore.

OLIVIA

È anche mia sorella! Del resto lo siete già.

Entrano Fabian e Malvolio.

DUCA

È questo il pazzo?

OLIVIA

Sì, proprio lui, signore. Ebbene, Malvolio?

MALVOLIO

Signora, mi avete usato torto, un torto grandissimo.

OLIVIA

Ne sei davvero convinto, Malvolio? Guarda che non è così.

MALVOLIO

Signora, insisto. Vi prego, leggete attentamente questa lettera. Non potrete negare che a scriverla siete stata voi. Provatevi, se vi riesce, a scrivere con un altro stile o un’altra calligrafia o a dire che questo non è il vostro sigillo o che la lettera non sia il frutto della vostra inventiva. Impossibile negare una qualsiasi di queste cose. Ammettetelo dunque e ditemi, in nome della modestia e dell’onore, perché mi avete offerto tanti chiari segni di favore, ordinandomi di presentarmi a voi col sorriso sulle labbra e le giarrettiere incrociate, d’indossare la calzamaglia gialla, di far la faccia feroce a Sir Toby e alla vostra servitù. E quando mi sono uniformato, con speranzosa obbedienza, ai vostri desideri, perché avete lasciato che mi cacciassero in prigione, mi chiudessero in gattabuia, mi visitasse il prete e diventassi lo zimbello e l’idiota più grande partorito da una macchinazione? Ditemi, perché?

OLIVIA

Ahimè, Malvolio, questa non è la mia calligrafia anche se, lo confesso, le somiglia molto. È fuori discussione, invece, che a vergarla sia stata Maria. Ora che ci penso è stata proprio lei la prima a dirmi che eri uscito di senno. E poi sei entrato tu, tutto sorridente, agghindato come ti era stato prescritto nella lettera. Ma ora, te ne prego, datti pace. Ti hanno giocato un tiro maligno ma, quando ne scopriremo le ragioni e gli autori, tu sarai a un tempo giudice e querelante nella tua causa.

FABIAN

Buona signora, abbiate la bontà d’ascoltarmi: non lasciate che dispute e querele vengano a turbare la serenità di quest’ora che ci ha felicemente stupiti. Con questa speranza vi confesserò, con molta franchezza, che Sir Toby e io abbiamo ordito questa burla ai danni di Malvolio e che gliela abbiamo fatta per colpa dei suoi modi altezzosi e villani. È stata Maria a scrivere la lettera dopo molte insistenze di Sir Toby che, per ricompensarla, l’ha sposata. Quanto all’esecuzione materiale della burla, per maligna che sia stata, può provocare più il riso che la vendetta, specie tenendo equamente conto i torti dall’una e dall’altra parte.

OLIVIA

Ahimè, poveretto, come sei stato preso in giro!

BUFFONE

Già. «C’è chi nasce grande, c’è chi lo diventa mentre ad altri la grandezza viene imposta». Anch’io, signora, ho recitato una parte nell’interludio, quella di monsignor Topas, monsignore, non altro. «In nome di Dio, buffone, non sono pazzo». Ricordate? «Signora, cosa mai vi fa ridere di questo briccone? Se non sorridete, è bell’e imbavagliato». E così la ruota del tempo porta le sue vendette.

MALVOLIO

Ve la farò pagare! A tutti! Senza eccezioni! [Esce.]

OLIVIA

La burla è stata spietata.

DUCA

Inseguitelo e cercate di persuaderlo a far pace: ancora non ci ha parlato del capitano. [Esce Fabian.] Quando anche questo caso sarà risolto, al momento opportuno, le nostre care anime si uniranno in matrimonio con solenne cerimonia. Nel frattempo, dolce sorella, non ce ne andremo di qui. Vieni Cesario, perché tale sarai finché resterai uomo. Ma quando avrai indossato abiti femminili, allora sarai l’amata di Orsino e la regina del suo cuore. [Escono tutti tranne il Buffone.]

BUFFONE [Canta.]

Quand’ero bambino

                Trallallero il vento e la pioggia

                Mi divertivo a far casino

                Mentre la pioggia ingrossava ogni roggia.

 

                Ma quando diventai adulto

                Trallallero il vento e la pioggia

                Ladri e briganti non ebbero più indulto

                Mentre la pioggia ingrossava ogni roggia.

 

                Ma quando, ahimè, finii per maritarmi

                Trallallero il vento e la pioggia

                Le mie birbonate non riuscirono a sfamarmi

                Mentre la pioggia ingrossava ogni roggia.

 

                Quando il capello divenne bianchino

                Trallallero il vento e la pioggia

                Andavo a letto gonfio di vino

                Mentre la pioggia ingrossava ogni roggia.

 

                Nella notte dei tempi si perde la creazione

                Trallallero il vento e la pioggia

                Ma che c’importa? La commedia è giunta a conclusione

                Quel che conta è solo la vostra soddisfazione. [Esce.]

La dodicesima notte
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