Macbeth – Atto IV

(“Macbeth” – 1605 – 1608)

Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V

Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali

Macbeth - Atto IV

ATTO QUARTO – SCENA PRIMA

Tuoni. Entrano le tre streghe.

PRIMA STREGA

Il gatto striato ha fatto miao tre volte.

SECONDA STREGA

Il porcospino ha pianto tre e una volta.

TERZA STREGA

Arpietto grida! è l’ora, è l’ora!

PRIMA STREGA

Girate intorno al calderone e versatevi

le frattaglie avvelenate:

rospo ch’è stato trentuno nottate

e giorni sotto pietra gelata.

Tu veleno nel sonno essudato

bolli per primo nel brodo fatato.

TUTTE

Doppi, doppi fatica e duolo;

fuoco brucia, bolli paiolo.

SECONDA STREGA

Filetto di serpe di palude

mettilo a cuocere nel marciume.

Occhio di tritone, dito di rana,

pelo di nottola, lingua di cane,

forca di vipera e punta d’orbetto,

zampa di ramarro, ala di gufetto

per una fattura che faccia male

bolli e ribolli, brodo infernale.

TUTTE

Doppi, doppi, fatica e dolore;

fuoco brucia, bolli calderone.

TERZA STREGA

Scaglia di drago, dente di lupo,

mummia di strega, gola e stomaco

d’uno squalo ben saziato,

ceppo di cicuta scavata

al buio, fegato d’ebreo blasfemo,

fiele di capra, semi di tasso

colti mentre la luna è in eclisse,

naso di turco, labbra di tartaro,

dito di bambinella strozzata

nata in un fosso da una puttana,

fanno il brodo fitto e sodo.

Metti ancora trippa di tigre

nella mistura del paiolo.

TUTTE

Doppia, doppia fatica e pena,

brucia fuoco, bolli pentola.

SECONDA STREGA

Raffreddate con sangue di babuino;

e la fattura è forte e fine.

Entrano Ecate e altre tre streghe.

ECATE

Oh, ben fatto! Lodo l’impegno.

Tutte avran parte del provento.

E ora cantate attorno al secchio

come fate e folletti, in cerchio,

affatturando ciò che è dentro.

Musica e canto: «Neri spiriti» ecc.

Escono Ecate e le tre altre streghe.

SECONDA STREGA

Mi prudono i pollici: arriva

qualcosa d’iniquo.

Apriti, serratura, a chiunque bussa!

Entra Macbeth.

MACBETH

Allora, vecchiacce negre, versiere

di mezzanotte!

Che state facendo?

TUTTE

Un’opera senza nome.

MACBETH

Io vi scongiuro, in nome di ciò che professate,

e comunque facciate a saperlo, rispondetemi!

Slegate pure i venti e scatenateli

contro le chiese; il mare bianco schianti

e inghiotta quanto è a galla; si stronchino

il grano verde e gli alberi, i castelli

crollino in testa a chi ci sta, palazzi

e piramidi calino le corna

verso le fondamenta, ed il tesoro

dei semi delle cose si subissi

a catafascio, sino a stomacare

la stessa distruzione – ma rispondete

a quanto vi domando.

PRIMA STREGA

Parla.

SECONDA STREGA

Chiedi.

TERZA STREGA

Risponderemo.

PRIMA STREGA

Dicci, vuoi sentirlo

da queste bocche, o dai nostri padroni?

MACBETH

Chiamateli. Fatemeli vedere.

PRIMA STREGA

Versate sangue di scrofa che s’è mangiati

i suoi nove nati. E grasso colato

da forca d’assassino, gettatelo

dentro la fiamma.

TUTTE

Appari, umile e potente,

mostra abilmente te e la tua funzione.

Tuono. Prima apparizione, una Testa Armata.

MACBETH

Dimmi, potenza sconosciuta…

PRIMA STREGA

Lui sa cosa pensi.

Ascolta le sue parole, senza dir niente.

PRIMA APPARIZIONE

Macbeth, Macbeth, Macbeth, guardati da Macduff!

Guardati dal signore di Fife! Fatemi andare. Basta.

Sprofonda.

MACBETH

Chiunque tu sia, grazie per l’ottimo avviso:

hai proprio azzeccato la mia paura.

Ma un’altra parola…

PRIMA STREGA

No, non accetta ordini.

Eccone uno più potente.

Tuono. Seconda apparizione, un Bambino Insanguinato.

SECONDA APPARIZIONE

Macbeth, Macbeth, Macbeth!

MACBETH

T’ascolterei con tre orecchi se l’avessi.

SECONDA APPARIZIONE

Devi essere crudele, audace, fermo.

Beffati del potere umano. Nessuno nato di donna

potrà nuocere a Macbeth. Sprofonda.

MACBETH

Vivi allora, Macduff, perché temerti?

Ma vorrò farmi doppiamente certo

e torrò un pegno al destino. Non vivrai.

Così potrò smentire quel vile, lo spavento,

e dormirò anche se tuona.

Tuono. Terza apparizione, un Bambino incoronato, con un ramo d’albero in mano.

E questi

chi è, che s’alza come un figlio di re

e sulle tempie di marmocchio porta

il cerchio e il sommo della sovranità?

TUTTE

Ascolta e non parlargli.

TERZA APPARIZIONE

Sii cuore di leone, orgoglioso, e disprezza

chi morde il freno e smania, o i covi dei ribelli;

Macbeth non sarà vinto sino a quando

il gran bosco di Birnan muoverà

contro di lui e l’alto

colle di Dunsinane. Sprofonda.

MACBETH

E allora mai.

Chi può arruolare il bosco, imporre all’albero

di svellere la radice abbarbicata alla terra?

Ah dolci profezie! Bene! Voi morti

ribelli, non risuscitate più

finché la selva di Birnan prenda vita,

e Macbeth dunque sul suo alto seggio

vivrà l’intero prestito della natura,

e renderà il respiro al tempo e all’uso umano.

Però il cuore mi batte per sapere una cosa:

ditemi, se la vostra arte può dirlo, la stirpe

di Banquo regnerà mai in questo regno?

TUTTE

Non voler saperne di più.

MACBETH

No, mi si deve rispondere! Negatemi questo

e la maledizione eterna vi caschi addosso!

Fatemi sapere. Perché s’abbassa

quel calderone?

Suono di oboi.

E cos’è questa musica?

PRIMA STREGA

Mostratevi!

SECONDA STREGA

Mostratevi!

TERZA STREGA

Mostratevi!

TUTTE

Mostratevi ai suoi occhi e affliggete il suo cuore;

come ombre venite, e andate come ombre.

Un corteo di otto re, e Banquo; l’ultimo re ha in mano uno specchio.

MACBETH

Somigli troppo allo spirito di Banquo. Giù!

La tua corona mi brucia le pupille. E tu,

altra fronte cerchiata d’oro, i tuoi capelli

t’assomigliano al primo. E il terzo è come

il secondo. – Vecchie schifose, perché

mostrarmi questo? – Un quarto? Occhi schiattate!

Come, si allungherà la processione

fino al crac del Giudizio? Ancora un altro?

E un settimo? Non voglio più guardare!

Ma ecco lì l’ottavo, ed ha uno specchio

che me ne mostra molti altri. Ed alcuni

portano, vedo, doppie sfere e scettri

con tre corone. È orribile! Ora so

che è vero, perché Banquo coi capelli

impastati di sangue, mi fa un ghigno

e me li addita come suoi. Ah dunque

è così?

PRIMA STREGA

È così sissignore. Ma perché

Macbeth resta così di sasso? Avanti,

sorelle, rallegriamolo col meglio

dei nostri spassi. Io traggo

dall’aria musica incantata e voi

avviate la ridda fantasiosa

che questo grande re possa ben dire

d’essere accolto come di dovere.

Musica. Le streghe danzano e spariscono.

MACBETH

Dove sono? Sparite! Quest’ora funesta

sia maledetta per sempre nel calendario.

Entrate, voi là fuori.

Entra Lennox.

LENNOX

Vostra grazia comanda?

MACBETH

Avete visto le Sorelle?

LENNOX

No,

monsignore.

MACBETH

Non vi son passate davanti?

LENNOX

Davvero no, monsignore.

MACBETH

Sia impestata

l’aria che montano, e maledetto

chi gli crede. Ho sentito

un galoppo. Chi era?

LENNOX

Due o tre, maestà. Portan notizia

che Macduff è fuggito in Inghilterra.

MACBETH

Fuggito!

LENNOX

Sì, mio buon signore.

MACBETH

Tempo, tu previeni i miei orrori. Lo scopo

veloce non può attuarsi se l’azione

non parte assieme. D’ora in poi

ogni primizia del cuore sarà

primizia della mano. Anzi fin d’ora

quello che penso avrà coronamento

nell’azione, che sia pensato e fatto:

sorprenderò la rocca di Macduff,

prenderò Fife, passerò a fil di spada

la moglie, i suoi piccini, tutti gli sventurati

che gli van dietro. Niente

più minacce da sciocco. Lo farò

prima che si raffreddi il mio proposito.

E niente più visioni! – I messi dove sono?

Su, portami da loro. Escono.

ATTO QUARTO – SCENA SECONDA

Entrano la moglie di Macduff, suo figlio e Ross.

MOGLIE

Che aveva fatto, per dover scappare

dal suo paese?

ROSS

Ci vuol pazienza, signora.

MOGLIE

Lui non ne ha avuta. Fuggire

è stata una pazzia. A volte

non le azioni ma le nostre paure

ci fanno traditori.

ROSS

Non si sa

se è stata paura o saggezza.

MOGLIE

Saggezza! Lasciare sua moglie, lasciare i bambini,

il palazzo, gli averi, proprio lì

da dove scappa via? Non ci ama.

Gli manca il tocco della natura: il povero

scricciolo, il più minuto degli uccelli,

se ha i piccoli nel nido, affronta il gufo.

Tutta paura e niente amore, e poca

è la saggezza quando la fuga è fuga

così, da ogni ragione.

ROSS

Cugina carissima,

ti prego, calmati. Ma credimi, tuo marito

è nobile, saggio, avveduto, e sa benissimo

in che mondo viviamo. Non oso dirti troppo,

ma crudele è quel tempo in cui ci ritroviamo

traditori senza saperlo, e ci arrivano voci

da ciò che temiamo senza sapere cos’è,

ma galleggiamo su un mare furioso, violento,

sbattuti a destra, a manca. Ora ti lascio;

ma sarò di ritorno tra non molto.

Quando si tocca il fondo o si rimane giù

o si risale allo stato di prima. –

Mio grazioso cugino, Iddio ti benedica!

MOGLIE

Ha un padre, ma è orfano.

ROSS

Io sono così sciocco

che se restassi di più m’esporrei

alla vergogna, e ti darei imbarazzo.

Me ne vado subito. Esce.

MOGLIE

Tuo padre è morto, caro mio.

E tu che farai ora? Come vivrai?

FIGLIO

Come gli uccelli, madre.

MOGLIE

Cosa, di mosche e vermi?

FIGLIO

Di ciò che capita, sì, come fan loro.

MOGLIE

Povero uccello, senza sospettare

rete o pania, trappola o lacciolo!

FIGLIO

Perché dovrei, madre? Nessuno li spreca

per un povero uccello. Non è vero

che mio padre è morto.

MOGLIE

Sì è morto. Come farai senza padre?

FIGLIO

E tu come farai senza marito?

MOGLIE

Io me ne compro venti, a ogni mercato.

FIGLIO

Allora li compri per rivenderli.

MOGLIE

Spiritoso!

Per la tua età ne hai di sale in zucca.

FIGLIO

Madre, era un traditore mio padre?

MOGLIE

Sì lo era.

FIGLIO

E che cos’è un traditore?

MOGLIE

Beh, uno che giura il falso.

FIGLIO

Quelli che fan così son tutti traditori?

MOGLIE

Sì, tutti traditori,

e vanno impiccati.

FIGLIO

Vanno impiccati tutti, quelli che giurano il falso?

MOGLIE

Sì, tutti.

FIGLIO

Chi li deve impiccare?

MOGLIE

Ma, gli uomini onesti.

FIGLIO

Allora sono scemi, quelli che giurano il falso. Perché son tanti che giurano il falso, da battere gli onesti, e impiccar loro.

MOGLIE

O Dio t’aiuti, povero scimmiotto! Ma come farai senza padre?

FIGLIO

Se fosse morto lo piangevi. Se non lo fai è buon segno, vuol dire che presto ne avrò uno nuovo.

MOGLIE

Chiacchierone, quanto parli!

Entra un messo.

MESSO

Dio vi protegga, bella signora. Non mi conoscete

ma io conosco bene la signoria vostra.

Temo vi si avvicini qualche pericolo.

Se accettate il consiglio d’un pover’uomo,

non fatevi trovare qui. Andate via

coi vostri piccoli. Forse è troppo brutale

spaventarvi così. Ma molto peggio

vi sta vicino che sarebbe atroce.

Il cielo ve ne guardi! Non oso

fermarmi di più. Esce.

MOGLIE

Dove potrei fuggire?

Non ho fatto alcun male. Ma ricordo

ora, che in questo basso mondo spesso

fare il male è un merito, far bene

una pazzia pericolosa. E allora,

ahimè, perché difendermi da donna,

dicendo, non ho fatto male?

Entrano i sicari.

Che sono queste facce?

SICARIO

Tuo marito dov’è?

MOGLIE

Non in un posto così sconsacrato,

spero, dove uno come te può trovarlo.

SICARIO

È un traditore.

FIGLIO

Menti, infame peloso!

SICARIO

Ah sì, tu uovo,

seme di traditore!

Lo pugnala.

FIGLIO

Mi ha ucciso, madre!

Scappa ti prego.

Il figlio muore. La madre esce gridando «Assassini!».

ATTO TERZO – SCENA TERZA

Entrano Malcolm e Macduff.

MALCOLM

Venite, cerchiamo un angolo d’ombra

solitario, e svuotiamo piangendo

i nostri petti amareggiati.

MACDUFF

Piuttosto

impugnamo la spada che uccide e battiamoci

da giusti sulla patria prostrata.

A ogni nuovo giorno

suona il grido di nuove vedove, piangono

nuovi orfani, nuovi dolori colpiscono

la faccia del cielo che risuona

quasi patisse con la Scozia, e urlasse

sillabe uguali di dolore.

MALCOLM

Piangerò

su ciò che credo; crederò

ciò che posso appurare; e porterò,

quando avrò amico il tempo, quel rimedio

che posso. Ciò che avete detto

sarà vero, forse. Questo tiranno, di cui

il solo nome ci dà bolle alla lingua,

era creduto giusto una volta. Voi

l’avete avuto amico. E lui non v’ha toccato

ancora. Io sono giovane; ma usandomi

potreste accattivarvelo. Ed è saggio

sacrificare un agnello innocente,

povero e debole, per placare

un dio irato.

MACDUFF

Io sono un traditore.

MALCOLM

Ma lo è Macbeth.

Una natura buona e virtuosa può recedere

se forzata dal potere. Ma vi prego, scusatemi:

ciò che voi siete, i miei pensieri non possono

farlo mutare; gli angeli risplendono,

anche se il più luminoso è caduto.

E se ogni abominio prendesse l’aspetto della grazia,

la grazia avrebbe sempre il suo aspetto.

MACDUFF

Ho perduto le mie speranze.

MALCOLM

Forse proprio dove

io ho trovato i miei dubbi.

Perché avete lasciato così indifesi

vostra moglie e i bambini, quei moventi

preziosi, quei legami tenaci d’amore,

senza nemmeno un saluto? Vi prego,

i miei sospetti non vi offendano, sono

mie cautele. Potete ben essere un giusto

checché io ne pensi.

MACDUFF

Sanguina, sanguina,

povera patria! Tirannia potente,

rinsalda le tue fondamenta

dacché la virtù non osa contrastarti;

sfoggia i tuoi torti, il tuo titolo

t’è riconosciuto. Statevi bene, monsignore!

Non vorrei essere il miserabile che credete

per tutto lo spazio che il tiranno aggranfia,

e il ricco Oriente in aggiunta.

MALCOLM

Non siate offeso.

Non parlo come se in voi avessi sfiducia totale.

La nostra patria, lo so, affonda sotto il giogo,

e piange, e sanguina, e ogni giornata un taglio

si aggiunge alle sue ferite. E so anche

che vi si alzerebbero mani a sostenermi;

e qui mi si offre una valida forza, migliaia,

dal santo re d’Inghilterra. Ma con tutto questo,

dovessi pestare un giorno la testa al tiranno

o infilzarla sulla spada, pure il mio povero paese

ne avrebbe più vizi di quanti non ebbe prima,

e soffrirebbe di più o in modi più vari che mai

per mano del successore.

MACDUFF

E chi sarebbe costui?

MALCOLM

È di me stesso che parlo; in me, lo so,

sono così innestati ogni sorta di vizi,

che quando sbocceranno, quel nero Macbeth

parrà puro come neve, e il povero stato

lo riterrà un agnello al paragone

dei miei guasti infiniti.

MACDUFF

Ma nemmeno

dalle legioni infernali può uscire un diavolo

così diabolico nel male da superare Macbeth.

MALCOLM

Sì, è sanguinario, libidinoso, avaro,

falso, sleale, violento e maligno,

putrido d’ogni peccato che ha un nome. Ma

alla libidine mia non c’è fondo, no.

Le vostre mogli, le figlie, le donne mature, le ragazze

non colmerebbero il pozzo delle mie voglie.

E il mio appetito travolgerebbe ogni freno

di continenza che s’opponesse alla foia.

Meglio Macbeth sul trono, che uno così.

MACDUFF

Certo, in natura l’intemperanza sfrenata

è tirannia. Ha svuotato anzitempo

troni felici, ha fatto cadere molti re.

Ma ciò non v’impedisca di occupare

il posto che vi spetta. Potete trovare

un amipo pascolo al gregge di piaceri

pur mostrandovi freddo, e in questo modo

bendare gli occhi al tempo. Le signore

compiacenti non mancano. E non può

esserci in voi un avvoltoio siffatto

da divorare tutte quelle che s’offriranno

alla grandezza, avendo indovinato

il suo debole.

MALCOLM

Ma nella mia natura

malformata c’è inoltre una tale

avidità insaziabile che, fossi io il re,

farei buoni i baroni per averne le terre,

vorrei le gioie d’uno, il palazzo d’un altro,

e quest’accumulare non sarebbe

che una salsa che dà più fame, e allora

forgerei false liti contro i buoni

e i leali, e li distruggerei

per arricchirmi.

MACDUFF

Questa fama ingorda

penetra più a fondo, cresce con più maligne

radici dalla foia, fiore d’estate. Ed essa

è stata la spada che ha ucciso i nostri re.

Ma non abbiate paura: la Scozia è così opima

da colmarvi la voglia con la roba

che già v’appartiene. Tutto questo

si può anche accettare, col compenso

d’altre virtù.

MALCOLM

Ma io non ne ho. Le virtù

che un re dovrebbe avere, come giustizia,

sincerità, temperanza, fermezza,

larghezza, costanza, misericordia, umiltà,

devozione, pazienza, coraggio, forza d’animo,

io non ne ho traccia, ma son ricco delle

varianti d’ogni singolo vizio, che attuo

in molti modi. E anzi, se potessi,

verserei nell’inferno il dolce latte

della concordia, sfascerei la pace

universale, farei a pezzi tutte

le entità sulla terra.

MACDUFF

O Scozia, Scozia!

MALCOLM

Se un uomo tale è degno di regnare,

parla. Io sono così.

MACDUFF

Degno di regnare!

No, non di vivere! Nazione miserevole

oppressa da un tiranno dallo scettro di sangue,

quando potrai rivedere giorni sani

se l’erede diretto del tuo trono

si interdice da sé con le sue accuse

e bestemmia la sua stirpe? Il re tuo padre

era un vero santo, e la regina

che ti generò, più spesso inginocchiata

che in piedi, morì a ogni giorno di vita.

Addio! I mali di cui ti accusi

mi hanno bandito dalla Scozia. E qui

finisce, cuore mio, la speranza!

MALCOLM

Macduff,

questa nobile rabbia, figlia dell’integrità,

ha spazzato dal mio animo i neri sospetti,

mi ha fatto capire che sei un uomo sincero

e un uomo d’onore. Quel diabolico Macbeth

ha tentato di spingermi con tanti di questi lacciuoli

nelle sue grinfie, che un minimo di prudenza

mi frena da una fretta troppo credula. Ma Dio

lassù, stia tra noi due; da ora

mi affido alla tua guida, e

ritratto le mie accuse, abiuro qui

le macchie e colpe che mi gettavo addosso

come estranee alla mia natura. Ancora

non conosco donna, non ho mai spergiurato,

mai ho voluto troppo nemmeno ciò ch’era mio,

mai mancato alla parola, né tradirei

il diavolo con un suo pari, e amo il vero

non meno della vita. La mia prima menzogna

è stata questa, su di me. Ciò che io sono davvero

è ai tuoi ordini e a quelli della nostra

povera terra. E in verità verso di essa, prima

che tu arrivassi, stava per muoversi il vecchio

Seyward con diecimila armati

pronti a battersi. Ora ci muoveremo

assieme, e sia la buona sorte pari

alla bontà della causa. Perché taci?

MACDUFF

Cose tanto gradite e no, assieme,

è duro conciliarle.

Entra un medico.

MALCOLM

Bene, riprenderemo

il discorso. Vi prego, il Re dà udienza?

MEDICO

Sì, monsignore. C’è una folla di poveri

infelici che aspetta la sua cura. La loro

malattia sfida ogni sforzo dell’arte.

Ma il cielo ha dato alla sua mano tale

santità, che al suo tocco subito

guariscono.

MALCOLM

Vi ringrazio, dottore.

Il medico esce.

MACDUFF

Di che malattia parla?

MALCOLM

Viene chiamata

il male del re. Un operare davvero

miracoloso di questo buon sovrano,

cui ho assistito spesso da che son qui.

Come persuada il cielo, lui solo sa:

ma infermi di strani mali, tutti gonfiori

e ulcere, gente che fa pietà

e fa disperare del tutto i medici, li cura

con un’effigie d’oro che appende loro al collo

recitando preghiere. E lascerà, si dice,

ai re suoi successori questa grazia

risanatrice. A questa virtù singolare

aggiunge il dono della profezia

e altre benedizioni cingono il trono

e lo provano santo.

Entra Ross.

MACDUFF

Guardate qui chi arriva.

MALCOLM

Un mio compatriota. Ma non credo conoscerlo.

MACDUFF

Mio gentile cugino, benvenuto.

MALCOLM

Ma sì lo riconosco. Buon Dio, rimuovi presto

ciò che ci rende stranieri!

ROSS

Amen, signore.

MACDUFF

La Scozia è sempre al punto dov’era?

ROSS

Povera terra,

ha quasi paura di conoscersi! Non si può

chiamarla madre ma sepolcro. Non si vede

sorridere nessuno tranne chi non sa.

Sospiri, lamenti, grida che spaccano l’aria

risuonano e nessuno li nota. Un gran dolore

sembra un malanno quotidiano. Un rintocco

a morto spinge appena a chiedere per chi,

e i buoni muoiono prima dei fiori sui cappelli,

si spengono prima d’ammalarsi.

MACDUFF

Ah è un ragguaglio

fatto con arte ma fin troppo vero.

MALCOLM

E l’ultima sciagura qual è?

ROSS

Quella d’unora fa

par vecchia da fischiarsi. Ogni minuto

ne partorisce una nuova.

MACDUFF

Mia moglie come sta?

ROSS

Bene, sta bene.

MACDUFF

E i bambini?

ROSS

Anche loro stan bene.

MACDUFF

Il tiranno non ha dato di corna

contro la loro pace?

ROSS

No. Eran proprio in pace quando li ho lasciati.

MACDUFF

Non essere tirchio di parole. Come stanno le cose?

ROSS

Mentre partivo per portarvi notizie,

e sono pesanti a portarsi, correva voce

di molti baroni scesi in lizza e ciò

era provato dal fatto, credo,

che ho visto in armi l’oste del tiranno.

È il momento di portare aiuto. (a Malcolm)

Il vostro occhio in Scozia creerebbe soldati,

farebbe combattere le donne per liberarsi

dei loro dolori tremendi.

MALCOLM

Sia loro di conforto

il nostro arrivo imminente. Il nobile

re inglese ci ha dato il bravo Seyward

e diecimila barbute – un condottiero

più esperto e valoroso la Cristianità

non può vantarlo.

ROSS

Vorrei poter rispondere

a questo conforto con uno uguale. Ma io

porto parole da urlare nell’aria deserta

senza orecchi per sentirle.

MACDUFF

Di che si tratta?

Della causa comune o è cosa

che appartiene a uno solo?

ROSS

Non c’è animo onesto

che non la divida, ma la pena maggiore

è solo tua.

MACDUFF

Se è mia

non me la negare: presto, dimmela.

ROSS

Ma i tuoi orecchi non devono odiare per sempre

questa lingua che li riempie del suono

più malefico che han mai udito.

MACDUFF

Ah! Capisco.

ROSS

La tua rocca è stata sorpresa, tua moglie

e i bambini scannati in modo selvaggio.

Dirti come, sarebbe aggiungere la tua morte

a quel mucchio di cervi uccisi.

MALCOLM

Dio pietoso!

Su, vecchio mio! Non calarti il cappello

sulla fronte. Da’ parole al dolore.

La pena che non parla sussurra al cuore

affranto e gli ordina di spezzarsi.

MACDUFF

Anche i bambini?

ROSS

Tua moglie, i bimbi, i servi,

tutti quelli che hanno trovati.

MACDUFF

E io lontano!

Anche mia moglie?

ROSS

Te l’ho detto.

MALCOLM

Coraggio.

La cura di questo male orrendo cerchiamola

in una grande vendetta.

MACDUFF

Non ha figli.

Tutti i miei bei piccoli? Hai detto tutti?

Nibbio infernale! Tutti? ma come, tutti

i miei bei pulcini e la chioccia

a una sola picchiata?

MALCOLM

Fai fronte da uomo.

MACDUFF

Lo farò. Ma devo anche soffrire da uomo.

Non posso dimenticare che esistevano

cose tanto preziose per me. E il cielo

vedeva, e non ha voluto aiutarli?

Macduff peccatore! Per te sono stati colpiti.

Perfido che sono, non per colpe loro

ma per le mie, la strage piombò su quell’anime.

Dio dia loro pace!

MALCOLM

E tu fanne la pietra

per affilare la spada. Il dolore

fallo diventare rabbia. Non attutire

il cuore, infurialo.

MACDUFF

Ah potrei fare la donna

con gli occhi e lo sbruffone con la lingua!

Ma Dio benigno, scorcia il tempo. Mettimi

faccia a faccia con questo demonio della Scozia.

Mettilo a portata di questa spada. Se sfugge

perdona anche lui.

MALCOLM

Questa è musica da uomo.

Venite, andiamo dal re; la forza è pronta;

non resta che partire. Macbeth

è maturo per scrollarlo, e i poteri lassù

si armano. Datti il coraggio che puoi:

Non c’è notte lunga che luce non trovi. Escono.

Macbeth
(“Macbeth” – 1605-1608)
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