Misura per misura – Atto V

(“Measure for measure”  1603)

Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V

Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali

Misura per misura - Atto V

ATTO QUINTO – SCENA PRIMA (Unica)

[Luogo pubblico vicino la porta della città.]

Entrano separatamente il Duca [nei suoi abiti], Varrio, nobili[col seguito]; Angelo, Escalo, Lucio [e] cittadini.

DUCA

Mio degnissimo congiunto, ben trovato.

Caro e fedele amico, siamo felici di vedervi.

ANGELO e ESCALO

Felice ritorno a Vostra Grazia regale!

DUCA

Molte grazie di cuore a tutti e due.

Ci siamo informati, e sentiamo tanto bene

della vostra giustizia che in coscienza

non posso che additarvi a pubbliche lodi,

in attesa di ulteriori ricompense.

ANGELO

Accrescete l’obbligo che vi devo.

DUCA

Oh, il vostro merito si proclama alto

e gli farei torto a tenerlo chiuso

nei segreti recessi del cuore, quando

a lettere di bronzo merita d’essere inciso

perennemente contro il rodio del tempo

e l’abrasione dell’oblio. Vi diamo la mano,

e i cittadini vedano e capiscano

che esteriori cortesie vogliono esternare

i favori che teniamo dentro. Venite, Escalo,

camminate con noi dall’altra parte,

siete due validi sostegni.

Entrano Fra’ Pietro e Isabella.

FRA’ PIETRO

Ecco il momento:

parlate forte, e in ginocchio davanti a lui.

ISABELLA

Giustizia, Duca regale! Posate lo sguardo

su una povera… stavo per dire vergine.

Nobile principe, non disonorate l’occhio

volgendolo su qualsiasi altro oggetto

prima d’aver sentito la mia denuncia

e resa giustizia! Giustizia! Giustizia! Giustizia!

DUCA

Esponete il torto. In che? Da chi? Siate breve.

Qui c’è Lord Angelo a rendervi giustizia:

apritevi con lui.

ISABELLA

Ah, nobile Duca,

mi fate chieder redenzione al diavolo.

Ascoltatemi voi stesso: ciò che devo dire

o mi farà punire, se non mi crederete,

o da voi mi otterrà soddisfazione.

Ascoltatemi, ascoltatemi!

ANGELO

Mio sire,

temo che non abbia il cervello a posto.

Mi ha supplicato per un suo fratello

stroncato per corso di giustizia.

ISABELLA

Di giustizia!

ANGELO

E dirà cose molto amare e strane.

ISABELLA

Molto strane; ma di sicuro vere.

Non è strano che Angelo sia uno spergiuro?

Non è strano che Angelo sia un assassino?

Che Angelo sia un ladro adultero,

un ipocrita, un violatore di vergini,

non è strano, e poi strano?

DUCA

Sì, dieci volte strano!

ISABELLA

Com’è vero che questi è Angelo,

è tutto tanto vero quanto strano.

Sì, dieci volte vero, perché il vero è vero

fino al giorno del giudizio.

DUCA

Portatela via;

poveretta, parla in maniera dissennata.

ISABELLA

Principe, ti scongiuro, come credi

che c’è consolazione oltre questo mondo,

non mettermi da parte ritenendo

che sia pazza. Non credere impossibile

ciò che sembra improbabile. Non è impossible

che uno, la peggior canaglia sulla terra,

sembri serio, riservato, giusto e perfetto

quanto Angelo; proprio così Angelo

con le sue vesti, emblemi, titoli e pompe

può ben essere un arci-impostore. Credete,

principe: se è di meno è nulla; ma è di più,

se avessi altri nomi per la sua malvagità.

DUCA

Sulla mia onestà, se è matta, come pur credo,

la sua pazzia ha la più strana logica,

una tale connessione fra cosa e cosa,

mai sentita in una pazza.

ISABELLA

Grazioso Duca,

non insistete su questo, e non bandite

la ragione per la sua difformità;

ma che la vostra ragione vi serva

a palesare il vero dove par nascosto,

e a rimuovere il falso che par vero.

DUCA

Molti che non sono pazzi, di sicuro,

han meno raziocinio. Che volete dire?

ISABELLA

Sono la sorella di un certo Claudio

condannato per atto di fornicazione

al taglio della testa; condannato da Angelo.

Io – in periodo di noviziato – fui chiamata

da mio fratello; Lucio fece allora da messo…

LUCIO

Sono io, col permesso di Vostra Grazia.

Andai da lei per Claudio, invitandola

a tentar grazia e fortuna con Lord Angelo

per la grazia di suo fratello.

ISABELLA

È lui.

DUCA [a Lucio]

Non vi è stato detto di parlare.

LUCIO

No, buon signore, né di star zitto.

DUCA

Allora ve lo dico io. Prendete nota,

e quando la cosa vi riguarderà

pregate il cielo d’essere all’altezza.

LUCIO

Assicuro Vostro Onore.

DUCA

Voi, assicuratevi. Fate attenzione.

ISABELLA

Costui vi ha detto un po’ del mio racconto.

LUCIO

Giusto.

DUCA

Sarà giusto, ma sbagliate a parlare

prima che vi tocchi. – Procedete.

ISABELLA

Andai da questa turpe canaglia del Vicario.

DUCA

È detto al modo d’una pazza.

ISABELLA

Perdonate;

la frase corrisponde alla realtà.

DUCA

Ben aggiustata. La realtà: procedete.

ISABELLA

In breve, lasciando star le cose inutili –

su come supplicai e pregai in ginocchio,

come lui si rifiutò e come io replicai,

(ché andò per le lunghe) – la trista conclusione

afflitta e vergognosa ora vi racconto.

Solo col dono del mio casto corpo

alla sua smodata e incontenibile lussuria

avrebbe rilasciato mio fratello;

dopo un lungo dibattito la pietà di sorella

sconfisse il mio onore, e gli cedetti.

Ma l’indomani mattina di buon’ora,

saziate le sue voglie, manda l’ordine

che il mio povero fratello sia decapitato.

DUCA

Sì, è probabile!

ISABELLA

Oh, fosse probabile quant’è vero.

DUCA

Ah, sventata, non sai quello che dici,

oppure ti han sobillata contro il suo onore

con trama odiosa. Prima la sua integrità

è senza macchia; poi non è ragionevole

che con tale veemenza abbia perseguitato

colpe di cui partecipa. Se avesse così offeso

avrebbe soppesato tuo fratello su se stesso,

non fatto uccidere. Qualcuno ti ha istigata:

confessa la verità, di’ chi ti ha spinta

a venir qui con la tua denuncia.

ISABELLA

È tutto qui?

Allora, benedetti angeli del cielo,

rendetemi paziente, e maturato il tempo

svelate il male che qui è avvoltolato

nella ragion di stato! Dio protegga dal male

Vostra Grazia: senz’essere creduta

mi allontano di qui, così perduta.

DUCA

So che vorresti andartene. Gendarme!

Portatela in prigione! [Isabella è arrestata.]

Dovremmo permettere

che un fiato maldicente e devastante

cada su uno a noi così vicino?

Dev’essere un complotto. Chi sapeva

del tuo intento e della tua venuta?

ISABELLA

Uno che vorrei fosse qui, Fra’ Ludovico.

[Esce sotto scorta.]

DUCA

Un padre spirituale, si direbbe. –

Chi lo conosce questo Ludovico?

LUCIO

Signore,

io lo conosco, è un frate impiccione;

uno che non mi piace. Fosse stato laico

per certe parole dette contro Vostra Grazia

quand’era via, gliele avrei suonate.

DUCA

Contro di me? Bel frate, si direbbe.

E istigare questa poveretta contro

il nostro vicario! Scovate questo frate.

LUCIO

Non più tardi di iersera, mio signore,

lei e questo frate li ho visti alla prigione:

un frate insolente, un avanzo di galera.

FRA’ PIETRO

Dio benedica Vostra Grazia regale!

Sono rimasto in disparte, mio signore,

e ho sentito insultare il vostro orecchio.

Prima questa donna ha iniquamente

accusato il vostro vicario, che è esente

da contatti o impurità con lei

come lei da uno ancor non nato.

DUCA

È quel che pensavamo. Conoscete

questo Fra’ Ludovico di cui parla?

FRA’ PIETRO

Io lo conosco per uomo santo e religioso,

non un avanzo di galera, un impiccione

in cose temporali, come riferisce

codesto gentiluomo; e in fede mia,

uno che mai, come lui pretende, calunniò

Vostra Grazia.

LUCIO

Credetemi, signore,

lo ha fatto in maniera scellerata.

FRA’ PIETRO

Be’, a suo tempo verrà a discolparsi;

ma adesso è malato, mio signore,

di una febbre strana. Su sua richiesta,

venuto a conoscenza che si prospettava

una denuncia contro Lord Angelo, venni qui

per dire come dalla sua bocca quel che sa

vero e falso, e quel che sotto giuramento

e con ogni prova chiarirà a pieno

quando sarà chiamato. Primo, questa donna,

a scagionare questo degno gentiluomo,

accusato così pubblicamente e di persona,

la vedrete sconfessata in un confronto:

confesserà lei stessa.

DUCA

Buon frate, sentiamo.

Non sorridete di questo, Lord Angelo?

O Dio, la follia degli scriteriati!

Fateci accomodare. – Venite, Lord Angelo,

in questo mi asterrò: siate voi giudice

della vostra causa.

Entra Mariana [velata].

È questa la teste, frate?

Prima mostri il volto, e poi parli.

MARIANA

Perdonate,

signore, non mostrerò il mio volto

finché non lo comandi mio marito.

DUCA

Perché, siete maritata?

MARIANA

No, mio signore.

DUCA

Siete vergine?

MARIANA

No, mio signore.

DUCA

Vedova, allora?

MARIANA

Neanche, signore.

DUCA

Allora non siete nulla: né vergine, né vedova, né maritata!

LUCIO

Mio signore, sarà una battona, molte di loro non sono né vergini, né vedove, né maritate.

DUCA

Fate tacere quel gaglioffo. Vorrei che avesse motivo di blaterare a sua difesa.

LUCIO

Sì, mio signore.

MARIANA

Signore, confesso che mai fui maritata;

ma anche di non essere vergine.

Ho conosciuto mio marito, eppure lui

non sa di avermi mai conosciuta.

LUCIO

Allora era ubriaco, signore, non può esser altro.

DUCA

Pur di avere silenzio, lo fossi anche tu!

LUCIO

Sì, mio signore.

DUCA

Questa non è la teste per Lord Angelo.

MARIANA

Ora ci arrivo, mio signore.

Colei che lo accusa di fornicazione

allo stesso modo accusa mio marito,

e glielo imputa, signore, nel periodo

in cui io deporrò che fu tra le mie braccia

per il pieno godimento dell’amore.

ANGELO

Non accusa anche altri?

MARIANA

Non ch’io sappia.

DUCA

No? Ma voi dite vostro marito.

MARIANA

Proprio così, signore, ed è Lord Angelo,

che crede di sapere di non aver mai

conosciuto il mio corpo, ma sa, egli crede,

di conoscere quello di Isabella.

ANGELO

È una strana impostura. Fa’ vedere il volto.

MARIANA [svelandosi]

Me lo comanda mio marito; ora mi mostrerò.

Ecco quel volto, Angelo crudele,

che una volta giurasti ben valeva guardare;

ecco la mano che con voto solenne

fu ben stretta alla tua; ecco il corpo

che carpì l’appuntamento a Isabella

e ti soddisfò nella palazzina nel giardino

sotto mentite spoglie.

DUCA

Conoscete questa donna?

LUCIO

Dice carnalmente.

DUCA

Ora basta, messere!

LUCIO

Starò buono, signore.

ANGELO

Mio signore,

devo confessare di conoscer questa donna:

e che cinque anni fa si parlò di matrimonio

fra lei e me; che però fu rotto, in parte

perché la dote promessa non fu raggiunta,

ma soprattutto perché la sua reputazione

fu tacciata di leggerezza. Da allora,

in questi cinque anni, mai le ho parlato,

l’ho vista, o ho avuto sue notizie,

sulla mia fede e sul mio onore.

MARIANA

Nobile principe,

come dal cielo vien luce, e parole dal fiato,

come il vero ha senso, e la virtù verità,

sono sposa promessa di quest’uomo,

con la forza che hanno i giuramenti.

E l’ultimo martedì sera, mio buon signore,

nella palazzina nel giardino mi ha conosciuta

come moglie. Poiché è vero, fatemi rialzare

impunemente, o resti fissa qui per sempre,

monumento di pietra.

ANGELO

Finora ho solo sorriso;

ora, mio buon signore, datemi potestà

di far giustizia. La mia pazienza è scossa;

vedo che queste povere donne scombinate

sono solo strumento di qualcuno più forte

che le istiga. Datemi modo, mio signore,

di smascherare questo complotto.

DUCA

Sì, di cuore;

e punitele come più vi aggrada.

Tu, sciocco frate, e tu, donna sciagurata,

complice di quella che se n’è andata:

credi forse che i tuoi giuramenti,

pur scomodando ogni singolo santo,

possano scalfire il suo valore e credito,

suffragato da prove? Voi, Lord Escalo,

sedete con il mio congiunto; prestategli

buon aiuto a scoprire quest’impostura

e donde venga. C’è un altro frate

che li ha istigati: mandate a prenderlo.

FRA’ PIETRO

Vorrei che fosse qui, mio signore: lui

è stato a istigare la denuncia. Il Bargello

sa dove abita, e può andare a prenderlo.

DUCA

Andate, venga fatto subito. E voi, [Esce un servo.]

nobile e ben provato congiunto,

cui compete sviscerare questo fatto,

regolatevi come vi sembra meglio

per punire i torti subiti. Vi lascio

per un po’, ma non allontanatevi

prima d’aver ben giudicato chi vi calunnia.

ESCALO

Mio signore, lo faremo fino in fondo.Esce [il Duca].

Signor Lucio, non avete detto di sapere

che questo Fra’ Ludovico è un disonesto?

LUCIO

Cucullus non facit monachum: onesto solo nella veste, e uno che ha fatto discorsi offensivi sul Duca.

ESCALO

Vi pregheremo di restare qui finché non arrivi, e di rinfacciarglieli. Si scoprirà che è un degno compare.

LUCIO

Più d’ogni altro a Vienna, in fede mia.

ESCALO

Richiamate qui anche Isabella, vorrei parlarle.

[Esce un servo.]

Vi prego, signore, concedetemi di interrogarla; vedrete come me la rigiro.

LUCIO

Non meglio di lui, a quel che dice.

ESCALO

Cosa dite?

LUCIO

Caspita, signore, penso che se ve la rigirate in privato confesserebbe prima; forse in pubblico avrà vergogna.

Entrano [separatamente] il Bargello [col] Duca [travestito e incappucciato], [e] Isabella [in arresto].

ESCALO

Me la lavorerò al buio.

LUCIO

Perfetto: perché al buio le donne fanno scintille.

ESCALO

Su, comare, c’è una gentildonna che nega tutto quello che avete detto.

LUCIO

Mio signore, ecco il furfante di cui parlavo, col Bargello.

ESCALO

Proprio a buon punto. Non parlategli finché non ve lo diciamo.

LUCIO

Acqua in bocca.

ESCALO

Venite qua, messere: avete istigato voi queste donne a calunniare Lord Angelo? Han confessato che siete stato voi.

DUCA

È falso.

ESCALO

Come? Sapete dove siete?

DUCA

Rispetto questo alto luogo; anche il diavolo

talvolta va onorato per il suo trono ardente.

Dov’è il Duca? È lui che deve ascoltarmi.

ESCALO

Il Duca è in noi; e noi vi ascolteremo.

Badate di parlare a tono.

DUCA

Senza remore, almeno. Ma, povere anime,

venite a cercar l’agnello nella volpe?

Addio riparazione! Il Duca è partito?

Allora è partita anche la vostra causa.

Il Duca è ingiusto a ritorcere su voi

il vostro giusto appello, e ad affidare

il giudizio alla voce del furfante

che qui siete venute ad accusare.

LUCIO

È lui la canaglia di cui parlavo!

ESCALO

Ah, frate indegno e scellerato,

non basta avere subornato queste donne

ad accusare questo dabben uomo,

ma con lercia bocca e al suo stesso orecchio

chiamarlo canaglia? E poi da lui

spostare la mira sul Duca, tacciandolo

di ingiustizia? Portatelo via! Alla tortura!

– Lo spezzeremo membro a membro,

ma sapremo il suo scopo. Come? Ingiusto?

DUCA

Non scaldatevi: il Duca non oserebbe

stirare il mio mignolo più del suo.

Io non sono soggetto a lui, né alla diocesi.

Il mio compito nello stato mi ha reso

spettatore qui a Vienna, dove ho visto

la corruzione schiumare e ribollire

fino a traboccare dal calderone del bordello.

Leggi per ogni colpa, ma le colpe trovan

connivenza, tanto che i severi decreti

sono come gli elenchi esposti dai barbieri,

più per celia che non per osservanza.

ESCALO

Vilipendio dello stato! Sia messo in prigione!

ANGELO

Cosa potete addurre contro di lui, Signor Lucio?

È questo l’uomo di cui ci parlaste?

LUCIO

È lui, signore. – Vieni qui, compare Testapelata, mi riconosci?

DUCA

Vi riconosco, signore, dal suono della voce. Vi ho incontrato in prigione, quando il Duca era assente.

LUCIO

Ah, davvero? E vi ricordate quel che avete detto del Duca?

DUCA

Ogni particolare, signore.

LUCIO

Ah sì? E il Duca era un mandrillo, uno sciocco, un codardo, come allora dicevate che era?

DUCA

Dovete mettervi al mio posto, signore, prima di attribuirmi quelle parole. Voi, invece, avete sparlato così di lui, e anche peggio, molto peggio.

LUCIO

Oh, spregevole figuro! Non ti ho torto il naso per i tuoi discorsi?

DUCA

Protesto di amare il Duca come me stesso.

ANGELO

Sentite come il furfante adesso è conciliante, dopo gli insulti a tradimento!

ESCALO

Con un tipo così non c’è da parlare. Portatelo in prigione! Dov’è il Bargello? In prigione, in prigione! Incatenatelo ben bene, e non parli più. Via anche queste sgualdrinelle, e il loro manutengolo![Il Bargello afferra il Duca.]

DUCA

Aspettate un momento, signore.

ANGELO

Come, fa resistenza? Aiutatelo, Lucio.

LUCIO

Su, avanti, messere, avanti! Puah! Ma come, testapelata, canaglia bugiarda! – Devi tenerti il cappuccio, eh? Mostra la faccia da furfante, ti venga un colpo! Mostra la faccia da cane ringhioso, e sii impiccato per un’ora! Vuoi scoprirti? [Strappa il cappuccio al frate e rivela il Duca.]

DUCA

Sei il primo furfante a creare un duca.

Prima, Bargello, mi farò garante

di questi tre gentili. [A Lucio] Non scappar via,

messere, tu e il frate fra non molto

dovrete scambiarvi due parole. – Arrestatelo.

LUCIO [a parte]

Qui finisce peggio dell’impiccagione.

DUCA [a Escalo]

Quel che avete detto lo perdono: sedetevi.

Prenderemo il suo posto. [Ad Angelo] Col vostro permesso.

Hai fiato, parole, ingegno o impudenza

che ti soccorrano? Se è così, affidati a loro,

finché non abbia finito il mio discorso,

e non far tante storie.

ANGELO

Temuto signore,

aggiungerei colpa alla mia colpevolezza

se pensassi di non essere scoperto,

vedendo che Vostra Grazia, come il poter divino,

ha scrutato nella mia condotta. Buon principe,

non portate alla sbarra la mia vergogna:

il mio processo sia la mia confessione.

Un’immediata sentenza, e subito la morte,

è tutta la grazia che imploro.

DUCA

Venite qui, Mariana. –

Di’, sei mai stato promesso a questa donna?

ANGELO

Sì, signore.

DUCA

Va’ con lei, e sposala immediatamente.

Voi, frate, celebrate il rito, e dopo

riportatelo qui. Andate con lui, Bargello.

Escono [Angelo, Mariana, Fra’ Pietro e il Bargello].

ESCALO

Mio signore, mi stupisce più il suo disonore

che non la sua stranezza.

DUCA

Venite qui, Isabella.

Il vostro frate è ora il vostro principe.

Come allora mi dedicavo al vostro bene,

non mutando di cuore col mio abito,

sono sempre difensore della vostra causa.

ISABELLA

Oh, perdonate che io, vostra vassalla,

abbia usato e afflitto la vostra sovranità,

che non conoscevo.

DUCA

Vi perdono,

Isabella. E ora, cara fanciulla,

siate con me altrettanto generosa.

La morte di vostro fratello, lo so,

vi pesa sul cuore, e vi meravigliate

che io mi sia celato, adoperandomi

per salvargli la vita, e non abbia preferito

rivelare subito il mio potere occulto

per impedirne la perdita. Buona fanciulla,

fu l’improvvisa celerità della sua morte

che pensavo giungesse a passi più lenti

a sgominare il mio intento. Ma pace a lui.

È miglior vita quella che la morte

più non teme, di quella che vive nel timore.

Vi sia di conforto che a questo modo

vostro fratello è felice.

ISABELLA

Amen, mio signore.

Entrano Angelo, Mariana, Fra’ Pietro [e] il Bargello.

DUCA

Per il novello sposo che si approssima

le cui voglie lascive pur hanno insidiato

il vostro onore ben difeso, dategli

il vostro perdono, in virtù di Mariana.

Ma poiché condannò vostro fratello,

macchiandosi di duplice violazione,

della sacra castità e di una promessa

conseguente di salvar vostro fratello,

la clemenza stessa della legge esige

ad alta voce, dalla sua stessa voce:

“Un Angelo per Claudio; morte per morte.

Tregua per tregua, e premura per premura;

simile per simile, e sempre Misura per Misura.”

Così, Angelo, viene rivelata la tua colpa,

che se anche tu negare la volessi,

ti nega ogni profitto. Ti condanniamo

al ceppo su cui Claudio s’è piegato

per morire, e con egual premura. Portatelo via.

MARIANA

O graziosissimo signore, spero

che non mi darete un marito per burla.

DUCA

Vostro marito vi ha dato marito per burla.

Per salvaguardare il vostro onore

ho pensato giusto farvi maritare,

altrimenti l’accusa d’averlo conosciuto

poteva macchiare la vostra esistenza

e soffocare ogni bene che vi aspetta.

Dei suoi beni, confiscati a nostro favore,

ve ne facciamo dotazione e lascito

per acquistarvi un miglior marito.

MARIANA

O mio amato signore, ma io

non chiedo altro o miglior marito.

DUCA

Non chiedete costui, siamo risoluti.

MARIANA

Gentile sovrano…

DUCA

È fatica sprecata.

Conducetelo all’esecuzione. [A Lucio] Ora a voi, messere.

MARIANA [inginocchiandosi]

O generoso signore… dolce Isabella

prendete le mie parti; in ginocchio con me

e per tutta la mia vita a venire

tutta la mia vita sarà al vostro servizio.

DUCA

La sollecitate irragionevolmente.

Se si inginocchiasse a supplicar pietà

per questo fatto, lo spettro del fratello

spezzerebbe i lastroni della tomba

e la rapirebbe colmandoci d’orrore.

MARIANA

Isabella, dolce Isabella, lo stesso

inginocchiatevi con me; alzate le mani

senza dir nulla; parlerò solo io.

Dicono che gli uomini migliori

vengon foggiati dalle loro colpe

e per lo più diventano tanto migliori

se sono stati un po’ cattivi. Così

potrebbe fare mio marito. Oh, Isabella,

non volete inginocchiarvi qui con me?

DUCA

Muore per la morte di Claudio.

ISABELLA [inginocchiandosi]

Generoso signore,

vogliate guardare a quest’uomo condannato

come se mio fratello fosse vivo. In parte

credo che una sincerità genuina

regolasse le sue azioni fino a quando

non mise gli occhi su di me. Se è così,

non mettetelo a morte. Mio fratello

ebbe solo giustizia, avendo commesso

il fatto per cui morì. Quanto ad Angelo,

la sua mala intenzione non si realizzò

e va seppellita come un proposito

vanificatosi per strada. I pensieri

non son soggetti alla legge; gli intenti

sono solo pensieri.

MARIANA

Pensieri, mio signore.

DUCA

Supplicate invano. Alzatevi, vi dico.

Mi sovviene di un’altra mancanza. Bargello,

come fu che Claudio fu decapitato

a un’ora insolita?

BARGELLO

Fu ordinato così.

DUCA

Avevate un ordine formale per farlo?

BARGELLO

No, buon signore: fu un messo privato.

DUCA

Per questo vi sollevo dall’incarico.

Consegnate le chiavi.

BARGELLO

Perdonate, nobile signore:

pensavo che fosse una mancanza, ma

non ne ero sicuro, e me ne pentii

dopo averci riflettuto. Lo dimostra

un carcerato che per l’ordine privato

sarebbe dovuto morire, ma che io

ho risparmiato.

DUCA

Chi è?

BARGELLO

Si chiama Bernardino.

DUCA

Vorrei che lo aveste fatto per Claudio.

Su, portatelo qui, voglio vederlo. [Esce il Bargello.]

ESCALO

Mi duole che uno dotto e saggio come voi,

Lord Angelo, siete sempre apparso,

abbia peccato in modo così ignobile,

sia per l’urgere dei sensi che per mancanza

d’un giudizio equilibrato in seguito.

ANGELO

A me duole procurare queste pene,

e tanto mi affligge il cuore penitente

che chiedo morte piuttosto che pietà.

È quel che merito, e lo invoco.

Entrano il Bargello con Bernardino, Claudio [imbacuccato e] Giulietta.

DUCA

Qual è Bernardino?

BARGELLO

Questo, signore.

DUCA

Un frate mi disse di quest’uomo. Messere,

si dice che hai un animo caparbio

che non vede al di là di questo mondo

e regoli la tua vita in conseguenza.

Sei condannato: ma le colpe terrene

te le condono, e prego che il perdono

ti serva a badare meglio al tuo futuro.

Frate, consigliatelo; lo lascio in mano vostra.

Chi è quello là imbacuccato?

BARGELLO

Un altro carcerato che ho salvato,

che doveva morire quando a Claudio

fu mozzato il capo, e che gli somiglia

quasi come a se stesso.[Lo svela.]

DUCA [a Isabella]

Se somiglia

a vostro fratello, per amor suo lo perdono,

e per amor della vostra leggiadria

datemi la mano e dite che sarete mia.

È anche mio fratello; ma ci sarà

momento più opportuno. Ormai

Lord Angelo intuisce che è salvo;

mi par di veder rivivere i suoi occhi.

Ah, Angelo, i vostri mali vi ripagano.

Badate di amare vostra moglie; fate

di valere quanto lei. Scopro in me

una propensione a perdonare; eppure

fra noi ce n’è qualcuno che non posso.

[A Lucio] Voi, messere, che mi conoscevate

per sciocco, codardo, dedito alla lussuria,

per somaro e pazzo, come ho meritato

che mi esaltaste a questo modo?

LUCIO

In fede mia, signore, parlavo tanto per scherzare. Se volete impiccarmi per questo, fatelo pure; ma preferirei che vi compiaceste di farmi solo fustigare.

DUCA

Prima fustigato, e poi impiccato, messere.

Proclamate, Bargello, per tutta la città:

se una donna fu traviata da questo lascivo

– avendo io stesso sentito che giurava

d’averne messo incinta una – si faccia avanti,

e lui la sposerà. Celebrate le nozze,

venga fustigato e poi impiccato.

LUCIO

Supplico Vostra Altezza, non sposatemi a una puttana. Vostra Altezza ha appena detto che vi ho creato duca; mio buon signore, non ricompensatemi creandomi cornuto.

DUCA

Sul mio onore, la dovrai sposare. Perdono

le tue calunnie, e ti condono le altre pene. –

In carcere, e che i miei ordini siano eseguiti.

LUCIO

Sposare una baldracca, mio signore, è

farsi calcare a morte, fustigare e impiccare.

DUCA

Vilipendere un principe lo merita. Claudio,

provvedete a colei che avete traviato.

Siate felice, Mariana; amatela, Angelo;

l’ho confessata, e conosco la sua virtù.

Grazie, amico Escalo, per la tua gran bontà;

c’è altro in serbo che ti gratificherà.

Grazie, Bargello, per la tua cura e segretezza;

ti affideremo incarico più dignitoso.

Perdona, Angelo, chi ti ha portato

la testa di Ragosino per quella di Claudio:

ha in sé il suo perdono, questo peccato.

Per voi, cara Isabella, ho una proposta

che sarà molto per il vostro bene;

e se le presterete orecchio consenziente

ciò che è mio è vostro, e ciò ch’è vostro, mio.

Portateci a palazzo, dove scoprirete,

com’è giusto, le cose che ancora non sapete .[Escono tutti.]

Misura per misura
(“Measure for measure”  1603)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V

 Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali

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