Molto rumore per nulla – Atto IV

(“Much Ado About Nothing” 1598 – 1599)

Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V

Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali

Molto rumore per nulla - Atto IV

ATTO QUARTO – SCENA PRIMA

Entrano Don Pedro, Don Juan, Leonato, Frate Francesco, Claudio, Benedetto, Ero, Beatrice e altri invitati.

LEONATO

Avanti, Frate Francesco, fatela spiccia. Solo la pura e semplice formula matrimoniale, e i doveri specifici glieli ricordate poi.

FRATE

Siete venuto qua, monsignore, per sposare questa signora?

CLAUDIO

No.

LEONATO

Per essere sposato con lei, frate, siete voi a sposarla!

FRATE

Signora, siete venuta per essere sposata col Conte?

ERO

Sì.

FRATE

Se l’uno o l’altro di voi conosce qualche segreto impedimento, gli ordino di rivelarlo se vuol salvarsi l’anima.

CLAUDIO

Tu Ero ne sai qualcuno?

ERO

No, signor mio.

FRATE

E voi, signor Conte?

LEONATO

Con licenza rispondo per lui: nessuno.

CLAUDIO

Oh quali licenze gli uomini si prendono! Cosa non possono fare! Quali cose non fanno ogni giorno senza sapere che fanno!

BENEDETTO

Oh guarda! Quanti punti esclamativi! Mo’ che ci siamo mettiamoci pure qualcosa da ridere come ah! eh! ih!

CLAUDIO

Scostati, frate. Padre, se così posso dire:

volete voi con animo spontaneo e liberale

dare a me questa giovane figlia vostra?

LEONATO

Ma certo, figlio, come Dio me l’ha data.

CLAUDIO

E che ho da darvi in cambio, che sia degno

d’un dono tanto ricco e prezioso?

DON PEDRO

Nulla, tranne restituire la sposa.

CLAUDIO

Principe caro, m’insegni nobile riconoscenza.

Ella è qui, Leonato, ripigliatevela,

non date a un amico quest’arancia marcia.

Costei non è che veste e sembianza di onore.

Guarda la verginella com’è tutta rossore!

Ah di quale parvenza e dignità di vero

sa coprirsi la furbastra colpa!

Codesto sangue non vi par venire

come modesto segno di semplice virtù?

Non giurereste, voi tutti che la vedete,

ch’ella sia la fanciulla che provano quei segni?

Ma non lo è. Conosce già il calore

d’un letto lussurioso. E il suo rossore

non è modestia, è vergogna.

LEONATO

Che domine

dice vossignoria?

CLAUDIO

Dico che non mi sposo,

non lego la mia anima a una ganza provata.

LEONATO

Conte mio, se voi, per metterla a prova,

vincístevo la resistenza di questa giovane

e le rubástivo l’onore…

CLAUDIO

Lo so bene

cosa vorreste dire: l’avessi conosciuta,

direste che mi accolse in quanto suo marito

e così smorzereste il peccato d’anticipo.

No, Leonato,

non la ho mai tentata con libere parole,

ma come frate a sorella ho mostrato

sincerità modesta e amore lecito.

ERO

E io, vi son sembrata mai diversa?

CLAUDIO

Vergognati! “Sembrata!” Io per iscritto

lo voglio denunciare. A me tu pari

Diana dentro la sua sfera, casta

come il bocciolo avanti che si schiuda.

Ma nel tuo sangue tu sei più sfrenata

di Venere o di quelle bestie straviziate

che impazzano di fregola selvaggia.

ERO

Sta bene il mio signore, che parla così a torto?

LEONATO

Principe, e voi non dite niente?

DON PEDRO

E cosa

dovrei dire? Sono disonorato

perché ho voluto unire un caro amico

con una donna di strada.

LEONATO

Ma questo

è detto veramente, o me lo sogno?

DON JUAN

È detto, monsignore, e tutto vero.

BENEDETTO

Questo sarebbe un matrimonio?

ERO

Vero?

Oh Dio!

CLAUDIO

Leonato, io sono qua, nevvero?

E questo non è il Principe? E quest’altro

non è il fratello? E codesta facciata

non è di Ero? E i nostri occhi sono

i nostri occhi, vero?

LEONATO

Sicuro, ma che c’entra, monsignore?

CLAUDIO

Fatemi solo porre una domanda

a vostra figlia, e col potere vostro

paterno e naturale che avete su di lei

ordinate che dica la verità.

LEONATO

Ti ordino di farlo, se sei mia figlia.

ERO

Oh difendimi, Dio! Sono assediata!

Questo interrogatorio che vuol dire?

CLAUDIO

Vuol farti dare una risposta degna

del nome che porti.

ERO

E non mi chiamo Ero?

Chi può macchiarlo d’una accusa giusta?

CLAUDIO

Lo puoi tu stessa, per Dio! Il tuo nome stesso

può cancellare la virtù di Ero.

Con chi parlavi ieri notte, fra

le dodici e la una, al tuo balcone?

Ora, se sei ragazza costumata,

rispondi.

ERO

Monsignore,

non ho parlato a nessuno, a quell’ora.

DON PEDRO

Ah, non siete una vergine. Leonato,

mi duole che dobbiate udire.

Sul mio onore, io stesso, mio fratello,

e questo conte che soffre

l’abbiamo vista e sentita, a quell’ora,

la notte scorsa parlare al balcone

con un furfante. Il quale poi, da vero

farabutto ha di fatto confessati

i vili incontri segreti che hanno

avuti mille volte.

DON JUAN

Ah che vergogna,

no, no, non ne parlate, monsignore,

non ne parlate!

Le parole non hanno castità

bastante a dirli senza offesa. E allora,

bella dama, mi duole di tanta impudicizia.

CLAUDIO

Ero! Oh che Ero avresti potuto essere

se una metà delle tue grazie esterne

fossero state concesse ai pensieri

e alle intenzioni del tuo cuore! Ma addio,

donna bellissima e laida assai! Addio,

pura empietà, empia purezza!

Dopo te sprangherò ogni porta del cuore,

su queste ciglia graverà il sospetto,

e tutte le bellezze le muterà

in paure di male, e non avranno

mai più grazie, mai più.

LEONATO

Nessuno ha qui un pugnale che mi uccida?

Ero sviene.

BEATRICE

Ma via, perché ti abbatti? Via, cugina, via!

DON JUAN

Su andiamo. Queste cose che vengono alla luce

la prostrano.

Escono Don Pedro, Don Juan e Claudio.

BENEDETTO

Come sta la signora?

BEATRICE

Sembra morta. Zio, aiuto!

Ero! Su, Ero! Zio! Signor Benedetto! Frate!

LEONATO

Destino, non levarle di dosso la tua mano.

Non c’è niente di meglio per coprire

la sua vergogna, della morte.

BEATRICE

Allora,

cugina, come stai?

FRATE

Signora mia consolatevi.

LEONATO

Riapri gli occhi?

FRATE

Sì, perché non dovrebbe?

LEONATO

Perché? Ma come! Ma ogni cosa terrena

non la svergogna? Forse che ha negato

l’accusa ch’è stampata nel suo sangue?

Non ti svegliare, Ero, non aprire gli occhi!

Perché se penso che non muori subito

e la tua vita è forte più della tua vergogna,

io stesso dopo averti coperta di rampogne

t’ammazzo. E io, bestia, mi lamentavo

perché ne avevo una sola, e per questo

rimproveravo la natura avara.

Amaro a me, ché una troppo è stata!

Perché t’ho avuta? E come mai t’ho vista

sempre piena di grazia? Non era meglio

fare una carità, pigliarmi in casa

un figlio di nessuno lasciato alla mia porta,

che ora, disonorato e insozzato d’infamia,

potrei dire: “Io che c’entro? La vergogna

viene da un seme ignoto”? Ma il mio sangue, il mio sangue

l’ho amato, il mio sangue l’ho vantato,

ne andavo fiero, ed era tanto mio

che io stesso per me non ero mio,

era mia solo lei – e ora lei,

ah lei è caduta in tale pozzo nero

che il mare grande com’è non ha acqua

che basti per lavarla, e non ha sale

che basti a preservare la sua carne corrotta!

BENEDETTO

Signore mio, si calmi.

Per me io strabilio, non so cosa dire.

BEATRICE

O per l’anima mia, lei è calunniata!

BENEDETTO

Signora, avete dormito con lei ieri notte?

BEATRICE

No, veramente no. Però prima di ieri

siamo state compagne di letto per un anno.

LEONATO

E questa è la prova, è la prova! E fa più forte

ciò ch’era già ferrato con cerchioni di ferro.

Potevano mai mentire i Principi, e Claudio

che era tanto preso che parlando di lei

le lavava l’infamia con le lacrime?

No lasciatela sola, lasciatela morire!

FRATE

Signor barone, datemi un po’ retta:

ché sono stato zitto tanto tempo

senza mai intervenire in su gli eventi

per non perder di vista sta figlietta.

E le ho notato in faccia mille vampe

venire a galla, e poi mille vergogne

come angioletti bianchi a la riscossa

dell’innocenza, per scacciare i rossi.

E le appariva un foco negli occhi, per bruciare

questi errori che i principi ammucchiorno

contro la verità sua verginale.

Ditemi pure fesso, non fidatevi

di tante mie letture e osservazioni

che imprimono il sigillo d’esperienza

a quel che dicono i libri. E poi scordatevi

età, uffizio, vocazione, tonaca,

se sta signora qua non è innocente,

vittima d’uno sbaglio che l’attossica.

LEONATO

Non è possibile, frate. Lo vedete,

tutta la sua innocenza è che non vuole

aggiungere un peccato di spergiuro

alla sua dannazione. Lei non nega.

E allora perché cerchi di scusare

ciò che risulta, com’è giusto, nudo?

FRATE

Signora, chi è quest’uomo per cui siete accusata?

ERO

Chi mi accusa lo sa, io non lo so.

Se c’è un uomo al mondo che io conosca

più di quanto permette la modestia,

possano i miei peccati non trovare

misericordia. Padre mio, provate

che ho parlato a un uomo in un momento

sconveniente, oppure che ieri notte

ho scambiato parole con qualcuno,

e allora ripudiatemi, odiatemi

e suppliziatemi a morte.

FRATE

Quei Principi

sono stati imbrogliati in modo strano.

BENEDETTO

Ma due di loro, è certo, son l’onore

personificato. Se in vero sono stati

turlupinati in questo,

questa l’ha combinata quel Giovanni il Bastardo

che in testa ha un vero arsenale d’infamie.

LEONATO

Io niente so. Se dicono la verità

la faccio a pezzi con queste mie mani.

Ma se le fanno torto, il più superbo

di loro avrà a vedersela con me.

Ancora il tempo non m’ha seccato il sangue,

e la vecchiaia non m’ha mangiato il cervello,

né la fortuna ha fatto scempio della mia roba,

o i peccati m’han fatto perdere gli amici

a tal punto che loro non possano vedere

se sono provocato fino a tanto

forza di braccio e furbizia di testa,

e ricchezza di mezzi e amici scelti

per saldare i miei conti.

FRATE

Ora calmatevi,

e fatemi guidarvi in questo imbroglio.

La vostra figlia qua codesti principi

l’han lasciata per morta; e voi tenetela

nascosta per un poco, e in gran segreto,

date a intendere ch’è defunta vera.

Nel frattempo ostentate il vostro lutto

e sulla sepoltura di famiglia

metteteci, che so, qualche epitaffio

lagnoso, e fate fare tutte le cerimonie

adeguate al mortorio.

LEONATO

Ma per quale

ragione? Questo dove può portare?

FRATE

Oh la Madonna! Questo, se viene ben condotto

tramuterà ogni insulto in un rimorso

a favor suo, che è già qualcosa. Ma

non soltato per questo io mi sono inventato

questo mio strano imbroglio, anzi da queste doglie

m’aspetto assai migliore neonato.

Morta lei, che così si dà a intendere,

proprio al momento ch’ella fu accusata,

la gente che lo sente ti si mette

a lamentarla, a compatirla, a piangerla,

ché così va al mondo, e ciò che abbiamo

sino a quando l’abbiamo non val niente

ma quando è perso, e manca, il suo valore

cresce e stracresce, e di colpo si vede

la virtù che il possesso, mentre ch’era

nostro, non ti faceva più vedere.

Così sarà per Claudio: quando sente

come lei è morta per le sue parole

subito il suo ricordo gli entra vivo

e dolce dolce nella fantasia:

ogni bellezza, ogni forma piacente

gli torna avanti in veste più preziosa,

più commovente, viva, palpitante

nel fuoco e nel prospetto della mente

di quando lei era viva. E allora, allora

la piangerà, se mai l’amore gli abbia

toccato veramente il fegato, e vorrà

non averla accusata – no, neppure

se crede vere le sue accuse. Fate

dunque come vi dico e non temere niente

ché questa cosa avrà capo, e impronterà

gli eventi meglio ch’io non possa ora

mostrarvelo probabile. E quand’anche

tutto ciò non avesse altro successo

che questo, questa voce della morte

di vostra figlia servirà a smorzare

la vampata di scandalo. Che se dopo la cosa

non va pel verso giusto, vossignoria potrà

tenere lei nascosta come meglio s’addice

a una reputazione zoppa: chiusa

alla badìa, lontana

da occhi e lingue, da giudizi e insulti.

BENEDETTO

Signor Leonato, accetti

il consiglio del frate. Per me, sapete bene

che mi lega un affetto profondissimo

al Principe e a Claudio. Tuttavia v’assicuro

sul mio onore, terrò la bocca chiusa

e sarò giusto, come la vostra anima

sarebbe col suo corpo.

LEONATO

Io sono alla deriva

in un mare di pene, e il filo più sottile

mi può guidare.

FRATE

Un ottimo consenso! E dunque, all’opera!

Per male strano ci vuol cura strana.

Signora Ero, venga. S’ha da morir per vivere.

Il vostro matrimonio gli è capace

che è solo rimandato. Abbiate dunque

pazienza e sopportazione.

Escono tutti tranne Benedetto e Beatrice.

BENEDETTO

Signora Beatrice, ha pianto tutto questo tempo?

BEATRICE

Sì, e ne ho ancora da spandere di lacrime.

BENEDETTO

A me questo non mi piace.

BEATRICE

E perché? Lo faccio liberamente.

BENEDETTO

Io non ho dubbio che la vostra bella cugina è stata calunniata.

BEATRICE

Ah come stimerei un uomo che raddrizzasse questo torto!

BENEDETTO

Ma c’è una qualche maniera di mostrarvi quest’amicizia?

BEATRICE

La maniera c’è, bella e dritta. È l’amico che manca.

BENEDETTO

Toh, l’è cosa fattibile a un uomo?

BEATRICE

Fattibilissima, ma da un uomo, non da voi.

BENEDETTO

Io non amo niente al mondo come amo voi, non è strano?

BEATRICE

Sì, è strano come non so come. Io pure vi potrei dire che non amo niente come amo voi. Però non mi dovete credere, eppure non dico menzogna. Non confesso niente, non nego niente. Mi dispiace per mia cugina.

BENEDETTO

Ah, per la spada mia, tu mi vuoi bene, Beatrice.

BEATRICE

Non giurate per poi rimangiarvelo.

BENEDETTO

No perbacco io lo giuro che mi vuoi bene, e faccio magnar le parole a chi dice che non ti amo.

BEATRICE

Allora non la rimangiate la vostra parola?

BENEDETTO

No, con nessuna salsa che si possa inventare. Io ti dico che ti amo.

BEATRICE

Allora Dio mi perdoni!

BENEDETTO

Per cosa, Beatrice cara?

BEATRICE

Mi avete fermata in tempo, volevo dirvi che vi amo.

BENEDETTO

Ma dillo con tutto il cuore.

BEATRICE

Ti amo con tanta parte del cuore che non ho più cuore per dirlo.

BENEDETTO

Avanti, dimmi di fare qualunque cosa per te.

BEATRICE

Ammazza Claudio.

BENEDETTO

Oibò, neanche per tutto l’oro del mondo!

BEATRICE

Dicendo di no ammazzi me. Addio.

BENEDETTO (le prende la mano)

Aspetta carissima.

BEATRICE

Aspetto ma sono lontana. Non mi vuoi bene affatto. No, fammene andare, ti prego.

BENEDETTO

Beatrice…

BEATRICE

Voglio andar via, davvero.

BENEDETTO

Prima facciamo la pace.

BEATRICE

Fare la pace con me è più facile che affrontare il mio nemico.

BENEDETTO

Ma Claudio è il tuo nemico?

BEATRICE

Perché, non è forse un farabutto di prim’ordine l’uomo che ha calunniato, umiliato e disonorato mia cugina? Oh se fossi un uomo! Ma come, portarla in palmo di mano fino al momento di darle la mano, e poi svergognarla così in pubblico, con calunnia spudorata, con un odio smisurato – Oh Dio se fossi un uomo! Mi mangerei il suo cuore in piazza…

BENEDETTO

Ascolta, Beatrice…

BEATRICE

Parlare con un uomo al balcone! Che trovata!

BENEDETTO

Beatrice, senti…

BEATRICE

Povera Ero! Offesa, calunniata, rovinata.

BENEDETTO

Bea…

BEATRICE

Principi e conti! Bei principi questi principi, bel conte dei conti, il Conte di Marzapane, bel cavaliere davvero! Ah se fossi un uomo per lui, oppure avessi un amico che fosse un uomo per me! Ma oggi gli uomini sanno solo fare riverenze, il coraggio si squaglia in complimenti, e di un uomo resta solo la lingua, e che lingua puntuta! Bastano solo una menzogna e uno spergiuro e un uomo diventa un Ercole. Ma visto che non posso diventare maschio per desiderio, dovrò morire femmina per disperazione.

BENEDETTO

Aspetta, Beatrice. Ti voglio bene lo giuro su questa mano.

BEATRICE

Usala allora per qualcosa di meglio che giurarci sopra.

BENEDETTO

Tu credi veramente che il conte Claudio ha fatto torto a Ero?

BEATRICE

Ne sono sicura, come che ho un’anima e un cervello.

BENEDETTO

Basta così. Io m’impegno, lo sfiderò. E ora ti bacio la mano e così ti lascio. Ora per questa mia mano il Sior Claudio me l’ha da pagare e salata. Tu pensa di me ciò che sentirai di me. Va a consolare tua cugina. Io debbo dire che è morta. E così, riverisco. Escono.

ATTO QUARTO – SCENA SECONDA

Entrano Sanguinello, Crescione e il sagrestano vestito con la toga, e poi la ronda di notte con Corrado e Borraccia.

SANGUINELLO

Giovanotti, si fa o no questa disunione?

CRESCIONE

Oh, portate una seggiola e un cuscino per il sagrestano.

SAGRESTANO

I malfattori chi sono?

SANGUINELLO

O Bella Madre, siamo noi, io e il compare.

CRESCIONE

Non ci piove, dobbiamo esaminare l’esibizione.

SAGRESTANO

Ma, dico io, quali sono gli offensori da esaminare? Portateli davanti al Commissario.

SANGUINELLO

Portateli qua davanti per la Madosca! Tu come ti chiami, amico?

BORRACCIA

Borraccia.

SANGUINELLO

Prego, vossignoria, scriva: Borraccia. E tu buonalana?

CORRADO

Io sono un gentiluomo, signor commissario, e mi chiamo Corrado.

SANGUINELLO

Voscenza scriva: signor gentiluomo Corrado. Signori miei, il Patreterno lo rispettate o no?

CORRADO e BORRACCIA

Eh sì, lo speriamo bene.

SANGUINELLO

Scriva che sperano bene di rispettare il Patreterno. E lo scriva per primo, Patreterno, che Dio non voglia che Dio non si trovi davanti a questa gentaglia. Padroni miei, è già provato che voi non siete altro che gente falsa, e questo tra poco sarà quasi chiaro per tutti. Che avete a dire a discarico?

CORRADO

Signor commissario, perdio, diciamo che non è vero.

SANGUINELLO

Caspita, un giovanotto spiritoso abbiamo! Ora lo sistemo io. Muoviti e vieni qua, buonalana. Una parola all’orecchiaSignor gentiluomo, ti dico che qua pensiamo che siete soldi falsi.

BORRACCIA

E io vi dico, signore, che non lo siamo.

SANGUINELLO

E bravo. Spostati! Minchia, questi d’accordo si sono messi. L’ha scritto voscenza che non sono soldi falsi?

SAGRESTANO

Compare commissario, questa procedura non mi pare regolare. Dovete chiamare la ronda che li accusa.

SANGUINELLO

Giusto, è la via più spicciola. Si avanzi la ronda. Padroni miei, vi ordino in nome del Principe, accusate questi uomini.

PRIMA GUARDIA

Signor commissario, questo qui disse che Don Giovanni il fratello del Principe era un figlio di puttana.

SANGUINELLO

Scriva, Don Giovanni figlio di puttana. Mizzica, questo è spergiuro, chiamare il fratello del Principe un figlio di puttana.

BORRACCIA

Ma signor commissario…

SANGUINELLO

Tu zitto per favore, che la tua facciazza non mi piace, te lo dico io.

SAGRESTANO

Che altro gli avete sentito dire?

SECONDA GUARDIA

Per la Madosca, disse che aveva avuto mille ducati da Don Giovanni per calunniare la signora Ero.

SANGUINELLO

Questo è scassinamento, pari pari.

CRESCIONE

Sì, santo diavolone.

SAGRESTANO

Seguitiamo, giovanotto.

PRIMA GUARDIA

E poi disse che il Conte Claudio voleva sulla sua parola scomunicare la signorina Ero davanti a tutta l’assemblea, e non sposarla più.

SANGUINELLO

O scomunicato! Per questo sarai condannato all’eterna redenzione.

SAGRESTANO

E poi che altro?

SECONDA GUARDIA

Questo è tutto, non c’è altro.

SAGRESTANO

E questo padroni miei basta e avanza. Stamattina il Principe Don Giovanni se n’è scappato come un ladro, la signorina Ero è stata in questa maniera scomunicata e proprio così risputata, e per questa botta di veleno è morta di colpo. Compare commissario, fate legare questi due e portateli a casa del signor Leonato. Io ci vado avanti per mostrarci il verbale. Esce.

SANGUINELLO

Avanti, manipolateli.

CRESCIONE

Forza – le mani.

CORRADO

Va via, buffone!

SANGUINELLO

Madonna santissima, il sacrestano dov’è? Deve scrivere subito che l’ufficiale del Principe è un buffone! Forza, legateli. Debosciato!

CORRADO

Non mi toccare! Sei un somaro, un somaro.

SANGUINELLO

Amaro a me, così mi manchi di sospetto? Manco la vecchiaia sospetti? Ah se quello fosse qui, per scrivere che sono un somaro! Ma ricordatevelo voi, compari: sono un somaro. Anche se non è verbalizzato non ve lo scordate: sono un somaro. No, debosciato, tu un filantropo sei, come sarà provato con tanto di testimoni. Io un uomo sapiente sono, anzi di più, un uomo ufficiale sono, anzi di più, un possidente sono, anzi di più, uno dei più bei pezzi d’uomo di Messina sono; e un uomo che conosce la legge, tieh! e un uomo abbastanza benestante, tieh! e un uomo che ne ha passate tante, e un uomo che tiene due palandrane e una casa piena di bellezze. Portatelo via! O porco Giuda, dovevano verbalizzarlo che sono un somaro! Escono.

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