Riccardo III – Atto II

(“Richard III” – 1591 – 1594)

Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V

Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali

Riccardo III - Atto II

ATTO SECONDO – SCENA PRIMA

Squillo di trombe. Entrano re Edoardo malato, la regina Elisabetta, Dorset, Rivers, Hastings, Buckingham [e Grey].

RE

Ecco fatto: una giornata bene impiegata.

Voi, Pari, mantenete stretta questa unione.

Io aspetto da un giorno all’altro un messaggio

del mio Redentore, che mi redima da quaggiù:

e tanto più in pace l’anima mia volerà in cielo

in quanto ho messo pace fra i miei amici sulla terra.

Rivers e Hastings, datevi la mano;

non mascherate soltanto il vostro odio, ma giurate d’amarvi.

RIVERS

Per il cielo, l’anima mia è purgata dal rancore dell’odio

e con questa mano suggello l’amore sincero del mio cuore.

HASTINGS

Mi venga bene per la sincerità con cui giuro lo stesso sentimento.

RE

Badate di non farvi burla del vostro re,

affinché Colui che è il supremo Re dei re

non castighi la vostra dissimulata falsità,

permettendo che ciascuno di voi sia la rovina dell’altro.

HASTINGS

Che la fortuna m’arrida per quanto è schietto l’amore che giuro.

RIVERS

E tal sia di me per quanto amo di cuore Hastings.

RE

Signora, voi non siete dispensata da questo impegno:

né voi, nipote Dorset, né voi, Buckingham.

Siete stati tutti faziosi, l’uno contro l’altro;

moglie, vogliate bene a Hastings, lasciate che vi baci la mano,

e ciò che fate, fatelo senza finzione.

ELISABETTA

Ecco, Hastings, voglio dimenticare

il nostro odio trascorso, così possa prosperare coi miei.

RE

Dorset, abbracciatelo; Hastings, vogliate bene al marchese.

DORSET

Dichiaro qui che questo reciproco scambio d’affetto

per parte mia sarà inviolabile.

HASTINGS

Io giuro lo stesso. [S’abbracciano].

RE

Ed ora, nobilissimo Buckingham, suggella tu questa alleanza

abbracciando i congiunti di mia moglie

e rendimi felice con la vostra concordia.

BUCKINGHAM

Se mai Buckingham volga il suo odio contro vostra Grazia,

invece di amare voi e i vostri

con ogni doveroso affetto, Dio mi punisca

con l’odio di coloro da cui più mi aspetto amore.

Quando più abbia bisogno dei servizi d’un amico

e più sia sicuro della sua amicizia,

egli mi si dimostri finto, falso, traditore e pieno di inganni:

questo chiedo da Dio quando si raffreddi il mio amore per voi e i vostri.

[Si] abbracciano.

RE

Questo tuo voto, illustre Buckingham,

è un benefico cordiale per il mio cuore ammalato.

Ora manca soltanto la presenza di nostro fratello di Gloucester

per render perfetta questa felice pace.

Entrano Ratcliffe e Riccardo.

BUCKINGHAM

Ed ecco arrivare in buon punto

Sir Richard Ratcliffe e il duca.

RICCARDO

Buongiorno, ai miei sovrani, re e regina;

ed a voi, nobili Pari, felice giornata.

RE

Felice davvero, per come l’abbiamo impiegata;

Gloucester, abbiamo compiuto atti di carità,

convertendo in pace l’ostilità e in amore leale l’odio

fra questi nobili iracondi e a torto rancorosi fra loro.

RICCARDO

Fatica benedetta, mio sovrano signore.

Se qualcuno in questo mucchio di nobili,

in base a false notizie o erronee supposizioni

mi crede un nemico…

se, inconsapevolmente o nell’ira,

io ho commesso qualcosa che abbia provocato risentimento

in qualcuno qui presente, desidero

riconciliarmi e far pace amichevole con lui;

è la morte per me avere dei nemici;

è cosa che odio – io desidero l’amore di tutti gli onesti.

Anzitutto da voi, signora, imploro sinceramente la pace

e me la guadagnerò con doverosi servizi;

da voi, nobile cugino Buckingham,

se mai albergò fra noi astio alcuno;

da voi, lord Rivers, e lord Grey, da voi,

che tutti, senza ch’io lo meritassi, m’avete guardato di traverso;

duchi, conti, nobili, gentiluomini: proprio tutti.

Non conosco inglese vivente

con cui mi senta menomamente in urto,

più dell’infante nato stasera…

ringrazio Dio per la mia umiltà.

ELISABETTA

D’ora innanzi, questo sia celebrato come giorno di festa;

piacesse a Dio che tutte le discordie fossero composte.

Mio sovrano signore, supplico vostra Altezza

di riaccogliere nel vostro favore nostro cognato Clarence.

RICCARDO

Ma come, signora, per questo ho offerto il mio amore,

per esser insultato così alla presenza del re?

Chi non sa che il mite duca è morto?

Tutti sussultano.

Voi lo ingiuriate, irridendone il cadavere!

RIVERS

Chi non sa che è morto?! Chi è che lo sa?

ELISABETTA

O cielo che tutto vedi, in che mondo viviamo?

BUCKINGHAM

Lord Dorset, ho il volto pallido come gli altri?

DORSET

Sì, mio buon signore, e non c’è nessuno dei presenti

a cui il color rosso non abbia abbandonato le guance.

RE

Clarence è morto? Ma il decreto di condanna era stato revocato.

RICCARDO

Ma lui, poveretto, morì per il vostro primo decreto,

e quello fu un Mercurio alato a portarlo,

mentre il contrordine lo portò qualche storpio arrancante

che arrivò troppo tardi per assistere alla sepoltura.

Dio non voglia che qualcun altro, meno nobile e meno leale,

più vicino a lui non per sangue ma per pensieri sanguinari,

meriti di peggio del disgraziato Clarence,

eppure circoli franco da ogni sospetto.

Entra Stanley conte di Derby.

STANLEY

Una grazia, mio sovrano, per i servizi che v’ho reso!

RE

Taci, ti prego; l’anima mia è oppressa dal dolore.

STANLEY

Non mi leverò dai ginocchi se vostra Altezza non mi ascolta.

RE

Di’, dunque, subito, ciò che chiedi.

STANLEY

La grazia, Sovrano, per la vita d’un mio servitore,

che oggi ha ucciso un gentiluomo attaccabrighe

già al seguito del duca di Norfolk.

RE

Ho io una lingua per condannare a morte mio fratello

e quella lingua dovrà concedere la grazia a uno schiavo?

Mio fratello non uccise nessuno; la sua colpa era solo un pensiero,

e tuttavia il suo castigo è stato una morte crudele.

Chi ha intercesso per lui con me? Chi, mentre ero furioso,

mi s’è inginocchiato ai piedi invitandomi a riflettere?

Chi ha parlato di fratellanza? Chi ha parlato d’amore?

Chi m’ha ricordato che il poveretto disertò

il potente Warwick per battersi al mio fianco?

Chi m’ha ricordato che, nel campo di Tewkesbury,

quando Oxford m’aveva messo a terra, egli accorse in mio aiuto

e disse «caro fratello, vivi e sii re»?

Chi m’ha ricordato come egli, mentre vegliavamo entrambi, sdraiati sul campo,

quasi gelati a morte, mi riparò coi suoi stessi panni

ed espose se stesso, fragile e nudo, al freddo agghiacciante della notte?

Tutto questo dalla memoria l’ira bestiale

aveva colpevolmente divelto e non uno di voi

ebbe tanta grazia da rammentarmelo.

Ma quando i vostri carrettieri o i vassalli al vostro servizio

hanno commesso, ubriachi, un omicidio, e sfigurato

la preziosa immagine del nostro diletto Redentore,

eccovi subito in ginocchio ad implorare «Grazia, grazia!»

Ed io, anche se ingiustamente, devo concedervela.

Ma per mio fratello, nessuno volle parlare

e neppure io, implacabile, parlai a me stesso

per lui, sventurato. I più orgogliosi fra voi tutti

gli siete stati debitori mentre era in vita,

eppure non uno di voi ha implorato una sola volta la grazia per la sua vita.

O Dio, temo che la tua giustizia chiederà conto di questo

a me, a voi, ai miei, ai vostri.

Andiamo, Hastings, sorreggimi fino alla mia camera.

Ah, povero Clarence!

Escono alcuni col re e la regina.

RICCARDO

Ecco i frutti della precipitazione: non avete osservato

come i parenti colpevoli della regina

sono impalliditi quando hanno sentito della morte di Clarence?

Oh, sono stati loro ad incitare incessantemente il re:

Dio ne farà vendetta. Suvvia, signori, andiamo

a consolare Edoardo con la nostra compagnia.

BUCKINGHAM

Seguiamo vostra Grazia. Escono.

ATTO SECONDO – SCENA SECONDA

Entra la vecchia Duchessa di York con i due figli di Clarence.

BAMBINO

Nonna cara, diccelo, è morto nostro padre?

DUCHESSA

No, bambino mio.

BAMBINA

Perché allora stai sempre a piangere e a batterti il petto

e ad esclamare «O Clarence, figlio mio infelice»?

BAMBINO

Perché ci guardi e scuoti il capo

e ci chiami orfani, sventurati, derelitti,

se il nostro nobile padre è vivo?

DUCHESSA

Nipotini cari, mi fraintendete tutt’e due:

io mi lamento per la malattia del Re,

perché non vorrei perderlo, non per la morte di vostro padre;

sarebbe dolore sprecato piangere uno che è perduto.

BAMBINO

Allora, nonna, riconosci ch’è morto;

la colpa è del re mio zio.

Dio lo vendicherà, ed io a questo scopo

non cesserò d’importunarlo con ardenti preghiere.

BAMBINA

Lo stesso farò io.

DUCHESSA

Tacete, bambini, tacete; il re vi vuole sicuramente bene;

inesperti ed ingenui innocenti,

non potete indovinare chi ha provocato la morte di vostro padre.

BAMBINO

Sì che lo possiamo, nonna; giacché il buon zio Gloucester

m’ha detto che il re, aizzato dalla regina,

ha inventato delle accuse per imprigionarlo;

e, nel dirmelo, mio zio piangeva

e mi commiserava e mi baciava affettuosamente sulle guance.

Egli m’invitò a contar su di lui come fosse mio padre,

ché egli m’avrebbe amato teneramente come un figlio.

DUCHESSA

Ah, che l’Inganno deva assumere una forma così suadente

e nascondere sotto una maschera così virtuosa il Vizio più nero!

Egli è figlio mio, purtroppo, e perciò la mia vergogna;

eppure non succhiò dal mio seno questa perfidia.

BAMBINO

Pensi che mio zio facesse finta, nonna?

DUCHESSA

Sì, bimbo mio.

BAMBINO

Non posso crederlo. Senti, che rumore è questo?

Entra la regina Elisabetta, coi capelli scompigliati, seguita da Rivers e Dorset.

ELISABETTA

Ah, chi potrà impedirmi di lamentarmi e di piangere,

d’imprecare alla mia sorte e di tormentarmi?

Mi alleerò alla nera disperazione contro la mia anima

e diverrò la nemica di me stessa.

DUCHESSA

Che significa questa scena di incivile scompostezza?

ELISABETTA

Che conchiude un atto di tragica violenza.

Edoardo, il mio signore, tuo figlio, il nostro re, è morto.

Perché i rami continuano a crescere quando la radice è spezzata?

Perché le foglie non si seccano, private della loro linfa?

Se volete vivere, piangete; se morire, sbrigatevi,

sicché i nostri cuori possano con ali veloci raggiungere quello del re

e seguirlo, da sudditi obbedienti,

nel suo nuovo regno della immutabile notte.

DUCHESSA

Ah, ho altrettanta ragione di partecipare al tuo

quanto ebbi titoli da vantare sul tuo nobile marito. dolore

Io ho pianto la morte d’un ottimo consorte

e sono vissuta contemplando le sue immagini;

ma adesso due specchi delle sue sembianze principesche

son frantumati da morte maligna.

Ed io, per consolazione, non ho che uno specchio menzognero

che mi contrista quando vedo in lui riflessa la mia vergogna.

Tu sei vedova – e tuttavia sei madre

e t’è rimasto il conforto dei tuoi figli;

ma la morte m’ha rapito dalle braccia il marito

e strappato dalle deboli mani due grucce,

Clarence ed Edoardo. O quante ragioni ho io,

poiché il tuo dolore è soltanto una metà del mio,

di superare i tuoi lamenti e soffocare le tue grida.

BAMBINO

Ah, zia, tu non hai pianto per la morte di nostro padre;

come possiamo aiutarti noi con le nostre lacrime di nipoti?

BAMBINA

Il nostro pianto di orfani rimase privo di commiserazione:

che il tuo dolore di vedova rimanga ugualmente senza compianto.

ELISABETTA

Non aiutatemi a lamentarmi.

Non mi manca la fecondità di partorire gemiti.

Tutte le fonti incanalano nei miei occhi le loro correnti,

sicché io possa, per influenza dell’acquosa luna,

versare lacrime così copiose da sommergere l’universo.

Ah, marito mio, mio diletto signore Edoardo!

BAMBINI

Ah, padre nostro, nostro diletto signore Clarence!

DUCHESSA

Ahimè per tutt’e due, i miei Edoardo e Clarence!

ELISABETTA

Quale sostegno avevo all’infuori di Edoardo? ed egli è scomparso.

BAMBINI

Quale sostegno avevamo all’infuori di Clarence? ed egli è scomparso.

DUCHESSA

Quali sostegni io avevo all’infuori di loro? ed essi sono scomparsi.

ELISABETTA

Mai vedova patì perdita così crudele.

BAMBINI

Mai orfani patirono perdita così crudele.

DUCHESSA

Mai madre patì perdita così crudele.

Ahimè, io son la madre di questi lutti:

i loro dolori sono suddivisi, il mio li comprende tutti.

Ella piange per un Edoardo, ed io lo stesso;

io piango per un Clarence, ma non lei;

questi bimbi piangono per un Clarence, ed io lo stesso;

io piango per un Edoardo, ma non loro.

Ahimè, voi tre su me, tre volte affranta,

versate tutte le vostre lacrime. Io son la nutrice del vostro dolore

e lo sazierò di lamenti.

DORSET

Cara madre, consolatevi; a Dio molto dispiace

che accogliate con ingratitudine la Sua opera.

Nelle ordinarie faccende del mondo, si chiama ingratitudine

ripagare di mala voglia un debito

che ci è stato concesso gentilmente con mano generosa;

tanto più, volersi opporre al Cielo

perché vi chiede la restituzione del suo regale prestito.

RIVERS

Signora, pensate da madre sollecita

al principe vostro figlio; fatelo venire subito;

che sia incoronato; in lui vive la vostra consolazione.

Annegate il dolore straziante nella tomba del defunto Edoardo,

e piantate le vostre gioie sul trono dell’Edoardo vivente.

Entrano Riccardo, Buckingham, Stanley conte di Derby, Hastings e Ratcliffe.

RICCARDO

Sorella, fatevi coraggio; noi tutti abbiamo motivo

di lamentare l’ottenebrarsi della nostra fulgida stella.

Ma nessuno può rimediare ai nostri mali col lamentarli.

Signora madre, vi chiedo perdono.

Non avevo visto vostra Grazia. Umilmente, in ginocchio,

imploro la vostra benedizione. [Si inginocchia].

DUCHESSA

Dio ti benedica ed infonda mansuetudine nel tuo cuore;

amore, carità e il sincero dovere dell’obbedienza.

RICCARDO

Così sia [s’alza, tra sé] e mi faccia morire vecchio e buono…

questa è la coda della benedizione d’una madre;

mi stupisce che sua Grazia l’abbia omessa.

BUCKINGHAM

Voi, mesti principi e nobili Pari affranti,

gravati dal pesante fardello del dolore,

rianimatevi l’un l’altro nell’affetto reciproco.

Sebbene abbiamo consumato il raccolto di questo re

ci rimane da mietere quello del figlio di lui.

L’astiosa frattura dei vostri odi traboccanti,

appena di recente, bendata, saldata e ricomposta,

ha bisogno d’esser protetta, lenita e mantenuta.

Mi sembra conveniente che, con una piccola scorta,

il giovane principe sia immediatamente accompagnato da Ludlow

qui a Londra, per esser incoronato re.

RIVERS

Perché con una piccola scorta, monsignore di Buckingham?

BUCKINGHAM

Diamine, signore, onde evitare che, con una numerosa,

la ferita del rancore appena rimarginata si riapra;

ciò che sarebbe tanto più pericoloso

in quanto il governo è ancora nuovo e inesperto.

Là dove ogni cavallo dispone della briglia del comando

e può andar nella direzione che più gli aggrada,

andrebbero evitati, a parer mio, sia il timore di offese

sia offese manifeste.

RICCARDO

Spero che il re abbia stabilito la pace fra tutti noi,

e in me il patto è saldo e sincero.

RIVERS

Altrettanto lo è in me e così, credo, in noi tutti;

giacché esso, però, è soltanto recente, non dovrebbe esser esposto

al rischio probabile che venga violato,

come potrebbe forse comportare una grossa scorta.

Perciò dico, col nobile Buckingham,

conviene che solo in pochi si vada a prendere il principe.

HASTINGS

E così dico io.

RICCARDO

Sia dunque così e andiamo a decidere

chi debba affrettarsi subito a Ludlow.

Signora madre e voi, sorella, volete venire

a darci il vostro consiglio in questa faccenda?

ELISABETTA E LA DUCHESSA

Con tutto il cuore.

Escono tutti tranne Buckingham e Riccardo.

BUCKINGHAM

Monsignore, chiunque parta per raggiungere il principe,

per amor di Dio, noi non rimaniamocene a casa;

lungo la strada, infatti, troverò il modo,

come prologo alla trama di cui abbiamo testé parlato,

di separare dal principe gli orgogliosi parenti della regina.

RICCARDO

Oh, altro me stesso, concistoro dei miei segreti,

mio oracolo, profeta, caro cugino:

mi lascerò guidare da te come un bambino;

a Ludlow, dunque, ché non resteremo indietro.

Escono.

ATTO SECONDO – SCENA TERZA

Entra da una porta un Cittadino e, da un’altra, un altro.

I CITTADINO

Buongiorno, vicino. Dove andate così in fretta?

II CITTADINO

Non lo so nemmeno io, lo confesso.

Avete sentito le notizie che circolano?

I CITTADINO

Sì, che è morto il re.

II CITTADINO

Brutta notizia, per Maria Vergine; di rado se ne sentono di migliori.

Ho paura che si prepari un mondo da far venire le vertigini.

Entra un altro Cittadino.

III CITTADINO

Dio vi conservi, vicini.

I CITTADINO

E a voi dia il buongiorno, signore.

III CITTADINO

È vera la notizia della morte del buon re Edoardo?

II CITTADINO

Sì, signore, purtroppo; ora, Dio ci assista.

III CITTADINO

Allora, signori, preparatevi a vedere un mondo turbolento.

I CITTADINO

No, no; per grazia di Dio regnerà suo figlio.

III CITTADINO

Guai alla terra che è governata da un bambino.

II CITTADINO

In lui c’è speranza d’un governo –

e durante la sua minore età, il Consiglio di reggenza

e, quando egli avrà maturato pienamente gli anni, lui stesso allora

senza dubbio, governerà bene.

I CITTADINO

In questa situazione si trovava lo stato quando Enrico VI

fu incoronato a Parigi a soli nove mesi d’età.

III CITTADINO

In questa situazione? No, no, amici cari, lo sa Dio.

Giacché allora questo paese era rinomato per abbondanza

di gravi avveduti consiglieri; allora il re

aveva zii virtuosi a proteggere sua Grazia.

I CITTADINO

Diamine, anche questo ce l’ha, sia per via paterna che materna.

III CITTADINO

Meglio sarebbe che gli venissero tutti dal padre

o che da parte paterna non ce ne fosse nessuno;

giacché le loro rivalità su chi adesso dovrà esser più vicino al re

toccheranno noi tutti troppo da vicino. Dio non voglia…

Oh, il duca di Gloucester è pericolosissimo

e i figli e i fratelli della regina, arroganti e superbi;

purché essi non governassero, ma fossero governati,

questo paese ammalato potrebbe trovar ristoro come prima.

I CITTADINO

Via, via: temiamo sempre il peggio; tutto potrà finir bene.

III CITTADINO

Quando si vedono le nuvole, i saggi indossano il mantello;

quando cadono le grandi foglie, allora l’inverno è vicino;

quando tramonta il sole, chi non s’aspetta la notte?

Le bufere fuori stagione preannunciano una carestia.

Potrà finir tutto bene; ma se Dio così dispone,

è più di quanto meritiamo, o di ciò ch’io prevedo.

II CITTADINO

In verità i cuori degli uomini son pieni di spavento;

è quasi impossibile discutere con qualcuno

che non abbia l’aria triste e piena d’apprensioni.

III CITTADINO

È sempre così alla vigilia di una stagione di mutamenti;

per istinto divino la mente umana avverte oscuramente

un pericolo incombente, così come vediamo per esperienza

che l’acqua si gonfia prima d’un uragano strepitoso.

Ma lasciamo ogni cosa nelle mani di Dio. Dove andate?

II CITTADINO

Diamine, ci ha mandati a chiamare il Tribunale.

III CITTADINO

Anche a me; vi terrò compagnia.

Escono.

ATTO SECONDO – SCENA QUARTA

Entrano l’arcivescovo di York, il duca di York fanciullo, la regina Elisabetta e la duchessa di York.

ARCIVESCOVO

Iersera, si dice che fossero a Stony Stratford

e che stasera fanno sosta a Northampton;

domani, o il giorno dopo, saranno qui.

DUCHESSA

Anelo con tutta l’anima di vedere il principe;

spero sia molto cresciuto dall’ultima volta che lo vidi.

ELISABETTA

Ma mi si dice di no; dicono che mio figlio di York

l’abbia quasi superato in altezza.

YORK

Sì, mamma, ma preferirei di no.

DUCHESSA

Perché, nipote caro? È bello crescere.

YORK

Nonna, una sera mentre sedevamo a cena,

mio zio Rivers parlava di come io crescevo

più di mio fratello, «sì», disse mio zio Gloucester,

«le piante minute hanno bellezza, le erbacce grosse crescon con sveltezza».

E da allora penso che preferirei non crescere svelto,

dato che i fiori profumati son lenti a crescere e l’erbacce fanno in fretta.

DUCHESSA

Per la verità, la massima non s’è avverata

in colui che te l’ha citata.

Quando era piccolo, egli fu la creatura più meschina,

ci mise tanto a crescere e così lentamente

che se fosse vera la sua regola, dovrebbe esser pieno di grazia.

ARCIVESCOVO

E lo è senza dubbio, mia graziosa signora.

DUCHESSA

Spero che lo sia, e nondimeno lasciate che una madre dubiti.

YORK

In fede mia, se me ne fossi ricordato,

avrei potuto dare una stoccata a sua Grazia mio zio

che toccasse più da vicino la sua crescita ch’egli non toccasse la mia.

DUCHESSA

E come, mio piccolo York? Fammela sentire, ti prego.

YORK

Diamine, dicono che mio zio crescesse così presto dalla nascita

che, dopo due ore, già poteva rosicchiare una crosta di pane;

ci vollero più di due anni prima ch’io mettessi un dente.

Nonna, questo sarebbe stato un lazzo mordace!

DUCHESSA

Tesoro mio, ti prego, chi te l’ha raccontato?

YORK

La sua nutrice, nonna.

DUCHESSA

La sua nutrice? Ma come, era morta prima che tu nascessi.

YORK

Se non fu lei, non so chi fu a dirmelo.

ELISABETTA

Che bambino tremendo; va là, sei troppo malizioso.

DUCHESSA

Buona signora, non v’arrabbiate col piccolo.

ELISABETTA

Le pareti hanno orecchie.

Entra un Messo.

ARCIVESCOVO

Ecco che arriva un messaggero. Che notizie?

MESSO

Tali, monsignore, che a riferirle mi si stringe il cuore.

ELISABETTA

Come sta il principe?

MESSO

Bene, signora, in buona salute.

DUCHESSA

Quali sono queste notizie?

MESSO

Lord Rivers e lord Grey

sono stati spediti al carcere di Pomfret

e, con loro, Sir Thomas Vaughan.

DUCHESSA

Chi li ha arrestati?

MESSO

I potenti duchi di Gloucester e di Buckingham.

ARCIVESCOVO

Per quale colpa?

MESSO

Tutto quello che so l’ho comunicato;

per quale motivo o perché i nobili siano stati arrestati,

sono del tutto all’oscuro, mia graziosa signora.

ELISABETTA

Ahimè! Vedo la rovina della mia Casa:

la tigre ha ghermito il mansueto cervo;

l’insolente tirannia comincia a spadroneggiare

sul trono innocente e che non incute timore.

Ben vengano rovina, sangue e massacro;

vedo come in uno specchio la fine d’ogni cosa.

DUCHESSA

Giorni maledetti e di agitata discordia,

quanti di voi i miei occhi hanno contemplato!

Mio marito perse la vita per ottenere la corona

e i miei figli, spesse volte, sono stati sballottati su e giù

facendomi esultare o piangere per le loro fortune o le loro

una volta assestati, dopo che le contese interne sventure;

furono del tutto sbollite, essi stessi, i vincitori,

si fan guerra fra loro, fratello contro fratello,

sangue contro sangue, ognuno contro se stesso. O assurda

e forsennata violenza, cessa la tua furia maledetta.

o ch’io muoia, chiudendo gli occhi per sempre su questa terra.

ELISABETTA

Via via, bambino mio, rifugiamoci nel santuario.

Addio, signora.

DUCHESSA

Aspettate, vengo con voi.

ELISABETTA

Non ne avete il motivo.

ARCIVESCOVO

Mia graziosa signora, andate

e portatevi lì dentro il vostro tesoro e le vostre sostanze.

Per parte mia, rimetterò nelle mani di vostra Grazia

il Sigillo di cui sono custode; e la sorte mi tratti

come io tratterò voi e tutti i vostri.

Andate, vi guiderò nel santuario.

Escono.

Riccardo III
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