Tutto è bene quel che finisce bene – Atto II

(“All’s well that ends well”  1602 – 1603)

Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V

Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali

Tutto è bene quel che finisce bene - Atto II

ATTO SECONDO – SCENA PRIMA

Entra il Re con diversi giovani nobili in partenza per la guerra fiorentina.Bertram e Parolles; inservienti. Trombe.

RE

Arrivederci, giovani signori; mai svalutate

questi dettami militari; anche a voi, signori, arrivederci.

Seguite questo mio consiglio: se ogni parte l’accoglie,

è un dono che si moltiplica secondo la risposta,

ce n’è per tutt’e due.

PRIMO NOBILE

Sire, noi speriamo

di ritornare carichi di esperienza,

e di trovare in buona salute Vostra Grazia.

RE

No, no, non è possibile; anche se in cuor mio

non accetto di aver la malattia

che assedia la mia vita. Alla buon’ora, giovani signori.

Che io viva o muoia, voi fatevi valere

da buoni figli della Francia.Che l’alta Italia –

tolti quelli che si godono gli avanzi

dell’Impero caduto – noti che voi andate

per sposare l’onore, non per corteggiarlo.

Dove i paladini più arditi vengon meno, voi raccogliete,

sì che v’immortali, la fama. Di nuovo, il mio saluto.

PRIMO NOBILE

La salute osservi il desiderio di Sua Maestà!

RE

State in guardia con le donne italiane!

Dicono che quando quelle chiedono, i nostri

non sanno dir di no in buon francese.Badate

di non farvi irretire prima della battaglia.

NOBILI

Il vostro avvertimento sarà legge.

RE

Addio (Agli inservienti) Voi, venite qui.

Si allontana.

PRIMO NOBILE

Peccato, mio dolce signore, che voi restiate qui.

PAROLLES

Non è colpa sua, spiritoso.

SECONDO NOBILE

Splendida, la guerra!

PAROLLES

Eh, magnifica! Io ho visto come.

BERTRAM

E io sto qui di servizio: ho la testa piena

di “troppo giovane”, e “l’anno prossimo”, “è presto”.

PAROLLES

Se c’hai fegato, ragazzo, battitela alla brava.

BERTRAM

Devo restare a trottare sotto la guida di una femmina,

a consumar le scarpe sulla cera,

finché sarà esaurito l’onore, e la spada

servirà solo per il ballo. Giuro su Dio, me la squaglio.

PRIMO NOBILE

È una macchia che ti fa onore.

PAROLLES

Màcchiati, conte.

SECONDO NOBILE

Sarò vostro complice: intanto, addio.

BERTRAM

Sono attaccato a voi, separarmi mi tortura.

PRIMO NOBILE

Addio, capitano.

SECONDO NOBILE

Squisito monsieur Parolles!

PAROLLES

Nobili eroi, lo spirito tagliente ci affratella. Affilati e brillanti, ovvero leghe fini.Nel reggimento degli Spini troverete un tal capitano Spurio, con una cicatrice, emblema di guerra, qui sulla guancia sinistra; gliel’ha fatta questo tagliere qui. Ditegli che son vivo e tenete a mente quel che dice di me.

PRIMO NOBILE

Senz’altro, nobile capitano. Escono i Nobili.

PAROLLES

Marte vi tenga come suoi novizi! (A Bertram) Tu ora che fai?

BERTRAM

Zitto: il Re.

PAROLLES

Dimostra maggiore deferenza verso questi nobili: ti sei tenuto un po’ freddino nei saluti. Sii più cordiale con loro perché sono sulla cresta dell’ora: e di lì sfoggiano il meglio del muoversi, mangiare, parlare, e saper fare sotto l’influsso della stella dominante; volesse dire anche ballare col diavolo, è a loro che bisogna tener dietro.Raggiungili e sii più caloroso nei saluti.

BERTRAM

Lo faccio subito.

PAROLLES

Uomini di valore, ottimi a farsi le ossa con la spada. Escono Bertram e Parolles.

 

Entra Lafew.Il Re si fa avanti.

LAFEW (in ginocchio)

Perdono, Altezza, per me e le mie nuove.

RE

Voglio che tu ti alzi.

LAFEW

Avete davanti un uomo che viene a farsi perdonare.

Sire, vi foste voi inginocchiato a chiedermi mercé,

e potessi, io, ordinarvi così di alzarvi in piedi!

RE

L’avessi fatto! Così ti avrei rotto la capoccia

per farmi perdonare.

LAFEW

Ahi, ahi, vi è andata storta!

Mio buon sire, questo è il punto: volete guarire

della vostra infermità?

RE

No.

LAFEW

Così il Re fa la volpe

che non vuole l’uva? Già, ma l’uva che so io

la mangereste, se la mia volpe reale

potesse prenderla. Ho visto una medicina

capace di dar vita a una pietra, di scuotere una roccia,

di farvi ballare un fandango tutto fuoco –

una semplice goccia può resuscitare Re Pipino, anzi,

fa impugnare la penna al grande Carlomagno

per dichiararsi a lei.

RE

Quale “lei”?

LAFEW

Come? Ma La Sapiente! Sire, è appena giunta,

se vorrete vederla. Ora, per la mia fede e il mio onore,

se riesco a dimostrare la serietà del mio pensiero

col mio leggero eloquio, ho parlato con una persona

che per il sesso che ha, l’età, la professione,

la dottrina e la costanza, mi ha lasciato di stucco

più per sé che per colpa del mio cervello tardo.

La riceverete – lei lo chiede – per conoscerne i piani?

Poi potrete ridere di me.

RE

Avanti, mio buon Lafew,

introduci questa mirabilia, che noi con te

si dia fondo allo stupore, o si dia fondo al tuo

stupendoci che tu sia stupito.

LAFEW

E io vi accontento,

e non ci metto un giorno. Va alla porta.

RE

Sempre così sproloquia del suo grandioso nulla.

LAFEW

Venite pure qui.

Entra Elena.

RE

Una prontezza veramente alata.

LAFEW

Venite, venite avanti.

Ecco Sua Maestà: ditegli quel che dovete.

Avete un’aria che tradisce, ma questi tradimenti

Sua Maestà non li teme. Mi sento tanto zio di Cressida

a lasciar due tutti soli. A presto. Esce.

RE

Dunque, bella mia, cosa avete che ci riguardi?

ELENA

Sì, mio buon signore.

Mio padre era Gerardo di Narbona,

nella sua professione da tutti ben stimato.

RE

Lo conoscevo.

ELENA

Mi risparmia di tesserne le lodi;

conoscerlo basta. Sul suo letto di morte

mi dette molte ricette – una soprattutto,

che, culmine amatissimo della sua dottrina,

e di ogni altra a lui più cara nella sua carriera,

mi disse di custodire con un riguardo in più,

più cara, più protetta dei miei stessi occhi.

L’ho fatto, e udendo che Vostra Maestà è afflitto

da quel male per la cui cura si raccomanda proprio

la proprietà del dono del mio caro padre,

vengo a somministrarlo con la mia esperienza

in tutta e devotissima umiltà.

RE

Ti ringraziamo, ragazza,

ma non confidiamo più che esista alcuna cura,

poiché i nostri medici più dotti ci abbandonano

e l’accademia intera ha concluso

che l’arte medica non può riscattare la natura

da condizioni incurabili. Dico insomma che non si deve

macchiare il nostro giudizio o distorcere la speranza

così da prostituire il nostro male irreversibile

ai ciarlatani, dissociando il nostro grande nome

dalla sua integrità, e dando la patente di valore

a un rimedio insensato, non essendoci rimedio che abbia senso.

ELENA

Il dovere mi ripagherà di quanto ho fatto.

Non v’imporrò più a lungo i miei servigi,

chiedo solo fra tutti i vostri pensieri

uno la cui modestia possa portar con me.

RE

Non posso darti meno, per onor di gratitudine.

Tu hai creduto di aiutarmi, e io ti debbo grazie

come uno in punto di morte a chi gli augura vita.

Ma tu non sai niente di quello ch’io ben so;

tu non conosci i mezzi, io conosco la fine.

ELENA

Non fa male provare quel che posso fare,

visto che avete puntato tutto contro ogni rimedio.

Chi è artefice delle opere più grandi

spesso le compie per mezzo dei più deboli.

Le Scritture mostrano che il giudizio è dei bambini,

mentre i giudici fanno i bambini; correnti immani discendono

da esigue fonti; grandi mari si sono prosciugati

mentre i più grandi negavano i miracoli.

Spesso l’aspettativa è delusa, più spesso

là dove promette di più, e spesso arride

dove si è raffreddata la speranza e vige la disperazione.

RE

Non devo ascoltarti. Addio, gentile signorina.

Dovrai appagarti di esserti data pensiero inutilmente:

offerte rifiutate raccolgono solo un grazie per compenso.

ELENA

Così d’un fiato si soffoca il merito ispirato.

Non avviene da Lui che sa tutte le cose,

solo da noi che fondiamo il giudizio sull’esterno;

ma è il massimo della presunzione in noi

vedere la mano del cielo come azioni dell’uomo.

Caro signore, date l’assenso alla mia impresa.

Date mandato al cielo, non a me.

Non sono un impostore, che canta

vittoria prima di prendere la mira,

ma so di credere, e credo di saper per certo

che il mio talento non è senza potere, né voi senza potere di guarire.

RE

Ne sei così sicura? Quanto ti ci vorrà

per potermi guarire?

ELENA

Se Dio mi fa la grazia,

prima che i cavalli del sole abbiano portato

due volte il fiammante carro sul suo giro diurno,

prima che il vaporoso Espero nella cupa bruma d’occidente

abbia due volte spento la sua assonnata lampada,

o che la clessidra del timoniere abbia dichiarato

ventiquattro volte il passare dei furtivi minuti,

la parte inferma di voi fuggirà dalle sane:

viva vivrà salute, morirà libero il male.

RE

Su questa tua certezza e sicurezza

qual è la posta che punti?

ELENA

L’accusa di impudenza,

di sfrontatezza da sgualdrina, pubblica vergogna;

il mio nome di vergine corrotto in ballate turpi,

marchiato in mille modi – ma, ancora di più,

che la mia vita abbia fine dopo immani torture.

RE

Penso che in te uno spirito divino comunichi

la sua possente eco per voce di un organo debole:

quello che l’impossibile sopprimerebbe nel senso comune,

lo salva il senso in un’altra direzione.

La tua vita è cara, perché quanto la vita considera

degno del nome di vita ha valore in te:

gioventù, bellezza, saggezza, coraggio – tutto quello

che felicità e freschezza chiamano felice.

Per arrischiare tutto devi avere in te

un enorme ingegno, o essere infinitamente disperata.

Dolce guaritrice, metterò alla prova la tua ricetta,

che se io muoio ti prescriverà la morte.

ELENA

Se non rispetto la scadenza o non osserverò

tutto quello che ho detto, ch’io abbia morte spietata;

sarà meritata.Se non vi curo, morte è il mio compenso;

ma se vi curo, cosa mi promettete?

RE

Chiedi.

ELENA

Ma vi terrete fede?

RE

Sì, per il mio scettro e il mio destino in cielo.

ELENA

Allora mi darai con la tua mano regale

quel marito, tuo suddito, che io chiederò;

lungi da me la presunzione

di scegliere fra chi abbia il sangue reale di Francia

per coniugare il mio nome umile e basso

con qualunque ramo o immagine della tua dinastia.

Sarà quello, dei tuoi vassalli, che saprò

sarà data a me libertà di chiedere, a te di concedere.

RE

Ecco la mia mano; a patto mantenuto,

il tuo volere sarà seguito dal mio atto.

Fissa dunque il giorno, perché io,

tuo convinto paziente, mi affido tutto a te.

Dell’altro dovrei chiederti, devo,

anche se sapere di più non aumenterà la mia fiducia:

da dove vieni, con quale scorta – ma sii

benvenuta senza domande, e benedetta senza altri dubbi.

– Oh, voi, aiutatemi! – Se sarai conseguente

alla tua parola, i miei atti rispecchieranno i tuoi.

Squilli. Escono.

ATTO SECONDO – SCENA SECONDA

Entrano la Contessa e il Clown.

CONTESSA

Avanti, signore.Adesso esaminerò la qualità del tuo portamento.

CLOWN

Quanto a figura sono bello pieno ma scarso a maniere.Per quello che mi serve a corte!

CONTESSA

A corte! Perché, che posto vorresti, che parli di questo con tanto disprezzo? Che mi serve a corte!

CLOWN

Eppure è vero, signora, chi Dio ha fornito di buone maniere a corte le può far brillare.Chi non sa fare l’inchino, far tanto di cappello, far baciamano, non spiccicar parola, non ha né gambe, né mani, labbra, cappello; insomma, uno così non è proprio fatto per la corte.Ma io, una risposta ce l’ho che va bene per tutti.

CONTESSA

Madonna, dev’essere una risposta prosperosa se va bene per ogni tipo di domanda!

CLOWN

È come la sedia del barbiere che va bene per ogni tipo di sedere: sedere pizzuto, sedere posato, sedere prestante, sedere purchessia.

CONTESSA

Ma è vero che la tua risposta va bene per tutte le domande?

CLOWN

Certamente, come fior di quattrini per la mano dell’avvocato, come il mal francese per la zoccola sgargia, come l’anello della pastorella per l’indice del villano, come la frittella per il martedì grasso, la moresca per il primo maggio, il chiodo per il buco, il becco per le sue corna, l’acida sgualdrina per il pappone manesco, il labbro della monaca per la bocca del frate – più di tutto, come il salsicciotto per la sua pelle.

CONTESSA

Come dico, hai una risposta di questa fatta per tutte le domande?

CLOWN

Che va bene per ogni domanda: da chi sta sotto al duca a chi lo mette sotto il commissario.

CONTESSA

Dev’essere una risposta di dimensioni mostruose per star dentro a tutte le esigenze.

CLOWN

M’è testimone Iddio, tutto il contrario: per dirla coi dotti, una bagattella. Ecco qua: insieme al companatico. Chiedetemi se sono un cortigiano – non fa mai male imparare.

CONTESSA

A ritornare giovani, se si potesse!, ti farei una domanda da gonzi, sperando di diventare saggia con la tua risposta: “Scusate, signore, siete un cortigiano?”.

CLOWN

Alla grazia, signore! -Ecco un modo semplice di scapolarsela. – Forza, di più! Cento come queste.

CONTESSA

Signore, sono un vostro povero amico che vi ama.

CLOWN

Alla grazia, signore! – Fitte fitte, senza riguardo.

CONTESSA

Signore, credo che questa cucina alla buona sia indegna di voi.

CLOWN

Alla grazia, signore! – Forza, vi dico, mettetemi alla prova.

CONTESSA

Signore, ho l’impressione che siate stato appena fustigato.

CLOWN

Alla grazia, signore! – Senza riguardo.

CONTESSA

Così, a ogni frustata, gridi “Alla grazia, signore” e “senza riguardo”? Quel tuo “alla grazia!” si adatta bene a una frustata: risponderesti a tono a una fustigazione se ti ci sentissi vincolato.

CLOWN

Non ho mai avuto peggior sfortuna nella mia vita che col mio “alla grazia!” – ho capito che certe cose vanno bene per un po’, ma non per sempre.

CONTESSA

Uso il mio tempo come ogni nobile massaia:

lo passo in allegria con un buffone!

CLOWN

Alla grazia, signore! – Funziona ancora bene.

CONTESSA

Ora basta, signore! Alle faccende: consegna a Elena questo

e chiedile di rispondervi immediatamente.

Salutami i miei congiunti e mio figlio.

Non è molto.

CLOWN

Non molto come saluto a loro?

CONTESSA

Non molto da fare per te. Ci sei?

CLOWN

Molto proficuamente: ci son dentro prima dei piedi.

CONTESSA

E torna subito. Escono.

ATTO SECONDO – SCENA TERZA

Entrano Bertram, Lafew e Parolles.

LAFEW

Dicono che i miracoli non si fanno più, che ora ci sono tanto di filosofi che mettono sull’ordinario di tutti i giorni le cose soprannaturali e senza spiegazione.Perciò ridiamo del terrore, facendoci forti di un sapere fasullo e invece dovremmo avere più rispetto per il timore dell’ignoto.

PAROLLES

Come no – è l’argomento di meraviglia più straordinario che fa rumore da un po’ di tempo a questa parte.

BERTRAM

Eh sì.

LAFEW

Se ne sono lavati le mani, gli esperti…

PAROLLES

Appunto… sia i galenici che i paracelsici.

LAFEW

Tutti i professoroni qualificati…

PAROLLES

Dico bene.

LAFEW

Che l’hanno dato per incurabile…

PAROLLES

Preciso, lo dico anch’io.

LAFEW

Un caso irreparabile.

PAROLLES

Già – come uno che gli resta solo…

LAFEW

Vita incerta e morte sicura.

PAROLLES

Giusto, dite bene. Avrei detto lo stesso.

LAFEW

Cosa inaudita, se posso dirlo.

PAROLLES

Davvero.Se volete vederci chiaro e tondo, leggete quel comesichiama lì.

LAFEW

Dove si mostra l’operare celeste in un agente terreno.

PAROLLES

Preciso – proprio quello avrei detto.

LAFEW

Guardalo: pimpante come un delfino. Cribbio, voglio dire quanto a…

PAROLLES

Già, è strano, stranissimo, a volerlo esaminare sotto tutti i profili – bisogna essere giusto dei facinorosi per non volerci vedere…

LAFEW

La mano stessa del cielo.

PAROLLES

Come dico io.

LAFEW

Che mostra nel più debole…

PAROLLES

E caduco suo agente, tanto potere, tanta trascendenza da dover pensare che la muova un’azione più ampia della sola guarigione del Re, e da essere…

LAFEW

Universalmente grati.

Entrano il Re, Elena e persone al seguito.

PAROLLES

Dite bene: lo volevo dire io.Ecco il Re.

LAFEW

Lustique, come dicono i tedeschi.Avrò sempre più voglia di ragazze finché avrò in testa quel dente fisso.Ma guardalo: sarebbe tipo da farle ballar la tarantella.

PAROLLES

Mort du vinaigre! Ma non è Elena?

LAFEW

Quant’è vero Dio, penso di sì.

RE

Andate, voglio qui da me tutti i nobili a corte.

Esce un servo.

Siediti, mia salvatrice, a fianco del tuo paziente,

e da questa mano risanata, cui tu hai restituito

la sensibilità perduta, ricevi una seconda volta

la conferma del dono da me promesso,

che attende solo che tu gli dia nome.

Entrano quattro Nobili.

Bella fanciulla, guardati intorno.Questo fresco manipolo

di nobili celibi a discrezione posso io concedere,

e userò con loro potere sovrano e autorità paterna.

Fai la tua libera scelta:

tu hai potere di scegliere, loro solo di non rifiutare.

ELENA

A ciascuno di voi, amor lo voglia, tocchi

una sposa bella e virtuosa! Oddio, a tutti tolto uno!

LAFEW

Darei il mio cavallo baio e tutti i finimenti

per avere in bocca il morso di quei ragazzi,

a costo della nomea di imberbe.

RE

Osservali per bene.

Non ce n’è uno che non abbia un padre nobile.

Elena si rivolge ai Nobili.

ELENA

Signori,

il cielo per mia mano ha ridato la salute al Re.

TUTTI I NOBILI

Lo sappiamo, e ringraziamo il cielo per voi.

ELENA

Io sono una semplice vergine, con una gran ricchezza:

poter dire a voce alta di essere semplicemente vergine.

Vostra Maestà me lo consenta: ho finito.

Il rossore sulle guance mi sussurra:

“Arrossisco alla tua scelta, ma, se sarai rifiutata,

ti resti per sempre sulle guance la bianca morte:

io non ci torno più”.

RE

Fai la tua scelta, e poi vediamo:

chi rinuncia al tuo amore, rinuncia a tutto il suo amore per me.

ELENA

Ora, Diana, io fuggo dal tuo altare,

e si affrettano i miei sospiri al dio più alto,

Amore imperiale. (Al Primo Nobile) Signore, ascolterete la mia richiesta?

PRIMO NOBILE

E l’accoglierò.

ELENA

Grazie, signore. Altro non ho da dire.

LAFEW

Preferirei giocare a questa scelta che rischiare la vita su un ambo di assi.

ELENA (al Secondo Nobile)

Signore, l’onore che infiamma i vostri begli occhi

prima ch’io parli, risponde troppo minaccioso.

Amore vi dia fortune venti volte maggiori

di lei che ve lo augura, e del suo umile amore!

SECONDO NOBILE

Di più non chiedo.

ELENA

Accettate il mio augurio,

che il grande Amore lo realizzi. E ora vi lascio.

LAFEW

La rifiutano tutti? Fossero figli miei li farei frustare, o li manderei dal Gran Turco a farne fare eunuchi.

ELENA (al Terzo Nobile)

Non abbiate timore che io prenda la vostra mano;

non vi farei mai del male, per il vostro bene.

Dio benedica i vostri voti, e se mai vi sposiate

trovate a letto una miglior fortuna!

LAFEW

Questi sono figli del ghiaccio: nessuno che la voglia. Sicuro: sono bastardi di inglesi; non li hanno fatti dei francesi!

ELENA (al Quarto Nobile)

Voi siete troppo giovane, troppo felice, troppo buono

per concepire un figlio del mio sangue.

QUARTO NOBILE

Bella mia, non lo credo.

LAFEW

Butta ancora un vitigno: di sicuro tuo padre era un buon bevitore. Ma se non sei un fior d’asino, io sono un quattordicenne: ti ho bel che capito.

ELENA (a Bertram)

Non oso dire che vi prendo, solo che affido

me e i miei servigi, finché avrò vita,

alla vostra autorevole guida. – È lui.

RE

E allora, giovane Bertram, prendila: è tua moglie.

BERTRAM

Mia moglie, sire! Supplico Vostra Altezza

che in questo caso mi consenta

di far uso del giudizio dei miei occhi.

RE

Non sai,Bertram,

cosa ha fatto per me?

BERTRAM

Sì, mio buon signore,

ma non posso sperare di sapere perché dovrei sposarla.

RE

Tu sai che mi ha rimesso in piedi dal mio letto di dolore.

BERTRAM

Ma è logico, signore, che per voi rimesso in piedi

io mi debba buttar giù? Io la conosco bene:

la sua istruzione gliel’ha pagata mio padre.

Mia moglie la figlia di un povero medico?

Meglio che il rifiuto mi condanni a vita!

RE

È solo il nome che tu rifiuti di lei, ma questo

sta a me elevarlo. È strano: il nostro sangue,

mescolato insieme, per colore, peso e calore,

risulterebbe del tutto uniforme, eppure

sembrano separarlo differenze enormi.Se lei

è quel che si dice la virtù – salvo quello che non ti piace:

che sia figlia di un povero medico – è segno che non ti piace

la virtù per il suo nome. Ma sbagli.

Quando esempi di virtù provengono dal più basso strato,

lo strato stesso è nobilitato dai modi di chi li compie.

Quando siamo gonfi di titoli e privi di virtù,

l’onore è idropico.Il bene è bene come è,

senza alcun nome: e così il male;

la qualità va presa per quel che è,

non per il titolo.Lei è giovane, saggia, bella;

come tale è erede diretta della natura,

e di qui si genera il suo onore.L’onore

che fa valere l’onore della schiatta

ed è impari ai padri è la vergogna dell’onore.

L’onore cresce quando deriva dalle nostre azioni

invece che dai nostri antenati.Quando è solo parola

fa la sua guardia sbracata sulla pietra delle tombe:

bugia pomposa e molto spesso muta,

mentre le ossa del vero onore hanno per tomba

polvere e miserando oblio. Che cosa dire?

Se puoi volerle bene come è,

io farò il resto.Lei porta in dote

se stessa e la virtù: l’onore e la ricchezza l’avrà da me.

BERTRAM

Non posso amarla né mi sforzerò di farlo.

RE

Faresti torto a te stesso sforzandoti di scegliere da te.

ELENA

Sono lieta, sire, che vi siate così ben ristabilito.

Non vi curate d’altro.

RE

È in gioco il mio onore – per difenderlo

devo tirar fuori il mio potere.Avanti, prendila per mano,

giovane altero: per le tue ripicche indegno del suo dono.

Tu stai provando, con bassi cavilli, a ingabbiare

il mio affetto e i suoi meriti. Non arrivi a capire

che, con il nostro peso sul suo piatto perdente,

il tuo salirà fino al soffitto? Non sai che sta in noi

piantare il tuo onore dove più ci va che cresca?

Frena il tuo disprezzo, obbedisci al nostro volere,

che lavora per te; non dar retta ai tuoi pregiudizi, ma

da’ subito ascolto alle tue fortune e osserva l’obbedienza,

che il tuo dovere impone e il nostro potere esige.

Altrimenti ti bandirò per sempre dal mio pensiero

alle incertezze e alla rovina temeraria

della gioventù e dell’ignoranza, scatenandoti addosso

in nome della giustizia la mia vendetta e il mio odio

senza quartiere.Parla. La tua risposta.

BERTRAM

Vi chiedo perdono, Vostra Grazia, e assoggetto

la mia intemperanza al vostro giudizio.Quando penso

come il vostro possente genio amministra onore

a un vostro cenno, trovo che lei, che fino a poco fa

aveva il più basso dei miei nobili pensieri, ora è

la prescelta del Re.Con questa levatura

è come se avesse nobili natali.

RE

Prendila per mano

e dille che è tua.Io le prometto

un adeguato contrappeso alle tue fortune,

se non peso maggiore.

BERTRAM

Accetto la sua mano.

RE

La buona fortuna e il favore del Re

arridano a questo contratto, la cui cerimonia,

simultanea a questo mio mandato,

sia celebrata stasera.Il banchetto d’onore

dovrà aspettare ancora un po’

che arrivino gli invitati di fuori. Se l’amerai

per me il tuo amore sarà sacrale, sennò miscredente.

Escono tutti, fuorché Parolles e Lafew, che si trattengono a commentare le nozze.

LAFEW

Monsieur, permettete una parola?

PAROLLES

A piacer vostro, signore.

LAFEW

Il vostro signore e padrone ha fatto bene a ricredersi.

PAROLLES

Ricredersi! Il mio signore! Il mio padrone!

LAFEW

Certo.Che, non parlo chiaro e tondo?

PAROLLES

E di brutto, che a voler sentire ne scorrerebbe di sangue! Il mio padrone!

LAFEW

Sei proprio tutto per il Conte di Rossiglione.

PAROLLES

Per un Conte, per tutti i Conti, per chi sia uomo.

LAFEW

Sì, uomo di Conto; ma se è il padrone del Conte, è un altro paio di maniche.

PAROLLES

Siete troppo vecchio, signore; vi piaccia o no, siete troppo vecchio.

LAFEW

E io ti dico, giovanotto, che questo qui è un uomo: un titolo che a te non lo dà neanche la vecchiaia.

PAROLLES

Non oso fare cose che farei troppo facilmente.

LAFEW

A tavola ho pensato un paio di volte che tu fossi in gamba: ti passavo le arie che ti davi conversando di viaggi, anche se le sciarpe e le mostrine che portavi addosso più di una volta mi avevano fatto ricredere ad abbondanza che tu fossi un vascello di grossa stazza.Ora ti ho smascherato: meglio perderti che trovarti.Che non sai fare altro che appiccicarti addosso: ma chi lo vuole uno così?

PAROLLES

Se tu non avessi il favore della vetustà…

LAFEW

Non t’affannare troppo con le furie ché affretti la resa dei conti, e allora… Dio abbia pietà delle tue penne! Dunque addio, mio bel pertugio: non c’è bisogno di aprirteli i battenti, ti si vede dentro.Qua la mano.

PAROLLES

Signor mio, mi rendete egregissimo irrispetto.

LAFEW

E di tutto cuore, secondo i tuoi meriti.

PAROLLES

Ma io, mio signore, non l’ho proprio meritato.

LAFEW

Sì, perbacco, fino all’ultimo grammo, e non te ne sconto uno spicciolo.

PAROLLES

Bene, ci metterò rimedio.

LAFEW

E fallo subito, perché altrimenti ne avrai da ingoiare! Se con quella sciarpa ti ci legheranno e te le daranno sode, vedrai cosa vuol dire farsi vanto dei propri legami.Ho voglia di continuare a frequentarti, o, piuttosto, a conoscerti; giusto per poter dire, quando sarai in giudizio, “io lo conosco bene”.

PAROLLES

Signore, mi arrecate un intollerabile tormento.

LAFEW

Vorrei per il tuo bene che fossero le pene dell’inferno, avessi il talento di eternarle; è che il far durare mi è passato, come ti passo ora accanto con la lestezza che resta alla vecchiaia.        Esce.

PAROLLES

Ma ce l’hai un figlio che mi risponderà di questa onta, vecchio scorbutico, pezzente d’un signore! Devo aver pazienza, non si manda in prigione l’autorità. Lo picchierò, per la mia vita, se mi capita davanti nel momento giusto, fosse anche quattro volte signore.Non avrò più pietà per la sua vecchiaia di quanta ne avrei per…La prima volta che lo vedo lo picchio.

Entra Lafew.

LAFEW

Giovanotto, nuove per te: il tuo signore e padrone ha preso moglie: ora hai anche una padrona.

PAROLLES

Supplico sentitamente Vostra Signoria di voler raffrenare il proprio scherno.Lui è solo il mio buon signore: il padrone che servo sta lassù.

LAFEW

Chi? Dio?

PAROLLES

Sissignore.

LAFEW

È il diavolo il tuo padrone! Perché le giarrettiere le metti           alle braccia? Porti le calze al posto delle maniche? È lo stile di tutti i servitori? Perché non porti anche il naso di sotto al posto di quello di sopra? Sul mio onore, se avessi anche solo due ore di meno te le suonerei.Quello che so è che sei un’offesa per tutti, e tutti dovrebbero dartele: scommetto che sei stato creato per far mettere i muscoli alla gente.

PAROLLES

È un trattamento duro e immeritato, signore.

LAFEW

Ma lascia stare, signore. In Italia sei stato menato per il furto di un chicco di melograno; ti dai arie da viaggiatore, sei solo un vagabondo: sei più insolente con i nobili e i personaggi di riguardo di quanto non te ne diano diritto la tua nascita e il tuo valore. Non meriti una parola di più, sennò ti chiamerei canaglia. Ti lascio. Esce.

Entra Bertram.

PAROLLES

Bene, benissimo, dunque è così.Bene, benissimo: teniamolo segreto per un po’.

BERTRAM

Rovinato, messo in croce per sempre!

PAROLLES

Che succede, carissimo?

BERTRAM

Con tutto il giuramento solenne davanti al sacerdote

a letto non la porto.

PAROLLES

Come, come, carissimo?

BERTRAM

O mio Parolles, me l’hanno imposto di sposarla!

Io vado in guerra in Toscana: con lei a letto non vado.

PAROLLES

La Francia è un posto da cani: non merita

che un uomo ci metta piede. Alla guerra!

BERTRAM

C’è una lettera di mia madre: non so ancora che dice.

PAROLLES

Lo saprai poi.Alla guerra, ragazzo, alla guerra!

Il suo onore lo mette sotto chiave

chi resta a casa addosso alla sua gonnella:

sciala nelle sue braccia il maschio nerbo

chiamato a reggere i balzi e le corvette

del focoso destriero di Marte.Ad altre mete!

La Francia è una stalla, e noi quattro ronzini!

Perciò: alla guerra!

BERTRAM

Così sarà.La manderò a casa mia,

farò sapere a mia madre che non la posso vedere

e perciò sono fuggito; scriverò al Re

quel che non ho osato dirgli.La sua elargizione

mi servirà sul campo di battaglia italiano

dove spiriti nobili si battono.Una guerra è niente

a confronto di una casa buia e di una moglie odiata.

PAROLLES

Sicuro che non sarà un capriccio del momento?

BERTRAM

Seguimi alle mie stanze e dammi un consiglio.

La manderò via subito.Domani

io andrò alla guerra, lei a consumarsi da sola.

PAROLLES

Ora sì che la palla risponde in pieno al gioco.

È proprio ingrato: giovane ammogliato, giovane sciupato.

Perciò, via, dille addio con fermezza: vai.

Il Re te l’ha fatta, e tu abbozza: così vanno le cose. Escono.

ATTO SECONDO – SCENA QUARTA

Entrano Elena e il Clown.

ELENA

Mia madre mi manda il suo affetto.Come sta?

CLOWN

Non sta bene, ma è ancora in salute: è molto su, ma non sta bene. Ma, ringraziando il cielo, sta benissimo e non ci manca nulla.Però non sta bene.

ELENA

Se sta benissimo, che c’ha che non sta bene?

CLOWN

Per la verità, sta proprio benissimo, tranne che per due cose.

ELENA

Quali?

CLOWN

La prima: che non sta in cielo, e Dio voglia mandarcela presto; la seconda: che sta sulla terra, e Dio voglia levarcela presto.

Entra Parolles.

PAROLLES

Dio vi benedica, mia fortunata signora.

ELENA

Signore, spero che i vostri auguri servano alle mie fortune.

PAROLLES

Avete le mie preghiere per goderne e seguitare ad averle. Ehi, il mio manigoldo! Come va la vecchia?

CLOWN

Aveste voi le sue rughe e io i suoi soldi, vorrei che andasse come dite voi.

PAROLLES

E chi ha detto niente.

CLOWN

Per la madonna, ne avete di senno: quante volte la lingua del servo causa la rovina del padrone.Non dir nulla, non far nulla, non saper nulla, non aver nulla: dev’esser questa la forza che vi dà voce in capitolo, ovvero solo un fiato da nulla.

PAROLLES

Basta, sei un manigoldo.

CLOWN

Signore, avreste dovuto dire: “Sei un manigoldo, te lo dice un manigoldo”, ossia “Sei un manigoldo, com’è vero che lo sono io”.La verità vera, signore.

PAROLLES

Vai, vai, che sei un buffone di parola: ti ho smascherato!

CLOWN

Mi avete smascherato con la vostra testa, signore, o ve l’hanno insegnato? È stata una ricerca fruttuosa, signore. Possiate voi altrettanto smascherare il vostro buffone, per il diletto del mondo e un incremento di riso.

PAROLLES

Invero, un manigoldo buono e foraggiato.

Signora, il mio signore partirà in nottata:

lo chiamano affari molto urgenti.

Annette massima importanza al rito dell’amore

che l’ora rivendica come a voi dovuto,

ma lo rimanda per un forzoso impedimento.

Laddove tale impegno e tal rinvio si colmano

di floridi effluvi distillati nella cucurbita del tempo,

nota per far traboccare l’ora ventura di gioia

e di piacere fino all’orlo.

ELENA

Ha qualche desiderio?

PAROLLES

Che voi vi congediate dal Re immediatamente,

facendo che egli creda sia vostra iniziativa,

e aggiungiate le scuse che meglio riterrete

la prospettino come autentica necessità.

ELENA

Che altro comanda?

PAROLLES

Che, ottenuta licenza, voi attendiate

sue ulteriori istruzioni.

ELENA

Farò il suo volere fino in fondo.

PAROLLES

E io riferirò. Esce.

ELENA

Ve ne prego. Tu, vieni con me. Escono.

ATTO SECONDO – SCENA QUINTA

EntranoLafew e Bertram.

LAFEW

Voglio sperare che Vostra Signoria non lo prenda per un soldato!

BERTRAM

Certo, signore, e di specchiato ardimento.

LAFEW

Sì, perché se lo dice da lui!

BERTRAM

E per testimonianze affidabili.

LAFEW

Allora il mio orologio sbaglia: prende giorno per notte.

BERTRAM

Vi assicuro, signore, che è uomo di enorme esperienza, e di conforme valore.

LAFEW

Allora avrò peccato contro la sua sapienza e trasgredito contro il suo ardimento: corro un gran rischio perché non me la sento proprio di pentirmi.Ecco che viene: vi prego di adoperarvi per la nostra amicizia; penserò io a consolidare il rapporto.

Entra Parolles.

PAROLLES (a Bertram)

Sarà tutto fatto, signore.

LAFEW

Ditemi, signore, chi è il suo sarto?

PAROLLES

Signore!

LAFEW

Ah, lo conosco bene.Certo, signore, lui – signore – è un bravo artigiano, un ottimo sarto.

BERTRAM (a parte, a Parolles)

È andata dal Re?

PAROLLES

Sì.

BERTRAM

Andrà via stasera?

PAROLLES

Come le avete ordinato.

BERTRAM

Ho scritto lettere, messo al sicuro il tesoro,

dato ordini per i cavalli. La notte

che dovrei prendere possesso della sposa

finirà prima di cominciare.

LAFEW (a parte)

La bocca di un viaggiatore si confà alla coda di un pranzo, ma uno che per tre terzi mente e usa una verità nota per gabellare mille sciocchezze, bisogna una volta sentirlo e tre picchiarlo. (Alzando la voce) Dio vi salvi, capitano!

BERTRAM

C’è qualche malanimo fra Vossignoria e voi, monsieur?

PAROLLES

Non so come ho meritato di cadere nel disfavore di Sua Signoria.

LAFEW

Ce l’hai messa tutta per caderci a capofitto, stivali, speroni e tutto, come quello che saltò dentro la torta.Fa’ presto a uscirne se non vuoi rendere conto di cosa ci sei caduto a fare.

BERTRAM

Forse, signore, non l’avete compreso.

LAFEW

E continuo, dovessi anche comprenderlo in ginocchio. Statevi bene, mio signore, e credetemi: non c’è gheriglio in questa nocella.L’anima di quest’uomo è fatta di panno: non dategli fiducia in questioni importanti.Ne ho avuti sotto di questi tenerelli, so come sono.Addio, monsieur: ho parlato di te meglio di quanto hai fatto o farai tu per meritartelo.Ma al male bisogna rispondere col bene. Esce.

PAROLLES

Un signore svanito, parola mia.

BERTRAM

Non credo.

PAROLLES

Come, non lo conoscete?

BERTRAM

Sì, lo conosco bene: e tutti in giro

ne danno un buon giudizio.Ecco la mia palla al piede.

Entra Elena.

ELENA

Signore, come mi avete comandato, ho parlato col Re

e mi sono procurata la sua licenza

a partire immediatamente: solo che desidera

parlarvi in privato.

BERTRAM

Obbedirò al suo volere.

Non dovete meravigliarvi, Elena, per la mia condotta,

che non s’intona alle circostanze

né assolve agli obblighi e alle funzioni

di quello che ora sono. Non ero preparato

a tale disbrigo: perciò mi scopro

tanto frastornato.Questo mi spinge a pregarvi

di partire subito per casa nostra:

non chiedetemi nulla, trovate voi il perché.

Ho motivi migliori di quel che sembra,

e impegni d’importanza maggiore

di quanto non appaia a prima vista

a voi che li ignorate. Questa è per mia madre.

Dà a Elena una lettera.

Passeranno due giorni prima che vi riveda, e intanto

confido nella vostra padronanza.

ELENA

Signore, dico soltanto

che sono la vostra serva più obbediente.

BERTRAM

Sì, sì, basta così.

ELENA

E cercherò sempre

con fedele devozione di supplire a quanto

le mie umili stelle non mi hanno concesso

per esser degna della mia grande fortuna.

BERTRAM

Lasciate stare.Ho molta fretta.Addio.Andate a casa.

ELENA

Vi prego, scusatemi, signore.

BERTRAM

Allora, cosa vorreste dire?

ELENA

Non sono degna della ricchezza che ho,

né oso dire che è mia, eppure lo è;

ma, come un ladro timoroso, vorrei rubare

quello che già per legge è mio.

BERTRAM

Cosa volete?

ELENA

Lo so e non lo so: proprio nulla.

Non mi sento di dire quello che vorrei, signore.

Ma invece sì:

solo estranei e nemici si dividono senza baciarsi.

BERTRAM

Vi prego, non perdete tempo; su, subito a cavallo.

ELENA

Mio buon signore, non infrangerò i vostri ordini.

Dove sono tutti i miei servitori? Addio, monsieur. Esce.

BERTRAM

Vai pure a casa: io non ci verrò di certo

finché potrò impugnare la spada o sentire il tamburo.

Via, fuggiamo!

PAROLLES

Bravo: coraggio! Escono.

Tutto è bene quel che finisce bene
(“All’s well that ends well”  1602 – 1603)
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Atto II
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