Le origini di Romeo e Giulietta

Di Rebecca Luperini

Cè tanta Italia in Shakespeare: un amore che curiosamente tardò a essere ricambiato. Ancora nel ’700 il Bardo era poco noto da noi. Preceduta da libere versioni francesi all’origine di adattamenti musicali molto lontani dai drammi, come I Capuleti e i Montecchi di Bellini e Otello di Rossini e da entusiasmi romantici tedeschi, da noi l’ammirazione per il Cigno dell’Avon scoppiò veramente solo a metà ’800.

da Teatro per tutti

Le origini di Romeo e Giulietta
Scultura in sabbia a Weston-super-Mare (Somerset, England) Romeo and Juliet di Marielle Heessels

Questa è, con ogni probabilità, la tragedia più famosa di Shakespeare. È praticamente impossibile trovare qualcuno che non abbia idea di chi siano Romeo e Giulietta e quale sia la loro storia.

Certo, il tema dell’amore impossibile contrastato da fattori o persone esterne è qualcosa di antico come il mondo. Già il poeta romano Ovidio, con “Le metamorfosi” ci fa conoscere un amore triste e infelice come quello di Romeo e Giulietta. Si tratta della storia dei due amanti separati Piramo e Tisbe, di cui lo stesso William fa una divertente parodia in “Sogno di una notte di mezza estate“.

Eppure, da sempre, quando si accenna ad un amore romantico e infelice la mente corre subito alla tragedia di Shakespeare, perché “mai una storia è stata tanto di dolore quanto questa di Giulietta e del suo Romeo”.

È perciò merito di Shakespeare, se ancora oggi sogniamo un amore forte e romantico come quello dei due giovanissimi amanti di Verona. Anche se ovviamente speriamo di vivere un po’ più a lungo di loro.

Ma in verità, Shakespeare non ha inventato questa storia d’amore.

Quando, nel 1595, Shakespeare mise in scena “Romeo e Giulietta”, la storia di questi due tristi amanti era già stata raccontata, in passato, da più di una persona. Per scrivere la sua tragedia più famosa, Il nostro drammaturgo si è ispirato a componimenti letterari del passato. E con ogni probabilità, la sua fonte d’ispirazione può essere stata una novella italiana.

SHAKESPEARE E LA LETTERATURA ITALIANA.

Il fatto che il Bardo possa aver conosciuto delle novelle italiane non deve stupirci.

Mentre Shakespeare scriveva e recitava le sue immortali opere teatrali, negli ambienti intellettuali inglesi la letteratura italiana era conosciuta e apprezzata da tantissimi poeti.

La tradizione novellistica italiana vantava, tra il trecento e il cinquecento, una notevole diffusione in Europa. In questo periodo moltissime novelle italiane venivano tradotte sia in francese che in inglese. La letteratura italiana ha così costituito un importante punto di riferimento per tantissimi intellettuali stranieri.

Nella stessa Inghilterra, molti erano i poeti e gli autori che studiavano le novelle e le composizioni letterarie italiane. E perciò molto diffuse erano le traduzioni in inglese di opere novellistiche italiane.

Anche nella stessa corte inglese contemporanea a Shakespeare, le novelle italiane o le sue traduzioni venivano lette.

Addirittura, sembra che possa essere probabile l’eventualità che la stessa Elisabetta I avesse dimestichezza con la lingua italiana, stando ad alcune sue lettere scritte in italiano. E d’altra parte è storicamente accertato che tra i vari consiglieri della Regina ci fossero addirittura due italiani, i Florio.

Uno di questi, un certo John Florio, si dice che fosse un amico del nostro William… e chissà, magari è stato proprio il nostro connazionale John ad aver stimolato la creatività di Shakespeare parlandogli della triste storia di due sfortunati innamorati di Verona…

ARTHUR BROOKE E LA SUA
“THE TRAGICAL HISTORYE OF ROMEUS AND JULIET”

Tornando coi piedi per terra, è giusto dire che non abbiamo notizie circa il fatto che Shakespeare sapesse l’italiano. È quindi chiaramente molto difficile affermare che il Bardo abbia letto novelle o liriche italiane originarie. È invece assai più probabile che sia venuto a conoscenza della letteratura italiana attraverso le traduzioni in inglese o in francese.

Tra queste traduzioni, il componimento poetico “The tragical historye of Romeus and Juliet” di Arhtur Brooke del 1562, è molto probabilmente la principale fonte d’ispirazione di William.

Tra la tragedia di Shakespeare e questo componimento esistono, chiaramente, notevoli differenze nella struttura narrativa sebbene la storia sia pressoché la medesima.

LE DIFFERENZE

La differenza sostanziale è il tratteggiamento che Shakespeare e Brooke danno dei due giovani protagonisti.

Brooke spesso giudica Romeo e Giulietta come due ragazzi totalmente incoscienti, poco avvezzi ad ascoltare i consigli di amici e parenti.

Il loro amore è una grave colpa, perché è scellerato e portatore di sventure. Chi narra la storia, quindi, esprime dei giudizi perentori e negativi sui due innamorati.

Infine, il destino di coloro che, nel corso della vicenda, hanno aiutato gli amanti sarà triste: la nutrice verrà bandita dalla città e Frate Lorenzo finirà volontariamente i suoi giorni in esilio per riflettere sulle sue colpe.

Shakespeare, al contrario, sembra non esprimere alcun giudizio. Lascia che siano i due giovani amanti a descrivere i loro sentimenti. Ed è attraverso le loro parole, che capiamo quanto il loro sia un sentimento autentico e sincero.

Ma il componimento di Brooke, a sua volta, da cosa è stato ispirato? Anche in questo caso, gli studiosi sono piuttosto concordi nell’affermare che “The tragical historye of Romeus and Juliet” sia una traduzione, in versi, di una novella italiana scritta da Matteo Bandello.

MATTEO BANDELLO E LA SUA NOVELLA
“LA SFORTUNATA MORTE DI DUE INFELICISSIMI AMANTI”

Matteo Bandello è stato un vescovo cattolico e uno scrittore, la cui attività letteraria si è svolta durante la prima metà del Cinquecento. E le sue opere furono conosciute e tradotte anche negli ambienti intellettuali inglesi.

La sua notorietà in Inghilterra quindi ha lasciato presupporre agli studiosi odierni che Shakespeare sia potuto arrivare a conoscenza di svariate traduzioni delle sue novelle. Pare infatti che il Bardo abbia tratto ispirazione dalle novelle di Bandello anche per le trame di altre sue opere, come “Molto rumore per nulla”.

Perciò, non è da escludere che anche “La sfortunata morte di due infelicissimi amanti” (1554 circa), cioè la Novella numero nove della parte seconda della raccolta “Novelle” di Bandello, sia tra le fonti di ispirazioni per “Romeo e Giulietta”.

Ad ogni modo, anche Bandello non è il vero creatore di questa storia d’amore, poiché a sua volta ha rielaborato una novella precedente, scritta da Luigi Da Porto nel 1524, “Istoria novellamente ritrovata di due nobili amanti” in cui sono narrate le vicissitudini di due giovani innamorati di Verona.

LE SIMILITUDINI

Le similitudini tra la tragedia di Shakespeare e la novella sono infatti molteplici. Non solo in entrambe le vicende l’amore dei due giovani è contrastato da entrambe le famiglie di appartenenza, ma anche l’ambientazione è la medesima: Verona.

Infine, medesimi sono i nomi dei protagonisti e di altri personaggi: Romeo e Giulietta e ancora Frate Lorenzo, Tebaldo e Paride.

Anche alcune singole situazioni sono davvero simili, come il primo incontro tra i due giovani innamorati, che in entrambi i componimenti letterari avviene in occasione di una festa in maschera nel palazzo della famiglia di Giulietta.

Anche la Giulietta di Bandello, per sfuggire al matrimonio con Paride, dietro consiglio di Frate Lorenzo, beve una pozione che la farà sembrare morta, in attesa che Romeo, una volta informato dello stratagemma, possa recuperarla dal sepolcro e scappare insieme all’amato.

Infine, anche nella novella di Bandello, il Caso è avverso nei confronti di Romeo e Giulietta. In entrambe le versioni, nonostante gli amanti si ingegnano perché il loro amore trionfi e magari possa metter fine alle ostilità tra le loro famiglie, il destino sembra essere inevitabilmente scritto. E niente potranno fare per scampare alla morte.

LE DIFFERENZE

La differenza sostanziale sta nel ritmo con cui si susseguono gli eventi. Nella tragedia di Shakespeare tutta l’intera vicenda si svolge in soli tre giorni. Invece, nella novella di Bandello Romeo e Giulietta riescono a portare avanti il loro amore clandestino più a lungo.

Inoltre, la Giulietta di Bandello è la prima ad intravedere, nell’eventuale matrimonio con Romeo, un modo per porre fine alle ostilità tra le due famiglie e quindi ha una sorta di pensiero politico che, nella Giulietta di Shakespeare è assente.

Il racconto della prima notte di nozze tra i due amanti, se in Shakespeare è solo accennato, in Bandello  è sicuramente più esplicito.

Il Frate Lorenzo di Bandello si capisce che ha degli interessi  personali nel provar a porre fine all’inimicizia tra le due famiglie, mentre in Shakespeare è un personaggio del tutto positivo.

Infine, nella novella di Bandello mancano dei personaggi, invece presenti nella versione del Bardo. Tra questi, va senz’altro ricordato il carismatico personaggio di Mercuzio, che è quindi una creatura originale di Shakespeare.

E SE ROMEO E GIULIETTA FOSSERO IN REALTÀ DUE RAGAZZI DI SIENA?

Ebbene sì. Esiste un’ultima novella, la più antica fra quelle finora nominate, che potrebbe aver ispirato indirettamente la tragedia amorosa più famosa di tutti i tempi.

Si tratta della Novella XXXIII della raccolta “Novellino” dell’autore italiano Masuccio Salernitano, pubblicata postuma nel 1476.

Mariotto e Ganozza“, questo il titolo della novella in questione, presenta infatti decisamente molte similitudini con la storia di Romeo e Giulietta. E potrebbe essere, perciò, la fonte primaria da cui poi sono nate le novelle di Da Porto e Bandello quindi, il poema di Arthur Brooke e infine “Romeo e Giulietta” di Shakespeare.

LE SIMILITUDINI E LE DIFFERENZE

Come Romeo e Giulietta, Mariotto e Ganozza sono due giovani innamorati, la cui storia d’amore viene fortemente ostacolata dal conflitto esistente tra le due famiglie d’appartenenza. Gli innamorati di Masuccio però sembrano vivere un amore molto più carnale, rispetto a quello tenero e idealizzato degli amanti di Shakespeare.

Inoltre, a fare da sfondo alla vicenda c’è l’assolata Siena. E in generale, l’atmosfera della vicenda in Masuccio è più mediterranea. La vicenda, infatti, in parte è ambientata perfino in Alessandra d’Egitto, la città dove Mariotto fugge per scampare alla forca, dopo aver ucciso un giovane durante una rissa.

Sebbene anche Ganozza, con l’evolversi degli eventi, si ritrovi costretta a bere una pozione per fingersi morta, il suo atteggiamento nei confronti di tale espediente è del tutto differente.

La Giulietta di Shakespeare prova un autentico terrore (come quella di Bandello, d’altronde) e dal suo monologo scaturiscono oscuri presagi circa il destino che attende lei e il suo Romeo. Al contrario, la Ganozza di Masuccio Salernitano trangugia l’antidoto senza preoccupazione, con allegria addirittura. Inoltre, il motivo per cui Ganozza porta avanti questo inganno è differente. Lei si finge morta, per poter essere libera di fuggire da Siena e raggiungere il suo amato ad Alessandria d’Egitto.

Infine, anche nella storia di Masuccio abbiamo Mariotto che non viene avvisato, a causa del caso beffardo, dell’inganno ma solo della morte della sua amata. Questo provoca il suo precipitoso viaggio verso Siena, dove verrà riconosciuto e quindi giustiziato. E il tutto capita, mentre Ganozza raggiunge finalmente Alessandria d’Egitto e viene a sapere che l’amato è tornato a Siena, sapendola morta.

Ecco quindi, un’altra differenza. Nella novella di Masuccio Salernitano non vi è un suicidio vero e proprio, come capita a Romeo e Giulietta. Mariotto viene giustiziato e Ganozza, una volta tornata a Siena e saputo della morte del suo amato, semplicemente muore di dolore.

In entrambe le versioni tuttavia è il Caso ad essere particolarmente cattivo ed accanirsi contro un amore giovane, la cui unica colpa è quello di esser nato in condizioni avverse.

VERONA E LE ORIGINI STORICHE DI “ROMEO E GIULIETTA”

A questo punto, forse alcuni di voi si stanno domandando “E allora Verona com’è saltata fuori?“.

Tranquilli, c’è una risposta per tutto.

Nel corso del cinquecento, per dare un tocco di originalità e di verità alle proprie novelle, gli autori nel comporre le loro storie seminavano nella vicenda alcuni elementi che potessero avere un riscontro nella realtà.

Nel caso di Romeo e Giulietta, fin dalla versione della storia di Luigi Da Porto c’è questa caratteristica. Nella sua novella “Istoria novellamente ritrovata di due nobili amanti” Da Porto per rendere autentico il suo racconto afferma che la storia gli sia stata raccontata da un vecchio compagno d’armi veronese, che appunto una sera ha voluto narrargli un’antica storia della sua città.

Infine, da parte di Bandello e successivamente di Brooke e Shakespeare, c’è anche l’espediente di utilizzare il vero e storicamente documentato conflitto tra due famiglie veronesi, quella dei Montecchi e dei Cappelletti (in Shakespeare  Capuleti) nella Verona del primo Trecento, per donare alla vicenda il gusto del vero.

MONTECCHI, CAPULETI E LA DIVINA COMMEDIA.

D’altra parte, del conflitto tra Montecchi e Cappelletti, ne ha parlato anche il sommo Dante Alighieri.

La testimonianza che il Vate ci ha lasciato attraverso la sua “Divina Commedia” ci permette quindi di collocare la vicenda di Romeo e Giulietta anche dal punto di vista storico.

Se prendiamo come punto di riferimento la Divina Commedia, è possibile collocare la storia dei due sfortunati amanti nella Verona nei primi anni del Trecento, durante la Signoria degli Scaligeri.

Dante infatti, esule da Firenze, soggiornò a Verona tra il 1303 e il 1304.

In quegli anni la città veronese era funestata da continue e sanguinose lotte tra Guelfi e Ghibellini. Lo stesso Dante ce ne parla nel suo poema più famoso. E nel farlo nomina, appunto, Montecchi e Cappelletti, nel canto VI del Purgatorio, ai versetti 106/108:

“Vieni a veder Montecchi e Cappelletti / Monaldi e Filippeschi, uom sanza cura: / color già tristi, e questi con sospetti”

ROMEO E GIULIETTA SONO ESISTITI DAVVERO?

La domanda, a questo punto, sorge spontanea…. E la risposta non è così certa come può sembrare.

Sì, nella città di Verona esistono veramente dei luoghi che fanno riferimento alle due famiglie rese celebre dal Bardo. Esiste la Casa di Giulietta col famoso Balcone. Esistono anche la casa di Romeo e la tomba di Giulietta, dove i due amanti si danno la morte.

Ma questi luoghi da soli, purtroppo non riescono a rispondere in maniera esauriente a questa affascinante domanda.

Infatti sembra che, almeno il balcone di Giulietta sia in realtà una trovata novecentesca, realizzata dal comune di Verona per incrementare il turismo nella propria città, sfruttando la celebre tragedia di Shakespeare.

Sì lo so, è tutto molto triste.

Ma non dobbiamo assolutamente buttarci giù.

Sì, è vero. Forse Romeo e Giulietta non sono mai esistiti. Ma esiste la loro storia. Esiste il loro amore.

La loro storia esiste davvero perché fa parte della nostra cultura.

Ormai Romeo e Giulietta sono in ognuno di noi.

Vivono e sospirano nel cuore di ogni inguaribile romanticone sulla faccia della Terra.

E la loro non è solo una storia d’amore.

Romeo e Giulietta non ci insegnano solo ad amare. Romeo e Giulietta ci insegnano qualcosa di più grande.

Ci insegnano che solo un sentimento nobile e bellissimo come l’Amore può porre davvero fine all’odio.

E allora non ci rimane altro che ricordarci del loro estremo sacrificio per togliere, almeno nella nostra quotidianità, un po’ di odio da questo brutto mondo.

Rebecca Luperini

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