Enrico VIII – Atto I

(“Henry VIII” – 1612 – 1613)

Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V

Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali

Enrico VIII - Atto I

Personaggi

Enrico VIII, RE d’Inghilterra

Duca di BUCKINGHAM
Duca di NORFOLK, Maresciallo del Regno
Duca di SUFFOLK, Gran Siniscalco
Charles BRANDON (forse lo stesso Duca di Suffolk)
Conte di SURREY, genero di Buckingham
Lord ABERGAVENNY
Lord SANDS (Sir Walter Sands)
Sir Thomas LOVELL
Sir Henry GUILFORD
Sir Nicholas VAUX
Sir Anthony DENNY
Tre GENTILUOMINI
Marchese di DORSET (nel corteo dell’Incoronazione)
ARALDO della Giarrettiera
Cardinale WOLSEY, Arcivescovo di York, Lord Cancelliere d’Inghilterra
Lord CANCELLIERE (Sir Tommaso Moro)
Lord CIAMBELLANO
Lord SINDACO di Londra
Cardinale CAMPEGGIO, Legato del Papa
CHAPPUYS, Ambasciatore dell’Imperatore Carlo V
Arcivescovo di CANTERBURY (William Warham)
Thomas CRANMER, Cappellano del Re, poi Arcivescovo di Canterbury
Stephen GARDINER, Segretario del Re, poi Vescovo di Winchester
Thomas CROMWELL, al seguito di Wolsey, poi Segretario del Re
STOKESLEY, Vescovo di Londra
Vescovo di LINCOLN
Vescovi di ELY, ROCHESTER, SAINT ASAPH
Regina CATERINA d’Aragona, moglie di Enrico e vedova del Principe Arturo, poi Principessa Vedova
ANNA Bolena, Damigella d’onore, poi Marchesa di Pembroke, e Regina d’Inghilterra
DAMA attempata, Dama di compagnia di Anna Bolena
GRIFFITH, Gentiluomo Usciere della Regina Caterina
GENTILUOMO al seguito della Regina Caterina
PAZIENZA, Ancella della Regina Caterina
ANCELLE della Regina Caterina
MARCHESA DI DORSET, DUCHESSA DI NORFOLK: come madrine della Principessa Elisabetta
Dottor BUTTS, Medico del Re
INTENDENTE del Duca di Buckingam
SEGRETARIO di Wolsey
UFFICIALE della Guardia
USCIERE della Camera del Consiglio
GUARDAPORTONE del Palazzo Reale
AIUTANTE del Guardaportone
SCRITTURALE
BANDITORE
MESSAGGERO
PROLOGO

Nobili, Dame, Giudici, Assessori, Prelati, Guardie, Mazzieri, Persone del seguito, Servitori, Sei personaggi biancovestiti, Paggi, ecc.

PROLOGO

Stavolta non son qui per farvi ridere. Stiamo per presentarvi
eventi dall’aspetto grave e austero,
tristi vicende, alte e toccanti, pregne di maestà e sofferenza,
scene sì nobili da farvi sciogliere in pianto.
Chi fra voi è aperto alla compassione
potrà, se crede, farsi scappare una lacrima:
il soggetto lo merita. Chi spende i propri soldi
soltanto perché si aspetta una trama credibile,
troverà in essa qualche verità. Chi poi viene a vedersi
una o due scene spettacolari, che gli faccian dire
che il dramma non è male, se ne stia zitto e buono,
ed io m’impegno a ripagarlo del suo scellino
nel breve giro di due ore: con tanto d’interessi. Soltanto
chi è qui venuto a sentire una commedia giocosa e sboccata,
o un clangor d’armature, o a godersi le uscite
dell’uomo dal camicione multicolore orlato di giallo,
potrà dirsi deluso. Poiché sappiatelo, cortesi uditori:
a metter sullo stesso piano la nostra storia vera e tali esibizioni
di giullari e duellanti, non solo rinunceremmo a fare uso
del nostro cervello, ed alla nostra conclamata intenzione
di presentarvi sempre e solo la Verità,
ma perderemmo i più esigenti fra i nostri amici.
Pertanto, per carità di patria, e per la fama che avete –
il pubblico più eletto e ben disposto che la città possa offrire –
restate seri come vi vorremmo. E immaginate di vederli,
i personaggi della nostra nobile istoria,
esattamente quali furono in vita; immaginateli nella loro grandezza,
accompagnati dalla gran folla accaldata
dei loro mille seguaci. Poi, in un istante, osservate
come fan presto i potenti a cadere in disgrazia:
e se la voglia di ridere a quel punto vi assale,
siete capaci di andare a nozze con facce da funerale.

ATTO PRIMO – SCENA PRIMA

Entrano da un lato il Duca di Norfolk, dall’altro il Duca di Buckingham e Lord Abergavenny.

BUCKINGHAM

Buon giorno, e ben tornati. Come ve la siete passata

dall’ultima volta che ci vedemmo in Francia?

NORFOLK

Ottimamente, Vostra Grazia;

e da quel giorno sempre più ammirato

da quanto vidi laggiù.

BUCKINGHAM

Una malaugurata terzana

mi tenne prigioniero nella mia stanza, proprio quando

quei due soli gloriosi, quei due fulgidi astri

s’incontrarono nella piana di Andren.

NORFOLK

Tra Guines ed Ardres

ero presente anch’io, quando si salutarono, in sella ai loro destrieri.

E quando balzarono a terra, li vidi stringersi forte

nel loro abbraccio, quasi a fondersi insieme in un atto di unione.

Qual coalizione di quattro sovrani ce l’avrebbe spuntata

contro quell’unico trono?

BUCKINGHAM

E io che in tutto quel tempo

me ne restai confinato nella mia stanza!

NORFOLK

Vi siete perso, allora,

lo spettacolo della gloria terrena: per cui si poteva ben dire

che fino a quel momento il fasto era celibe, ma che ora si univa

in nozze a un’entità superiore. Ogni nuovo giorno

diventava l’araldo del successivo, finché l’ultimo giorno

non fece suo ogni passato splendore. Oggi i Francesi,

tutti scintillanti e laminati in oro, come idoli pagani,

eclissavan gl’Inglesi; e l’indomani questi ultimi

della Britannia facevano un’India, e ognuno dei presenti

sembrava una miniera. I loro minuscoli paggi parevano

dei cherubini, tutti belli indorati; e anche le loro dame,

non use alla fatica, quasi quasi sudavano nel portare

su di sé tanto fasto, e così rosse e accaldate

sembravano dipinte. Una sera lo spettacolo in maschera

veniva proclamato incomparabile: e la sera seguente

lo si diceva insulso, e ben povera cosa. I due monarchi,

pari in splendore, primeggiavano a turno

quand’erano presenti: chi dei due era visibile

teneva il monopolio delle lodi, e quando eran presenti tutti e due

si fingeva di vederne uno solo, e nessun testimone

osava fiatare o far confronti. Quando poi quei due Soli

(ché così li chiamavano) coi rispettivi araldi chiamarono a disfida

i più animosi cavalieri, questi seppero battersi

oltre ogni immaginazione, sì che le gesta degli antichi cantari

ora sembravano umanamente possibili, e si finì col dar credito

anche a un Buovo d’Antona.

BUCKINGHAM

Via, state esagerando!

NORFOLK

Com’è vero che son uomo d’onore, e che l’onore esalta

la mia veracità, l’evolversi dei festeggiamenti,

in bocca al più brillante cronista riuscirebbe men vivido

di quel che l’azione stessa esprimeva in sé. Tutto era regale:

non una nota stonata nella disposizione del tutto.

Il rituale impreziosiva ogni cosa, ed i cerimonieri

non avrebbero potuto far di meglio.

BUCKINGHAM

E chi era il regista?

Voglio dire, chi ha coordinato il corpo e le membra

di questa grande festa, secondo voi?

NORFOLK

Uno che sicuramente pareva tutt’altro che tagliato

per siffatte incombenze.

BUCKINGHAM

Di grazia, chi, mio signore?

NORFOLK

Tutto questo fu predisposto dalla sapiente regia

del molto reverendo Cardinale di York.

BUCKINGHAM

Il diavolo se lo porti! Non esiste faccenda in cui non ficchi

la sua mano ambiziosa. Cosa aveva a che fare

con queste dissennate vanità? Io mi stupisco

che una tal palla di lardo possa con la sua stessa mole

intercettare i raggi del benefico sole

e privarne la terra.

NORFOLK

Sicuramente, signore,

c’è in lui la stoffa per impegni di tal fatta:

ché senza il sostegno di un’antica casata (in virtù della quale

possan gli eredi trovarsi il cammino segnato), senza il prestigio

di alti servigi resi alla Corona, senza la parentela

di potenti ministri, pure, al pari di un ragno

al centro di una tela da se stesso tramata, s’impone all’attenzione,

e la sola forza dei propri meriti basta a aprirgli la strada:

un dono del cielo, tutto per lui, che gli procura

poteri secondi soltanto a quelli del Re.

ABERGAVENNY

Non saprei dire

quale dono del cielo: lascio a un occhio più esperto

di svelare l’arcano. A me basta notare che la superbia

in lui trasuda da tutti i pori. Donde gli deriva?

Non dall’inferno? Il diavolo è ben tirchio!

O forse gliel’ha già ceduta tutta, e lui si è messo in proprio

con una succursale dell’inferno.

BUCKINGHAM

Perché diavolo

questa escursione in Francia lo ha visto arrogarsi il diritto

di decidere – senza informarne il Re –

chi dovesse scortarlo? È stato lui a rediger la lista

di tutti i nobili: per la più parte coloro

cui intendeva addossare il massimo della spesa

col minimo dell’onore. E bastò una sua lettera –

senza nemmeno l’assenso degli onorevoli membri del Consiglio –

ad obbligare a partire chi fu da lui designato.

ABERGAVENNY

Conosco

dei miei congiunti, almeno tre, le cui proprietà

hanno subito in tal modo un tale salasso

da non ritrovare mai più la prosperità di un tempo.

BUCKINGHAM

Ah, sono stati in molti

a rompersi la schiena col carico dei castelli venduti

per finanziare la grande spedizione. A che è servita tanta vanità

se non a far sapere ai quattro venti

che il loro futuro è ipotecato?

NORFOLK

Mi tormenta pensare

che la pace fra noi e la Francia non ripaghi

l’investimento fatto per concluderla.

BUCKINGHAM

Ciascuno di noi,

dopo il tremendo temporale che ne seguì, si sentì

come ispirato; e indipendentemente proruppe

in un’universale profezia: che una tale tempesta

scompigliando la veste di questa pace, era il preludio

di un’improvvisa rottura.

NORFOLK

Che si è già consumata:

poiché la Francia ha violato gli accordi, e confiscato

i beni dei nostri mercanti a Bordeaux.

ABERGAVENNY

È dunque per questo

che il nostro ambasciatore è stato messo a tacere?

NORFOLK

Proprio così, perdiana!

ABERGAVENNY

Gran bella pace davvero, ed acquistata

a carissimo prezzo.

BUCKINGHAM

Ebbene, tutta questa faccenda

fu il nostro reverendo Cardinale a architettarla.

NORFOLK

Mi consenta Vostra Grazia,

la corte è edotta della privata contesa

tra il Cardinale e voi. Vi do un consiglio

(prendetelo da un cuore che non vi augura altro

che onore, prosperità e fortuna): considerate

l’ostilità del Cardinale e il suo grande potere

come una cosa sola; considerate inoltre

che agli obbiettivi del suo odio protervo non fanno difetto

strumenti per l’azione. La sua natura la conoscete,

sapete quant’è vendicativo, come io so che la sua spada

è lunga e affilatissima, e ben possiamo dire

ch’essa arriva lontano e – dove non arriva –

lui sa come scagliarla. Resti segreto questo mio consiglio:

vi tornerà salutare. Ma ecco che viene, proprio quello scoglio

che io vi raccomando di schivare.

Entrano il Cardinale Wolsey, preceduto dal portatore del sigillo reale, con alcune guardie e due Segretari che portano documenti. Il Cardinale passando fissa lo sguardo su Buckingham, e Buckingham su di lui, tutti e due con piglio sdegnoso.

WOLSEY

L’intendente del Duca di Buckingham, neh?

La sua deposizione dov’è?

SEGRETARIO

Eccola, per servirvi.

WOLSEY

È presente di persona?

SEGRETARIO

Sì, se così piace a Vostra Grazia.

WOLSEY

Bene, allora ne sapremo di più, e Buckingham

abbasserà la cresta.

Esce il Cardinale [Wolsey] col seguito

BUCKINGHAM

Questo cagnaccio di macellaio ha il dente avvelenato:

ma non ho il potere di metterlo in museruola. Meglio perciò

non svegliarlo se dorme. La scienza di uno spiantato

val più del sangue di un nobile.

NORFOLK

Come, ve la prendete calda?

Chiedete a Dio un po’ di sangue freddo: l’unica medicina

che faccia al caso vostro.

BUCKINGHAM

Gli leggo scritte in faccia

prove contro di me: mi ha squadrato con gli occhi

come il più abbietto degli oggetti, e in questo momento

tiene in serbo per me qualche stangata. Ora è andato dal Re:

lo seguirò, e sarà lui ad abbassare lo sguardo.

NORFOLK

Fermatevi, signore!

E che la vostra ragione parli alla vostra collera

di ciò che state per fare: le ripide alture

si attaccano dapprima a passo lento. La collera

è come un corsiero focoso che, lasciato a se stesso,

resta fiaccato dal suo proprio impeto. Non c’è uomo in Inghilterra

capace di consigliarmi come fate voi: siate per voi stesso

ciò che sareste per il vostro amico.

BUCKINGHAM

Andrò dal Re,

e con la voce dell’onore farò tacere una volta per tutte

l’insolenza di questo figlio di Ipswich; oppure dovrò proclamare

che a nulla più valgono gli alti natali.

NORFOLK

Fate bene attenzione:

non appiccate il fuoco al rogo del vostro nemico

a costo di restare strinato voi stesso. Nell’impeto della corsa

si rischia a volte di oltrepassare il traguardo

e perdere: per aver corso troppo! Non sapete forse

che la fiamma che fa salire il liquido sino a traboccare

sembra aumentarne il volume ma ne fa grande spreco? Siate saggio:

vi dico e ripeto che non c’è in Inghilterra

un solo spirito più forte del vostro per farvi da guida,

se solo con la linfa della ragione voleste estinguere

o quanto meno placare il fuoco della passione.

BUCKINGHAM

Signore,

vi sono grato, e son pronto a seguire

la vostra prescrizione; ma questo monumento di superbia

(e non lo chiamo così per eccesso di bile,

ma per motivi sinceri) a me risulta, da fonti riservate

e prove limpide come sorgenti di luglio –

quando si può contarvi ogni granello di sabbia –

corrotto e traditore.

NORFOLK

Traditore? Non me lo dite!

BUCKINGHAM

Lo dirò al Re, con prove indistruttibili

quanto pareti rocciose. State bene a sentire: questo sant’uomo –

o volpe, o lupo, o tutti e due (giacché lui è tanto astuto

quanto vorace, e tanto propenso a far danni

quanto capace di farli) – in cui la volontà ed il potere

s’infettano a vicenda, sì, reciprocamente,

al fine unico di esaltare il proprio rango, in Francia

come qui in patria, è stato lui ad istigare il Re nostro sovrano

a quest’ultimo oneroso trattato, e allo storico incontro

che ha dato fondo a così gran tesori e che, come un calice,

si è rotto in mano a chi lo risciacquava.

NORFOLK

In fede, è stato proprio così.

BUCKINGHAM

Vi prego, signore, lasciatemi dire: questo furbone d’un Cardinale

ha formulato le clausole del trattato

come piaceva a lui. Per farle ratificare

bastò che lui dicesse “Così sia”: col gran bel risultato

di far camminare i morti colle stampelle. Ma il nostro Cardinale di corte

così ha voluto, e tanto basta: giacché il degno Wolsey

non può sbagliare, e questa è opera sua. Ne consegue questo

(e per me ha tutta l’aria di una cucciolata

di quella vecchia cagna, il tradimento): l’Imperatore Carlo,

col pretesto di far visita alla Regina sua zia

(un vero e proprio pretesto, ché in realtà lui viene

per abboccarsi con Wolsey) arriva qui in visita ufficiale.

Egli ha paura che l’incontro fra i due Re

di Francia e d’Inghilterra, e la loro alleanza

possa recargli nocumento, e negli accordi sottoscritti

intravede un pericolo latente. Quindi segretamente

viene a patti col nostro Cardinale – ci potrei giurare

(e dico bene, ne son più che certo: l’Imperatore avrà pagato

senza ricevere promesse, e ha visto accolta la sua istanza

prima di averla formulata) – e una volta spianata la strada,

ben lastricata d’oro, l’Imperatore esprime il desiderio

che lui si presti a deviare il Re dalla sua rotta,

violando la pace di cui sopra. È giusto che il Re sappia –

e presto lo saprà, per bocca mia – che così il Cardinale

fa compravendita a proprio arbitrio del suo onore,

e tutto a proprio vantaggio personale.

NORFOLK

Mi duole

sentir questo su di lui, e vorrei augurarmi che in qualcosa

qualcuno l’abbia giudicato male.

BUCKINGHAM

No, non cambierei una sola sillaba

ve lo descrivo nella veste esatta

che alla prova dei fatti avrà indossato.

Entra Brandon, preceduto da un Ufficiale della Guardia, e seguito da due o tre Guardie

BRANDON

Ufficiale, eseguite gli ordini.

UFFICIALE

Signore,

mio Duca di Buckingham e Conte

di Hereford, Stafford e Northampton,

io qui vi arresto per alto tradimento, nel nome

del nostro augusto sovrano, il Re.

BUCKINGHAM

Come vedete, amico mio,

son già incappato nella rete, per cader vittima

di ignominiosa trama.

BRANDON

Sono dolente

di vedervi privato della libertà, e di prendere parte

a codesta incombenza. Sua Altezza desidera

che vi portiamo alla Torre.

BUCKINGHAM

Non mi servirà a nulla

protestarmi innocente, poiché questa è una macchia

che tinge in nero quel che in me è immacolato. Il volere del cielo

sia fatto in questa, come in ogni altra cosa: obbedisco.

O mio Lord Abergavenny, vi dico addio.

BRANDON

Non ancora, ché dovrà farvi compagnia. [Ad Abergavenny] Il Re

vuole che vi portiamo alla Torre, e lì vi renderà edotto

di ogni altra sua ulteriore decisione.

ABERGAVENNY

Come ha detto il Duca:

Sia fatto il volere del cielo, e al volere del Re

non posso che obbedire.

BRANDON

Ho qui un mandato d’arresto,

firmato dal Re, per Lord Montacute e per le persone

del confessore del Duca, John de la Car,

e del suo cancelliere, tale Gilbert Perk…

BUCKINGHAM

Ah, è così?

Son questi gli strumenti del complotto! Nessun altro, spero.

BRANDON

C’è un monaco, un certosino.

BUCKINGHAM

E chi, Nicholas Hopkins?

BRANDON

In persona.

BUCKINGHAM

Il mio intendente m’ha tradito! L’onnipotente Cardinale

lo ha tentato con l’oro: l’arco della mia vita è conchiuso.

Non son che l’ombra del povero Buckingham,

la cui persona è ora investita da un nembo improvviso

che ottenebra il luminoso mio sole. Addio, miei signori.

Escono

ATTO PRIMO – SCENA SECONDA

Squilli di tromba. Entrano Re Enrico, che si appoggia alla spalla del Cardinale [Wolsey], i Nobili e Sir Thomas Lovell. Il Cardinale prende posto ai piedi del Re, sulla destra del trono

RE

La mia vita stessa, con quanto ha di più prezioso,

vi è grata per tale grande servigio. Mi son trovato nel mirino

di una congiura pronta ad esplodere, e ringrazio

voi che l’avete disinnescata. Chiamate al nostro cospetto

quel galantuomo dell’intendente di Buckingham: di persona

lo sentirò confermare le confessioni già rese,

e punto per punto i tradimenti del suo padrone

egli riferirà una volta ancora.

Rumori da dentro, e grida di “Largo alla Regina! “. Entra la Regina [Caterina] introdotta dai Duchi di Norfolk e Suffolk. Ella s’inginocchia. Il Re scende dal trono, la fa alzare, la bacia, e la fa sedere accanto a sé

CATERINA

Non posso, devo restare in ginocchio, da supplicante che sono

RE

Alzatevi, e prendete posto al nostro fianco. Metà della supplica

siamo decisi a ignorarla: avete già la metà del nostro potere,

l’altra metà sarà vostra prima che lo chiediate.

Formulate il vostro desiderio, e sarete esaudita.

CATERINA

Ringrazio Vostra Maestà

Dovreste amare voi stesso, e in quell’amore

non trascurare di avere cura dell’onor vostro,

e della dignità del vostro ufficio: è questo il succo

della mia petizione.

RE

Procedete, regina mia.

CATERINA

Mi vien fatto osservare, e non da pochi –

tutte persone di provata lealtà – che i vostri sudditi

son quanto mai scontenti: ché li hanno tartassati di balzelli

tali da risultare un colpo al cuore

di ogni loro residua fedeltà. Ed anche se per questi abusi,

mio buon Lord Cardinale, le lagnanze più aspre a cui dan voce

sono dirette a voi, in quanto istigatore

di siffatte esazioni, pure il Re nostro sovrano –

che senza macchia il cielo ne conservi l’onore – persino lui non sfugge

a irrispettose invettive, sì, da far saltare

i cardini dell’obbedienza, e in cui quasi si avverte

il rombo cupo della sedizione.

NORFOLK

Non “quasi si avverte”:

si avverte in pieno! Giacché con queste imposte

i lanaioli tutti, non più in grado di mantenere

i numerosi loro lavoranti, han licenziato

i filatori, cardatori, follatori, tessitori: i quali,

ad altri mestieri impreparati, pungolati dalla fame

e privi d’altre risorse, per disperazione

si gettano allo sbaraglio, tutti in gran tumulto,

pronti a rischiare il tutto e per tutto.

RE

Imposte?

Ma quando? E quali imposte? Monsignor Cardinale,

voi che, come noi, siete oggi sotto accusa,

cosa sapete di queste imposte?

WOLSEY

Sire, con vostra licenza,

so solo quello che mi compete da vicino, fra le tante

funzioni dello Stato: mi limito a trovarmi in prima fila,

là dove gli altri marciano al passo con me.

CATERINA

Davvero, monsignore?

Non ne sapete più degli altri? Ma siete voi ad approntare

misure a tutti note, e tutt’altro che provvide

per quelli che non ne vogliono sapere, eppure devono

recalcitrando subirle. Queste esazioni,

di cui il sovrano vuol essere informato, son già pestilenziali

a sentirne parlare e, quanto a subirne il peso,

c’è da rompersi il dosso. Si dice in giro

che a escogitarle siete stato voi: così non fosse, sareste bersaglio

di una riprovazione immeritata.

RE

Imposte, imposte!

Ma di che natura? In che consistono, vediamo un po’,

coteste imposte?

CATERINA

Son troppo avventata

nell’abusare della vostra pazienza; ma m’infonde coraggio

il perdono promesso. Il malcontento dei sudditi

si deve ad ordinanze che spremono da ciascuno

la sesta parte delle sue sostanze, quale tributo

con criterio d’urgenza: e il pretesto ivi addetto

sono le vostre guerre di Francia. Il che dà la stura a bocche temerarie,

le lingue sputano sui loro doveri, e si freddano i cuori,

gelando ogni lealtà. Le loro imprecazioni fanno oggi le veci

delle preghiere, e si è arrivati al punto

che la docile obbedienza si è fatta succube

delle passioni incontrollate di ognuno. Vorrei che Vostra Altezza

si occupasse della questione seduta stante:

nessun problema appare oggi più urgente.

RE

Parola mia,

tutto questo va contro al mio volere.

WOLSEY

Per quanto mi riguarda,

non ho attuato queste misure, se non

per voto unanime, di cui ho poi preso atto

dopo l’esperta ratifica dei giudici. Se sono

calunniato da ignoranti malelingue, che non conoscono

le mie qualità né la mia persona, eppure si eleggono

a cronisti delle mie azioni, lasciatemi dire

che questo non è che il fato di chi ha il potere, l’irta boscaglia

che ostacola il cammino della virtù. Ma non dobbiamo

desistere da azioni necessarie per tema di dovercela vedere

con censori malevoli: che sempre,

come squali voraci, seguono un vascello

da poco messo in mare, senz’altro ricavarne

che vane bramosie. Spesso le nostre azioni migliori

son ritenute da critici fallaci, inattendibili in passato,

opera altrui, o di dubbio valore. Ed altrettanto spesso le peggiori,

più congeniali a spiriti volgari, vengon propagandate

come il meglio di cui siamo capaci. Dovessimo starcene immoti,

per tema che ogni nostra mossa sia criticata o derisa,

dovremmo metter radice qui, dove siamo assisi,

qual meri simulacri del potere.

RE

Le cose fatte bene,

curate nei dettagli, non danno certo adito a timori;

le cose fatte con improvvisazione, lascian temere

pei risultati. Ci sono precedenti

per cotesta ordinanza? Credo proprio nessuno.

Non dobbiamo strappare i nostri sudditi dal terreno delle leggi

per ripiantarli a nostro arbitrio. Un sesto dei propri averi?

Un tributo da far tremare! Via, è come prendere

da ciascun albero rami, corteccia e parte del fusto:

anche a lasciarlo con le sue radici, così sconciato,

l’aria ne suggerà ogni linfa. In ogni contea

che ha contestato l’ordinanza, mandate nostre lettere

con un perdono incondizionato per chiunque abbia negato

la validità del decreto. Vi prego, provvedete:

vi affido questo compito.

WOLSEY [al Segretario]

Una parola a quattr’occhi.

Siano spedite lettere in ogni contea

con il grazioso perdono del Re. I Comuni, tartassati come sono,

hanno una pessima opinione di me: mettete in giro la voce

che per mia personale intercessione

si è giunti alla revoca e al perdono. Vi darò presto istruzioni

ulteriori al riguardo. Esce il Segretario

Entra l’Intendente

CATERINA

Mi dispiace che il Duca di Buckingham

sia incorso nel vostro corruccio.

RE

Dispiace a molti.

È un gentiluomo assai colto, e un oratore di raro talento.

Nessuno è più di lui dotato dalla natura: ha una tale istruzione

che dei grandi maestri avrebbero molto da imparare da lui,

e lui non avrebbe mai bisogno dell’altrui sapere. Eppure, vedete,

quando queste sì nobili doti si orientano

in direzioni sbagliate, perché si è corrotta la mente,

possono assumere forme distorte, dieci volte più brutte

di quanto prima eran belle. Quest’uomo così raffinato

da essere ritenuto un prodigio – e quanto a noi,

come rapiti nell’ascoltarlo, un’ora del suo eloquio

volava in un minuto – costui, o madonna,

ha rivestito di costumi mostruosi le grazie

che una volta eran sue, e si è tinto di nero,

manco si fosse insozzato all’inferno. Restate qui: saprete di lui –

ché questo gentiluomo era il suo braccio destro –

cose che umiliano il senso dell’onore. Fategli recitare di nuovo

la storia di quelle trame, che mai ci stancheremo di udire

per quanto essa ci faccia soffrire.

WOLSEY

Fatevi avanti, e con animo schietto riferite le cose

che voi, da suddito zelante e fedele, avete raccolto

dalla viva voce del Duca diBuckingham.

RE

Parlate liberamente.

INTENDENTE

Innanzitutto, egli era uso dire – e lo diceva ogni giorno,

ché tanto si era estesa l’infezione – che se il Re

fosse defunto senza prole, tanto avrebbe fatto

da impadronirsi dello scettro. Queste precise parole

gliele ho sentite pronunciare davanti a suo genero,

Lord Abergavenny, al quale giurò che si sarebbe vendicato

del Cardinale.

WOLSEY

Vostra Altezza si compiaccia di rilevare

quanto è pericoloso un atteggiamento del genere:

frustrato nelle sue speranze circa la vostra augusta persona,

queste sue voglie si sono incancrenite, ed estese

dalla vostra persona a quella dei vostri amici.

CATERINA

Mio dotto Lord Cardinale,

cercate di parlare con spirito di carità.

RE

Continuate.

Su che cosa fondava il suo titolo alla corona

se fossimo venuti a mancare? Lo hai udito, su questo punto,

dir mai qualcosa?

INTENDENTE

Su questo punto, egli è stato istigato

da un’assurda profezia di Nicholas Henton.

RE

E chi è questo Henton?

INTENDENTE

Un frate certosino, Sire:

il suo confessore, che a ogni minuto gli metteva in testa

l’idea di farsi re.

RE

E tu come lo sai?

INTENDENTE

Non molto prima che Vostra Altezza accorresse in Francia,

il Duca, che si trovava al La Rosa, nella parrocchia

di San Lorenzo in Polleria, mi domandò

che voci circolavano tra la gente di Londra

in merito alla spedizione di Francia. Io replicai

che la gente temeva i Francesi avrebbero violato la parola data,

con grave rischio per il Re. E subito il Duca

disse che questo era, difatti, il timore: egli sospettava

che si sarebbero avverate certe parole

dette da un santo frate. Più d’una volta – mi disse –

costui mi mandò a dire di dar licenza

a John de la Car, mio cappellano, a un’ora convenuta,

di recepire una comunicazione di non poco momento.

E dopo che, sotto il sigillo della confessione,

ebbe fatto solennemente giurare al mio cappellano

di non farne parola con nessuna creatura vivente,

eccetto me, con piglio solenne e severo, pesando a lungo le parole,

finì con questa uscita: “Né il Re né i suoi eredi –

ditelo pure al Duca – avranno lunga vita. Che si sforzi

di guadagnarsi il favore del popolo: sarà il Duca

a governar l’Inghilterra”.

CATERINA

Se ben vi conosco

voi eravate l’intendente del Duca, e perdeste l’incarico

per le lagnanze dei fittavoli. Guardatevi bene

dall’accusare, per puro rancore, un nobile personaggio,

così macchiando la vostra più nobile anima. Guardatevi bene, vi dico.

Sì, ve ne scongiuro di tutto cuore.

RE

Lasciatelo dire.

E tu, continua.

INTENDENTE

Sull’anima mia, non dirò che la verità.

Io dissi al Duca mio signore che per maleficio diabolico

il monaco poteva ingannarsi; e ch’era pericoloso

per lui di ruminarci tanto sopra, sin tanto che il Maligno

non innescasse una delle sue trame, così che lui, abboccando,

vi desse esecuzione. E lui mi replicò: “Ma va’ là!

Non ci rimetto nulla” – e aggiunse inoltre

che se il Re, nella sua recente malattia, fosse venuto a mancare,

le teste del Cardinale e di Sir Thomas Lovell

sarebbero cadute.

RE

Ohibò! Tanto corrotto? Ohibò, ohibò,

c’è del marcio in quell’uomo! Hai qualcos’altro da dire?

INTENDENTE

Sì, mio Sire.

RE

Vai avanti.

INTENDENTE

Trovandosi a Greenwich,

dopo che Vostra Altezza ebbe rimproverato il Duca

per Sir William Bulmer…

RE

Ricordo bene

la circostanza: era mio servo giurato,

quando il Duca lo prese al suo servizio. Ma va’ avanti. Che accadde?

INTENDENTE

“Se” – disse lui – “Se per questo finissi imprigionato

nella Torre, com’è lecito pensare, reciterei la parte

che il padre mio intendeva recitare

con l’usurpatore Riccardo: quando, trovandosi a Salisbury

fece istanza di esser da lui ricevuto. Se fosse stata accolta,

nell’atto di rendergli l’omaggio dovuto, lo avrebbe

trafitto col pugnale”.

RE

Un tradimento colossale!

WOLSEY

Ora, madonna, potrebbe mai vivere al sicuro Sua Altezza,

con quest’uomo lasciato in libertà?

CATERINA

Dio ci perdoni tutti!

RE

C’è qualcos’altro che vorresti dire: che cosa?

INTENDENTE

Dopo “il Duca mio padre” ed “il pugnale”

si tese tutto e, con una mano sull’elsa della spada

e l’altra premuta sul cuore, levati gli occhi al cielo,

esplose in un atroce giuramento, il cui tenore

era che, se avesse dovuto patire ingiustizia, avrebbe superato

suo padre: così come l’esecuzione supera

un malcerto proposito.

RE

A questo dunque voleva arrivare:

a ficcarci il pugnale in corpo. Egli si trova in arresto:

sia processato subito. Se gli sarà possibile

trovar clemenza nella legge, l’avrà; in caso contrario,

non la cerchi tra noi. Per il giorno e la notte!

Quello è un traditore di tre cotte! Escono

ATTO PRIMO – SCENA TERZA

Entrano il Lord Ciambellano e Lord Sands

CIAMBELLANO

È mai possibile che la gente si lasci stregare

in modo così assurdo dalle magie della Francia?

SANDS

Le nuove mode,

per quanto ridicole come non mai –

per non dire indecorose – trovan sempre seguaci.

CIAMBELLANO

Per quanto riesco a capire, tutto il bene che i nostri Inglesi

han ricavato dall’ultima spedizione, si riduce

a un paio di buffe smorfie… Ma le hanno scelte ad arte,

giacché quando le esibiscono, lì per lì giurereste

che persino i loro nasi abbian dispensato consigli

a Pepino o Clotario, tanto son sussiegosi.

SANDS

Le gambe poi se le son storpiate a furia di riverenze.

Chi non li avesse mai visti andare al passo, potrebbe pensare

che fra loro imperversino i crampi, o il mal di garretti.

CIAMBELLANO

Diavolo, signore!

Le loro vesti hanno acquisito un taglio così pagano

che di cristiano, certo, non è rimasto più nulla. Che c’è ora?

Entra Sir Thomas Lovell

Che novità, Sir Thomas?

LOVELL

In fede mia, signore,

Non si parla d’altro che del nuovo proclama

affisso all’ingresso del Palazzo.

CIAMBELLANO

E cosa si proclama?

LOVELL

La riforma dei nostri intraprendenti viaggiatori,

che riempion la corte di duelli, di ciarle e di sarti.

CIAMBELLANO

Ne sono felice: adesso si spera che i nostri monsieurs

capiranno che un cortigiano inglese può saperla lunga,

e mai aver visto il Louvre.

LOVELL

Costoro saranno tenuti –

così dispone il proclama – o a lasciar perdere quel tanto

di assurdità e pennacchi che hanno acquistato in Francia,

con tutti gli annessi e connessi della loro imbecillità –

quali i puntigli dell’etichetta, i duelli, i corteggiamenti spinti,

le offese a uomini tanto più saggi di loro,

in nome di una saggezza straniera – rinnegando una volta per tutte

la loro fede nel tennis e nelle calze lunghe,

nelle braghette a sbuffo e in siffatte altre insegne del viaggiare,

e tornando a comportarsi da uomini dabbene,

oppure saran tenuti a far fagotto, e via dai vecchi compari!

Là, ne son certo, essi potranno cum privilegio, a furia di oui,

consumare nel ridicolo gli ultimi resti di un’esistenza dissoluta.

SANDS

Era tempo di dar loro una bella purga: questi loro malanni

si erano fatti contagiosi.

CIAMBELLANO

Che perdita per le nostre dame,

la partenza di questi insulsi elegantoni!

LOVELL

Sicuro, perdinci!

E piangeranno davvero, signori miei: quei furbi figli di puttana

hanno un’arte infallibile nel manometter le dame.

Un contrappunto francese e una sviolinata non hanno rivali.

SANDS

Sviolinatori, al diavolo! Sono contento di vederli partire,

poiché sicuramente non c’era modo di convertirli. E ora

un onesto signore di campagna quale son io, messo

fuori gioco da un pezzo, potrà fare un bell’assolo,

farsi ascoltare per un’ora e, presso la nostra madama,

passare per un buon musico.

CIAMBELLANO

Ben detto, Lord Sands.

Non vi è ancora caduto il dente della lussuria?

SANDS

No, mio signore,

né mi cadrà finché me ne resta la radice.

CIAMBELLANO

Sir Thomas,

dove stavate andando?

LOVELL

Dal Cardinale.

Anche Vossignoria è fra gli invitati.

CIAMBELLANO

Già, è vero.

Stasera offre un rinfresco, anzi una gran cena,

a molti nobili e dame. Sarà presente, ve l’assicuro,

il fior fiore delle belle del regno.

LOVELL

Quell’uomo di chiesa ha davvero la munificenza nel cuore:

una mano prodiga quanto la terra che ci dà nutrimento.

Le sue rugiade piovono dappertutto.

CIAMBELLANO

La sua munificenza è fuori dubbio.

Chi dice il contrario ha un dente avvelenato.

SANDS

Lui può, signore. Lui se lo può permettere: in lui

la parsimonia sarebbe un peggior peccato dell’eresia.

Per uomini del suo rango la munificenza è un dovere:

son loro a dare l’esempio, su questa terra.

CIAMBELLANO

Giusto, è così:

ma sono in pochi oggigiorno, a dare di tali esempi. La barca aspetta.

Vostra Signoria s’accomodi. Venite, ottimo Sir Thomas,

altrimenti faremo tardi, e proprio non vorrei,

giacché sono stato pregato, assieme a Sir Henry Guilford,

di far da maestro delle cerimonie, stasera.

SANDS

Son tutto vostro.

Escono

ATTO PRIMO – SCENA QUARTA

Musica di oboe. Una piccola tavola per il Cardinale, sotto il baldacchino, e una tavola più lunga per gli ospiti. Entrano da un lato Anna Bolena e diverse altre dame e gentiluomini invitati; dall’altro lato entra Sir Henry Guilford

GUILFORD

Signore, a tutte voi il benvenuto da parte di Sua Grazia,

e per tutte un saluto. Questa serata egli vuol dedicarla

a voi e all’onesta letizia: nella speranza che nessuna,

in questa eletta comitiva, si sia portata appresso

un solo dispiacere. Egli vi vorrebbe tutte in festa:

la buona compagnia anzitutto, e poi buon vino e buona tavola

ci rendono migliori.

Entrano il Lord Ciambellano, Lord Sands e [Sir Thomas] Lovell

Oh, signor mio, arrivate in ritardo.

A me, il solo pensiero di una sì lieta compagnia

ha messo le ali ai piedi.

CIAMBELLANO

Voi siete giovane, Sir Harry Guilford…

SANDS

Sir Thomas Lovell, se il Cardinale intrattenesse

soltanto la metà dei miei pensieri profani, qualcuna di costoro

ancor prima di mettersi a tavola sarebbe servita

che meglio non si potrebbe. Parola d’onore,

questo sì ch’è un amabile concorso di bellezze!

LOVELL

Oh, se Vossignoria potesse far lì per lì da confessore

ad una o due di loro!

SANDS

Magari!

Se la caverebbero con penitenze ben lievi.

LOVELL

Quanto lievi, di grazia?

SANDS

Quanto un giaciglio di piume.

CIAMBELLANO

Dolci signore, volete per cortesia sedervi? Sir Harry,

fatele accomodare da quel lato, che io mi occupo di questo.

Sta per arrivare Sua Grazia. No, non vi farò rabbrividire:

due dame, una accanto all’altra, raggelano l’ambiente.

Mio Lord Sands, voi siete tipo da tenerle sveglie:

prendete posto, vi prego, fra queste due signore.

SANDS

Certo, affé mia,

e ne son grato a Vossignoria. Con vostra licenza, gentili dame,

perdonatemi se mi scappa di dir qualche birbonata:

ho imparato da mio padre.

ANNA

Era matto, signore?

SANDS

Oh, matto da legare, tremendamente matto, persino in amore

ma non ha mai morso nessuna. Faceva proprio quel che farei io:

in un sol fiato ne baciava venti.

CIAMBELLANO

Ben detto, mio signore;

almeno voi siete ben sistemato. Signori,

vi farò far penitenza se queste belle signore

vi pianteranno, annoiate.

SANDS

Quanto alla mia piccola cura d’anime,

lasciate fare a me.

Oboe. Entra il Cardinal Wolsey e prende posto nel suo seggio

WOLSEY

Siate i benvenuti, miei diletti ospiti. La nobile dama

o il gentiluomo che non sian lieti e spensierati

non mi vogliono bene. E adesso, a conferma del mio benvenuto,

io brindo alla salute di voi tutti.

SANDS

Vostra Grazia è magnanimo.

Datemi una coppa grande abbastanza da contenere la mia gratitudine,

e risparmiatemi di sprecare il fiato.

WOLSEY

Mio caro Lord Sands,

vi son molto obbligato: intrattenete le vostre vicine.

Signore, mi sembrate imbronciate. Signori,

di chi è la colpa?

SANDS

Date tempo al vino rosso di imporporare

quelle gote leggiadre, monsignore. Saran poi loro a parlare

sì da ridurci al silenzio.

ANNA

Siete un gran bel capo ameno,

caro il mio Lord Sands.

SANDS

Sicuro: quando son io a guidare il gioco.

Alla salute, Duchessa. E voi bevete, madonna,

che io brindo a qualcosa…

ANNA

Che non potete mostrarmi.

SANDS

Ve l’avevo detto, Vostra Grazia, che le si sarebbe subito sciolta la lingua…

Tamburi e trombe. Salve di artiglieria

WOLSEY

Che accade?

CIAMBELLANO

Qualcuno vada a dare un’occhiata. [Esce un Servitore]

WOLSEY

Che bellicosi clamori

son mai questi, e a che scopo? No, mie dame, non abbiate timore:

le convenzioni di guerra vi rendono intoccabili.

Entra il Servitore

CIAMBELLANO

Insomma, di che si tratta?

SERVITORE

Una brigata di nobili forestieri,

a quel che sembra: hanno lasciato la barca e son scesi a terra,

e vengon qui in pompa magna, da ambasciatori

di principi stranieri.

WOLSEY

Mio buon Lord Ciambellano,

andate, dategli il benvenuto, voi che parlate francese

e, vi prego, accoglieteli degnamente e scortateli

alla nostra presenza, dove questa costellazione di bellezze

risplenderà in pieno su di loro. Qualcuno l’accompagni.

[Esce il Lord Ciambellano, con la sua scorta] Tutti si alzano, e si portano via le tavole

Ecco il banchetto va a rotoli. Ma sapremo rimediare.

A voi tutti, buona digestione, e ancora una volta

vi voglio subissare di saluti: benvenuti, voi tutti!

Oboe. Entrano il Re e altri, in maschera, abbigliati come pastori, preceduti dal Lord Ciambellano. Sfilano subito davanti al Cardinale e graziosamente lo salutano

Che nobile compagnia! In che posso servirvi?

CIAMBELLANO

Poiché non parlano inglese, mi hanno pregato

di dire a Vostra Grazia che, avendo avuto sentore

che un così nobile ed elegante convito

avrebbe qui avuto luogo stasera, il meno che potevano fare –

per via del profondo rispetto che nutron per la bellezza –

era lasciare i loro armenti e, con vostro cortese salvacondotto,

avere facoltà di posare gli occhi su queste dame, e intrattenerle

per un’oretta in lieta compagnia.

WOLSEY

Dite, Lord Ciambellano,

che fanno onore alla mia modesta dimora. Del che io li ripago

con mille grazie, e li invito a far festa come più loro aggrada.

Si scelgono le dame; il Re [sceglie] Anna Bolena

RE

La mano più leggiadra che mai abbia sfiorato: oh, Bellezza!

Sino ad ora non ti conoscevo! Musica. Danza

WOLSEY

Mio signore.

CIAMBELLANO

Vostra Grazia?

WOLSEY

Vi prego, dite loro da parte mia:

dovrebbe esserci fra loro una persona

più degna di questo seggio di quanto io non sia: alla quale

sarei lieto di cederlo con ogni affetto e devozione,

se solo la riconoscessi.

CIAMBELLANO

Riferirò, monsignore. Bisbigliano

WOLSEY

Cosa rispondono?

CIAMBELLANO

Quella tal persona – confessano in coro –

è veramente fra loro: preferirebbero fosse Vostra Grazia

a scoprirla, e allora lui prenderà il vostro posto.

WOLSEY

Vediamo dunque.

Con cortese licenza di voi tutti, signori: qui cade

la mia scelta di un Re.

RE [togliendosi la maschera]

L’avete scoperto, Cardinale!

Gran bella brigata, Eminenza: sapete darvi bel tempo.

Meno male che siete uomo di chiesa, se no vi direi, Cardinale,

che ora come ora potrei pensar male.

WOLSEY

Mi compiaccio

che Vostra Altezza prenda gusto a scherzare.

RE

Mio Lord Ciambellano,

ti prego, fatti avanti: chi è quella bella signora?

CIAMBELLANO

Se così vi piace, Altezza, la figlia di Sir Thomas Bullen,

Visconte di Rochford: una delle dame di Sua Altezza la Regina.

RE

Cielo, che bocconcino! Dolcezza mia,

sarei ben sgarbato a invitarvi alla danza

senza rubarvi un bacio. Alla salute, signori!

Passate in giro la coppa.

WOLSEY

Sir Thomas Lovell, è pronto il rinfresco

nella camera riservata?

LOVELL

Sì, monsignore.

WOLSEY

Altezza,

temo che con la danza vi siate un po’ accaldato.

RE

Anche troppo, temo.

WOLSEY

Troverete aria più fresca, mio Sire,

nella sala adiacente.

RE

Che ognuno vi accompagni la sua dama. Mia dolce compagna,

non devo ancora lasciarvi. Facciamo festa,

mio buon Lord Cardinale: ho ancora una mezza dozzina di brindisi

per queste belle signore, e un altro giro di danza

in cui guidarle, e poi potremo metterci a sognare

chi sia il favorito delle belle. Musicanti, attaccate! .

Escono, al suono delle trombe

Enrico VIII
(“Henry VIII” – 1612 – 1613)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V

Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali

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