Enrico VIII – Atto III

(“Henry VIII” – 1612 – 1613)

Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V

Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali

Enrico VIII - Atto III

ATTO TERZO – SCENA PRIMA

Entrano la Regina [Caterina] e le sue Ancelle intente al lavoro

CATERINA

Prendi il liuto, figliola. Il mio animo è in preda a tristi pensieri.

Canta, e falli svanire, se puoi. Lascia stare il lavoro.

CANZONE

Quando Orfeo sul liuto dispiegava il suo canto

s’inchinavano a lui, sì, come per incanto,

e gli alberi e le vette ammantate di neve.

Riviveva ogni pianta, si schiudeva ogni fiore:

sì, come a primavera, quando il dolce tepore

del sole scherza con la pioggia lieve.

Le forze della natura, nell’udirlo cantare –

sì, persino le onde in tumulto del mare –

a lui si piegavan, da lui eran placate.

Sì, la dolce arte della musica è tale

che lo strazio del cuore, la pena più esiziale

pace trovano in lei, e ne sono acquietate.

Entra un Gentiluomo

CATERINA

Che succede?

GENTILUOMO

Col buon volere di Vostra Grazia, i due eminenti Cardinali

attendono nella sala del trono.

CATERINA

Voglion parlare con me?

GENTILUOMO

Così m’han pregato di dirvi, signora.

CATERINA

Pregate le Loro Eminenze

di farsi avanti. [Esce il Gentiluomo]

Cosa possono volere da me,

una povera donna indifesa caduta in disgrazia?

Non mi piace questa visita. Ora che ci penso,

dovrebbero essere uomini giusti, onesta la loro missione:

solo che l’abito non fa il monaco.

Entrano i due Cardinali, Wolsey e Campeggio

WOLSEY

Pace all’Altezza Vostra.

CATERINA

Le Vostre Grazie mi trovano qui che faccio un po’ la massaia.

Vorrei esserlo in tutto e per tutto, in previsione del peggio.

Cosa desiderate da me, reverendi signori?

WOLSEY

Abbiate la compiacenza, nobile signora, di ritirarvi

nella vostra stanza privata, e vi spiegheremo per filo e per segno

il perché della nostra visita.

CATERINA

Spiegatelo qui.

Non ho mai fatto nulla, sulla mia coscienza,

che imponga segretezza. Oh, se ogni altra donna

potesse dir questo con l’innocenza con cui lo dico io!

Miei signori, non m’importa – e in questo son fortunata

più di tante – se le mie azioni

son scandagliate da ogni lingua, scrutinate da ogni occhio,

e se malignità e maldicenza si esercitan su di loro:

io so d’aver condotto una vita specchiata. Se la vostra missione

è d’indagare su di me, e sulla mia condotta di sposa,

ditelo senza tante perifrasi. La verità esige franchezza.

WOLSEY

Tanta est erga te mentis integritas, Regina serenissima…

CATERINA

Oh, mio buon signore, niente latino!

Non sono stata tanto pigra, dal giorno del mio avvento,

da non imparare la lingua del paese in cui vivo.

Una lingua straniera rende la mia causa più strana e sospetta.

Vi prego, parlate inglese: le qui presenti vi saranno grate

se direte la verità, per il bene della loro povera padrona.

Credetemi, le è stato fatto un gran torto. Lord Cardinale,

il mio peggior peccato di commissione

potete bene assolverlo in inglese.

WOLSEY

Nobile signora,

mi duole che la mia integrità debba ingenerare

(assieme ai servigi resi alle Vostre Maestà)

sospetti così profondi, malgrado la mia assoluta buonafede.

Noi non veniamo in veste di accusatori,

a macchiare l’onore benedetto da tutti gli onesti,

né a consegnarvi in alcun modo al dolore –

soffrite sin troppo, onesta Regina; ma solo a sapere

che posizione intendete assumere nella grave controversia

tra il Re e voi, e a comunicarvi,

da uomini schietti e dabbene, le nostre meditate opinioni,

e a confortarvi nelle vostre ragioni.

CAMPEGGIO

Onoratissima signora,

il Cardinale di York, per il suo nobile carattere,

la devozione e l’obbedienza da sempre tributati a Vostra Grazia,

dimenticando – nella sua bontà – i recenti attacchi

alla sua veracità e alla sua persona – davvero eccessivi –

vi offre, come anch’io, in segno di pace,

i suoi servigi, come anche i suoi consigli.

CATERINA [a parte]

Per poi tradirmi.

Ringrazio entrambe le Loro Eminenze per le buone intenzioni.

Parlate da uomini onesti: voglia Iddio che lo siate!

Ma come darvi un’immediata risposta

su una questione così grave, che tocca così da vicino il mio onore,

e più da vicino la mia vita, io temo – col mio scarso intelletto,

e di fronte a persone di tale gravità e dottrina –

io temo in verità di non saperlo. Stavo qui lavorando

tra le mie ancelle e, Dio lo sa, mai mi sarei aspettata

tali visitatori o una missione di tal fatta.

Nell’interesse di colei che fui – qui, lo sento,

la mia grandezza dà l’ultimo bagliore – care le mie Eminenze,

datemi il tempo di riflettere sulla mia causa.

Ahimè, sono una donna senza speranza e senza amici!

WOLSEY

Madonna, fate torto all’affetto del Re con questi timori:

le vostre speranze non si contano, e così i vostri amici.

CATERINA

In Inghilterra

c’è poco a mio favore: credete davvero, monsignori,

che qualche inglese osi ben consigliarmi?

O essermi amico dichiarato, e contrariare Sua Altezza

(un suddito così temerario da dir quel che pensa),

e restare tra i vivi? No, in fede mia. I miei amici,

quelli che possono compensare le mie afflizioni,

quelli che possono aspirare alla mia fiducia, non vivono qui.

Essi sono, come ogni altro mio conforto, lontani,

nella mia terra natale, signori miei.

CAMPEGGIO

Se solo Vostra Grazia

mettesse da parte le sue pene, e si lasciasse consigliare!

CATERINA

E come, signore?

CAMPEGGIO

Rimettete la vostra causa principale alla protezione del Re.

Egli vi ama, ed è assai magnanimo. Sarà tanto meglio

pel vostro onore e per la causa vostra;

giacché se dovrete sottostare a regolare processo

ve ne uscirete disonorata.

WOLSEY

Vi dice il giusto.

CATERINA

Mi suggerite ciò che entrambi vi augurate, la mia rovina.

Vi pare un consiglio da cristiani? Vergognatevi!

C’è ancora un cielo sopra di noi: colà è assiso un giudice

che nessun re potrà mai corrompere.

CAMPEGGIO

La vostra agitazione ci fa torto.

CATERINA

A vostra maggior vergogna. Vi credevo santi uomini di chiesa,

sull’anima mia, due venerabili, cardinali virtù:

ma ora vi temo come peccati cardinali, e cuori senz’anima.

Vergogna a voi, monsignori! Ravvedetevi! È questo il conforto?

Il cordiale che portate a una dama infelice,

a una donna da voi rovinata, derisa, spregiata?

Non vi auguro la metà delle mie sventure:

son più cristiana di voi. Ma dite pure che vi ho avvertito:

attenti, per amore del cielo, attenti, se non volete che un giorno

si abbatta su di voi il fardello delle mie pene.

WOLSEY

Madonna, questa è pura follia.

Il bene che noi vi offriamo lo trasformate in male.

CATERINA

E voi mi trasformate nel nulla. Guai a voi,

per tali false professioni di fede. Vorreste indurmi –

se aveste un’ombra di giustizia o pietà,

se foste altro che non due tonache prelatizie –

ad affidare la mia causa malferma nelle mani di chi mi odia?

Ahimè, mi ha già bandito dal suo letto

e dal suo affetto, sin troppo tempo fa. Sono vecchia, signori,

e l’unico rapporto che ancora mi lega a lui

resta la mia obbedienza. Cos’altro può capitarmi

dopo tanta disgrazia? Sono le vostre macchinazioni

a fare di me la reietta che sono.

CAMPEGGIO

Le vostre paure fanno di peggio.

CATERINA

Ho vissuto anche troppo – lasciatelo dire a me,

visto che la virtù non trova avvocati – da moglie, e da moglie fedele?

Una donna – oso affermarlo senza sicumera –

mai sino ad ora segnata dal sospetto?

Non sono sempre, con tutto l’amore di cui sono capace,

andata incontro al Re, non l’ho amato e obbedito, secondo solo a Dio?

Non sono stata, nell’affetto mio cieco, sin troppo devota,

quasi dimentica delle mie preghiere, pur di farlo felice?

Ed è questa la ricompensa? Non è giusto, signori.

Portatemi una donna fedele al suo sposo,

una che non ha mai sognato altra gioia se non il piacere di lui,

e a quella donna, quand’ella ha dato tutto,

aggiungerò di mio un altro onore: una grande pazienza.

WOLSEY

Madonna, voi divagate dal bene a cui miriamo.

CATERINA

Monsignore, non oso macchiarmi della colpa

di rinunciare spontaneamente al nobile titolo

a cui mi ha fatto sposa il vostro sovrano. Soltanto la morte

potrà divorziarmi dalle mie prerogative regali.

WOLSEY

Vi prego, ascoltatemi.

CATERINA

Oh, non avessi mai calcato questa terra inglese,

o dato retta alle lusinghe che vi allignano!

Avete volti d’angelo, ma il cielo conosce i vostri cuori.

Cos’avverrà di me ora, infelicissima donna?

Sono la donna più sventurata del mondo.

Ahimè, povere ragazze, cosa più avrete in sorte?

Naufragate su un regno dove non ci sono pietà

né amici, né speranze, né congiunti che piangan per me,

dove a momenti mi si nega una tomba. Come il giglio

che era una volta padrone del campo dove fioriva,

io chinerò la testa per lasciarmi morire.

WOLSEY

Se Vostra Grazia

si lasciasse convincere dell’onestà delle nostre intenzioni,

stareste meglio. Perché dovremmo, cara signora,

per che motivo, farvi del torto? Ahimè, il nostro rango,

la natura del nostro magistero si opporrebbero a tanto.

A noi spetta lenire gli affanni, non crearne di nuovi.

Per amor di Dio, riflettete a ciò che fate,

a come potreste, sì, danneggiare voi stessa, e fino in fondo

alienarvi la confidenza del Re, facendo come voi fate.

I cuori dei principi baciano l’obbedienza,

tanto l’apprezzano: ma con chi recalcitra

si gonfiano sino a scoppiare, tremendi come tempeste.

Lo so che avete un’indole nobile e mansueta,

un’anima serena come un mare calmo. Vi prego di crederci

quel che diciamo di essere, messaggeri di pace, amici, e servi fidati.

CAMPEGGIO

Tali ci troverete, madonna. Fate torto alle vostre virtù

con queste ansie da donnicciola. Uno spirito nobile

come quel che in voi è infuso, sempre respinge

tali dubbi da sé come moneta falsa. Il Re vi ama:

attenta a non perderne l’affetto. Quanto a noi, se vi garba

affidarci i vostri interessi, siamo pronti

a prodigarci col massimo impegno al vostro servizio.

CATERINA

Fate quel che vi pare, monsignori, e perdonatemi, prego,

se mi son comportata in modo scortese.

Sapete che sono una donna, cui difetta l’ingegno

per dare risposte adeguate a personaggi di tale levatura.

Vi prego, porgete i miei ossequi a Sua Maestà.

Egli ha tuttora il mio cuore, e avrà i miei fervidi voti

finché avrò vita. Venite, reverendi padri,

prodigatemi i vostri consigli. Lo implora colei

che, sbarcando in questo paese, mai avrebbe pensato

al prezzo che, per tali onori, poi avrebbe pagato. Escono

ATTO TERZO – SCENA SECONDA

Entrano il Duca di Norfolk, il Duca diSuffolk, Lord Surrey e il Lord Ciambellano

NORFOLK

Se ora farete fronte comune nelle proteste

e premerete su di lui senza tregua, il Cardinale

finirà coll’esserne travolto. Se vi lasciate sfuggire

questo momento propizio, posso solo promettervi

che vi toccherà subire altre e nuove indegnità

oltre a quelle che già vi tocca sopportare.

SURREY

Sono felice

di cogliere la minima occasione che in me risvegli

la memoria di mio suocero, il Duca,

per vendicarmi di costui.

SUFFOLK

Chi fra i Pari del regno

è andato esente dal suo disprezzo, o quantomeno

dalla sua straordinaria mancanza di tatto? Quando mai ebbe riguardo

per le più nobili qualità di chicchessia,

all’infuori di sé?

CIAMBELLANO

Miei Pari, fate presto a parlare.

So bene quel che si merita da voi e me,

ma di quel che possiamo fargli (anche se ora il momento

ci sembra favorevole) ho una grande paura. Se non ce la fate

a interdirgli l’accesso al Re, non provatevi mai

ad attentare a lui, ché la sua lingua è stregata

quando lui parla al Re.

NORFOLK

Oh, non abbiate paura di lui.

Quel suo incantesimo è rotto: il Re ha scoperto

qualcosa su di lui che ha reso amaro per sempre

il miele dei suoi discorsi. No: ora ha messo radici

nel reale disdegno, e non se ne caverà fuori.

SURREY

Signore,

notizie come questa mi rendono felice.

Ne vorrei una ogni ora.

NORFOLK

Credetemi, è la verità.

Nella questione del divorzio il suo doppio gioco

è ormai così scoperto, che ci fa la figura

che augurerei a un mio nemico.

SURREY

E come son venuti

alla luce i suoi intrighi?

SUFFOLK

Nel modo più inatteso.

SURREY

Ma come, come?

SUFFOLK

Le lettere del Cardinale al Papa, per un disguido,

sono finite sotto gli occhi del Re, e in esse lui ha letto

che il Cardinale ha chiesto a Sua Santità

di sospendere la decisione sul divorzio; poiché se essa

fosse stata presa, “Mi rendo conto” – lui scrive –

“che il mio Re è impegolato nella passione

per una creatura della Regina, madonna Anna Bolena”.

SURREY

Il Re ha la lettera?

SUFFOLK

Potete crederci.

SURREY

E gli basterà?

CIAMBELLANO

Il Re ha così compreso come lui traccheggi

sempre occultando le proprie mene. Ma su questo scoglio

tutti i suoi trucchi vanno a picco, e la sua medicina

la porta al funerale del paziente: il Re

ha già impalmato la bella signora.

SURREY

Fosse vero!

SUFFOLK

Potete congratularvi con voi stesso, signore:

vi giuro, il vostro desiderio è realtà.

SURREY

Allora tutta la mia gioia

segua la congiunzione dei due astri.

SUFFOLK

E così sia – dico io.

NORFOLK

Lo diciamo tutti.

SUFFOLK

La data dell’incoronazione è già fissata.

Perdinci, una notizia calda calda, e forse è meglio

non propalarla a tutti. Ma, miei signori,

colei è una splendida creatura, di perfetta armonia

fisica e spirituale. Mi sono convinto che da lei

verrà a questo paese un qualche dono di Dio, che vi lascerà

tracce memorabili.

SURREY

Ma il Re

la manderà giù, la lettera del Cardinale?

Che Dio non voglia!

NORFOLK

No davvero, perbacco!

SUFFOLK

No, no!

Ci sono altre vespe che gli ronzano sotto il naso,

ma questa sarà la prima a trafiggere. Il Cardinale Campeggio

se n’è scappato a Roma, insalutato ospite,

ha lasciato in sospeso la causa del Re,

e corre a spron battuto, da emissario del nostro Cardinale,

a secondarne le trame. E vi assicuro

che, alla notizia, il Re ha tuonato “Ohibò!”

CIAMBELLANO

Che Iddio gli dia esca,

e lo faccia tuonare “Ohibò! ” più forte ancora.

NORFOLK

Ma signore,

quando rientra Cranmer?

SUFFOLK

È già rientrato, con le opinioni da lui raccolte,

che hanno convinto il Re al divorzio, poiché hanno l’avallo

di quasi tutte le università più famose

del mondo cristiano. Tra breve, credo,

sarà proclamato il suo secondo matrimonio,

e l’incoronazione di lei. Caterina non sarà più

chiamata Regina, ma Principessa Vedova

del Principe Arturo.

NORFOLK

Questo Cranmer

è una degna persona, e ce l’ha messa tutta

nella faccenda del Re.

SUFFOLK

Proprio così, e per questo lo vedremo

promosso ad Arcivescovo.

NORFOLK

Così ho sentito.

SUFFOLK

E così è.

Entrano Wolsey e Cromwell

Il Cardinale!

NORFOLK

Guardatelo, come è scuro in viso!

WOLSEY

Quel plico, Cromwell, l’avete dato al Re?

CROMWELL

Direttamente nelle sue mani, nella sua stanza da letto.

WOLSEY

Ma lo ha aperto, l’involucro?

CROMWELL

Seduta stante

l’ha dissuggellato, e ha scorso il primo dei documenti

con aria preoccupata: e un certo allarme

gli si leggeva in viso. A voi ha ordinato

di presentarvi a lui qui stamattina.

WOLSEY

È già pronto

ad apparire in pubblico?

CROMWELL

Direi di sì, a questo punto.

WOLSEY

Lasciatemi solo un momento. Esce Cromwell

[A parte] Ha da essere la Duchessa d’Alençon,

sorella del Re di Francia: è lei che dovrà sposare.

Anna Bolena? No, nessun’Anna Bolena per il Re.

Qui ci vuol’altro che un bel viso. Bolena!

No, niente Bolene, per quanto sta in noi. Con impazienza attendo

le notizie da Roma. Marchesa di Pembroke?

NORFOLK

È assai imbronciato.

SUFFOLK

Forse ha saputo

che il Re ce l’ha con lui, ed affila le armi.

SURREY

Le affili come si deve,

Signore, per la Tua giustizia!

WOLSEY [a parte]

La dama d’onore dell’ex Regina, la figlia d’un cavaliere,

padrona della sua padrona? Regina della Regina?

Questa candela fa fumo: tocca a me soffiarci sopra

e puff! eccola spenta. Anche se so che è virtuosa

e ricca di meriti? Intanto, a me risulta

luterana arrabbiata, e poi andrebbe a detrimento

della nostra causa, il fatto che essa divida letto e segreti

del nostro ombroso monarca. E adesso ci salta fuori

un eretico, un arci-eretico, Cranmer, uno

che si è insinuato nel favore del Re,

e ora gli fa da oracolo.

NORFOLK

Qualcosa lo sta tormentando.

Entra il Re, leggendo una pergamena [,e Lovell]

SURREY

Se almeno questo qualcosa gli rodesse ogni fibra

e anche la molla che gli fa battere il cuore!

SUFFOLK

Il Re! Il Re!

RE

Che cumuli di ricchezze ha saputo ammassare

nelle sue mani! E quale marea di spese, a ogni ora che passa,

rifluisce da lui! In nome del buon governo, ma come fa

a rastrellare tutto questo? – Ebbene, signori miei,

l’avete visto, il Cardinale?

NORFOLK

Mio Sire, siamo stati qui

ad osservarlo. Un’insolita agitazione

gli sta turbando il cervello. Si morde le labbra, trasalisce,

s’arresta di colpo, contempla il pavimento,

si tocca la tempia col dito, d’un tratto

cammina a passi lesti, poi si ferma di nuovo,

si batte forte il petto, e subito rivolge

i suoi sguardi alla luna: lo abbiamo visto atteggiarsi

nelle pose più strane.

RE

E lo credo bene:

la sua mente è in subbuglio. Questa mattina

mi ha mandato in esame documenti di stato,

su mia richiesta: e indovinate che ci ho trovato,

inserito, ne son convinto, inavvertitamente?

Nientedimeno che un inventario, il quale specifica

i diversi articoli della sua argenteria, i suoi gioielli,

tessuti pregiati e oggetti ornamentali

d’inestimabile valore, che io trovo incompatibile

con le fortune di un privato.

NORFOLK

L’ha voluto il cielo:

sarà stato uno spirito ad infilare nel plico quest’inventario,

per ricrearvi la vista.

RE

Se potessimo crederlo

immerso in meditazioni oltremondane,

e intente a fini spirituali, lo lasceremmo

alla sua contemplazione. Ma ho paura

che i suoi pensieri si fermino ben al di sotto della luna, in ambiti indegni

di un sì profondo meditare.

Il Re si accomoda sul trono e bisbiglia qualcosa a Lovell, che si accosta al Cardinale

WOLSEY

Il cielo mi perdoni.

Dio sempre vi benedica, Altezza!

RE

Mio caro monsignore,

voi siete colmo di celestiali sostanze, e nella vostra mente

portate l’inventario delle vostre virtù, proprio quelle che or ora

passavate in rassegna. A malapena vi resta il tempo

di sottrarre agli esercizi spirituali una breve pausa

per occuparvi di rendiconti terreni. È vero, in questo

io vi ritengo un cattivo amministratore, e sono lieto

che almeno in questo mi somigliate.

WOLSEY

Sire,

alle sacre funzioni dedico qualche tempo, ed altro tempo

a meditare sulle altre mie funzioni

di uomo di governo; e la natura esige

i suoi momenti di ricreazione, che per forza di cose

anch’io, sua fragile creatura, fra i miei confratelli mortali,

dovrò pure osservare.

RE

Belle parole.

WOLSEY

E che Vostra Altezza possa sempre appaiare –

e io darvene motivo – le mie buone azioni

alle belle parole.

RE

Ben detto, ancora una volta!

Dire bene le cose equivale a farle bene,

eppure le parole non sono azioni. Mio padre vi amava.

Diceva di amarvi, e con azione appropriata ebbe a confermare

le parole coi fatti. Dalla mia ascesa al trono

vi ho tenuto vicino al cuore, e non solo

vi ho affidato impieghi altamente remunerativi,

ma ho anche ridotto di un bel po’ le mie sostanze, nel colmarvi

di generose prebende.

WOLSEY [a parte]

Che significa questo?

SURREY [a parte]

Il Signore continui nell’opera intrapresa!

RE

Non ho fatto di voi

il primo dei miei ministri? Vi prego, ditemi,

se quanto sto per affermare vi risulta vero,

e se vi va di confessarlo ditemi anche

se vi sentite a noi obbligato, oppure no. Che avete da dire?

WOLSEY

Mio sovrano, confesso che i vostri regali favori,

profusi giorno per giorno su di me, hanno di molto superato

quanto dovuto ai miei zelanti uffici, che pure sono andati al di là

di tutto ciò che si può chiedere a un uomo. I miei sforzi

son sempre rimasti al di sotto dei miei desideri,

ma pur sempre all’altezza dei miei talenti. Le mie mire personali

sono state mie nella misura in cui hanno sempre mirato

al bene della vostra sacra e augusta persona

e all’interesse dello stato. Quanto ai grandi favori

riversati su di me, pover’uomo immeritevole,

non posso che esprimervi i miei più devoti ringraziamenti,

pregando il cielo per voi, e la mia lealtà,

che non ha fatto che crescere e crescerà sempre,

sinché l’inverno della morte non l’avrà uccisa.

RE

Gran bella risposta,

che dà risalto all’immagine

di un suddito leale e sottomesso. L’onore del quale

è la sua stessa ricompensa, così come, nel caso inverso,

il disonore è la sua stessa punizione. Io presumo

che, come la mia mano vi è stata prodiga di doni

e il mio cuore di affetti, e il mio potere v’ha inondato di onori,

più di chiunque altro, così la vostra mano, ed il cuore,

ed il cervello, ed ogni facoltà in vostro potere

avrebbero dovuto – a parte ogni vincolo di fedeltà –

proprio per l’intimo legame di affetto che ci lega, operare

per me, il vostro amico, più che per ogni altro.

WOLSEY

Io qui dichiaro

d’essermi sempre prodigato per il bene di Vostra Altezza,

più che per il mio; d’essere quel che sono, sono stato e sempre sarò –

quand’anche il mondo intero facesse a pezzi la fedeltà che vi deve

per ripudiarla dal fondo dell’anima, quand’anche i pericoli

irrompessero in tanti, quanti il pensiero ne può immaginare,

ed apparissero in forme ancora più orrende – pure la mia fedeltà,

come una roccia di contro a marea ribollente,

dovrebbe infrangere le ondate di sì turbolenta fiumana

ed incrollabile restar tutta vostra.

RE

Assai nobili parole.

Prendete nota, signori: egli ha un cuore leale,

l’avete visto mettervelo a nudo. Leggetemi questo.

[gli passa dei documenti]

e dopo, questo; e poi, su a colazione,

se ancora vi resta un po’ d’appetito.

Esce il Re, fissando corrucciato il Cardinale; i Nobili gli si accalcano dietro, sorridendo e bisbigliando

WOLSEY

Che significa questo?

Che collera improvvisa è mai questa? Che ho fatto per meritarla?

Se n’è andato con un’occhiataccia, quasi che la rovina

gli schizzasse dagli occhi. Così guata il leone furente

il temerario cacciatore che l’ha ferito

e ne sarà annientato. Devo leggere questo foglio:

qui, temo, è la spiegazione della sua ira. Proprio così:

questo foglio mi ha rovinato. È l’inventario

di tutto quell’universo di ricchezze che ho ammassato

per i miei fini – in realtà, per guadagnarmi il papato

e finanziare i miei alleati di Roma. Oh distrazione

in cui solo uno stolto poteva incappare! Qual diavolo maligno

mi indusse a infilare questo grosso segreto nel plico

che avevo inviato al Re? Non c’è alcun modo di rimediare?

Qualche nuova trovata, per toglierglielo dalla testa?

Lo so che lo manderà sulle furie, eppure ne ho una

che, se faccio le cose giuste, a dispetto della sfortuna,

mi toglierà dalle peste. E questo cos’è? “Al Papa”?

La lettera – ci giurerei – con tutto quello

che scrissi a Sua Santità. Eh no, a questo punto, addio!

Ho toccato il punto più alto della mia grandezza,

e ora da quello zenith della mia gloria

volo verso il tramonto. Saprò cadere

come una luminosa meteora nella sera,

e nessun uomo mi vedrà mai più.

Entrano, alla volta di Wolsey, i Duchi di Norfolk e Suffolk, il Conte di Surrey, e il Lord Ciambellano

NORFOLK

Udite il volere del Re, Cardinale, che vi ingiunge

di riconsegnare all’istante il Gran Sigillo

nelle nostre mani, e di restare agli arresti

ad Asher House, la sede del Vescovo di Winchester,

fino a nuove istruzioni da parte di Sua Altezza.

WOLSEY

Alto là!

Dov’è il vostro mandato, signori? Le parole non bastano

a un’ingiunzione di tale gravità.

SUFFOLK

Chi osa far resistenza

quand’esse esprimono, per bocca sua, una precisa volontà del Re?

WOLSEY

Finché non trovo qualcosa di più di una volontà o di parole –

mi riferisco al vostro odio – sappiate, zelanti signori,

che ho il dovere di oppormi, e lo farò. Ora tocco con mano

di qual vile metallo siete forgiati: la malignità.

Con quale entusiasmo tenete dietro alle mie disgrazie

per pascervi di esse, e con quanta prontezza e voluttà

mettete becco in tutto ciò che concorre alla mia rovina!

Seguite le vie della vostra invidia, uomini maligni:

davvero una procedura da cristiani – e senza dubbio,

avrete a suo tempo, per questo, la giusta mercede. Quel sigillo

che mi chiedete con tanta irruenza, il Re,

padrone vostro e mio, me l’ha affidato di sua propria mano;

mi ha ordinato di goderne, con la carica e gli onori connessi,

vita natural durante e, a conferma della sua generosità,

l’investitura è avallata da lettere patenti. E ora chi me la toglie?

SURREY

Il Re che ve l’ha data.

WOLSEY

Dovrà farlo di persona.

SURREY

Sei un tracotante traditore, prete.

WOLSEY

Tracotante sei tu, e mentitore.

Nel giro di quarantott’ore Surrey l’avrà capito

che era meglio bruciarsi la lingua che parlarmi così.

SURREY

La tua ambizione,

peccatore scarlatto, ha privato questo paese, che tuttora lo piange,

di mio suocero, il nobile Buckingham.

Le teste di tutti i Cardinali tuoi confratelli,

con te e tutto il meglio delle tue doti,

non valgono un solo capello di lui. All’inferno le vostre trame!

Mi avete mandato a fare il Viceré in Irlanda

perché non potessi aiutarlo, lontano dal Re e da tutti coloro

che avrebbero potuto ottenere clemenza per le accuse da te profferite,

mentre la vostra sublime bontà, con cristiana pietà,

gli dava l’assoluzione con la mannaia.

WOLSEY

Questo, con tutto il resto

che questo Conte raccontafavole mi mette in conto,

dichiaro falso in tutto e per tutto. Il Duca fu giudicato

secondo la legge. Quanto io fossi incolpevole

d’ogni malanimo personale nella sua fine,

lo testimoniano i suoi nobili giudici e la sua ignobile causa.

Se io amassi menare la lingua, signore, potrei dirvi

che di onestà come di onore, ne avete ben poca,

e che in fatto di lealtà e fedeltà

verso il Re, mio per sempre regale padrone,

posso vedermela con uomini ben più sensati d’un Surrey,

e di tutti quelli che ne apprezzano le follie.

SURREY

Sull’anima mia,

prete, la tua tonaca ti protegge, altrimenti

ti sentiresti la mia spada nel fondo del cuore. Signori,

come potete tollerare una tale arroganza,

e da un tale individuo? Se siamo tanto imbelli

da farci insultare così da uno straccio di porpora,

addio nobiltà! Che Sua Grazia faccia altri progressi,

e ci abbagli con la sua berretta, manco fossimo allodole.

WOLSEY

Ogni forma di bontà

è veleno per il tuo stomaco.

SURREY

Sì, quella bontà che consiste

nel rastrellare l’intera ricchezza del paese in un unico ammasso

nelle vostre mani, Cardinale, e a forza d’estorsioni.

La bontà dei messaggi intercettati

che avete scritto al Papa a detrimento del Re. La vostra bontà,

giacché mi provocate, sarà data in pasto alla gente.

Mio Duca di Norfolk, giacché voi siete veramente nobile

e vi stanno a cuore il bene comune, la condizione

della nostra bistrattata nobiltà, i nostri eredi –

i quali, se costui vive, potranno sì e no fare i gentiluomini –

tirate fuori la gran somma dei suoi peccati, le imputazioni

collezionate in una vita. Vi farò trasalire:

peggio della campanella dell’ostia, quando la bella mora

era tra le vostre braccia, Cardinale, intenta a baciarvi.

WOLSEY

Quanto, affé mia, potrei disprezzare quest’uomo,

se non me lo vietasse la carità cristiana!

NORFOLK

Quei capi d’accusa, monsignore, sono in mano del Re:

mi basti dire che sono infamanti.

WOLSEY

Tanto più chiara

e immacolata rifulgerà la mia innocenza,

appena il Re avrà capito che gli sono fedele.

SURREY

Non basterà a salvarvi.

Ringrazio la mia memoria: ricordo ancora

qualcuna di queste accuse, e ve le sciorino.

Ora, Cardinale, se siete capace di arrossire e gridare “Colpevole!”

dimostrerete un pizzico d’onestà.

WOLSEY

Continuate, signore.

Sfido le vostre peggiori accuse. Se arrossisco,

è nel vedere un nobile che non si sa controllare.

SURREY

Meglio perdere il controllo che la testa. A voi, in guardia!

In primo luogo, senza l’assenso o all’insaputa del Re

vi siete dato da fare per diventare legato del Papa, e con tali poteri

avete usurpato le prerogative di tutti i Vescovi.

NORFOLK

Secondo: in tutti i vostri dispacci a Roma, o anche

a principi stranieri, c’era sempre scritto

Ego et Rex meus“, così che il Re era messo in sottordine

alla vostra persona.

SUFFOLK

Terzo: all’insaputa del Re,

così come del Consiglio, quando vi recaste dall’Imperatore

in qualità di ambasciatore, aveste l’ardire

di portarvi fino in Fiandra il Gran Sigillo.

SURREY

Ancora: avete inviato un’ampia delega

a Gregorio de Cassado, affinché concludesse

all’insaputa del Re o senza l’avallo dello stato,

un’alleanza tra Sua Altezza e Ferrara.

SUFFOLK

E per pura ambizione avete fatto coniare

il vostro cappello cardinalizio sulla moneta del Re.

SURREY

Inoltre, avete mandato somme incalcolabili –

e come ve le siete procurate lo lascio alla vostra coscienza –

per foraggiare Roma e preparare il terreno

a nuovi onori per voi, portando né più né meno alla rovina

tutto il reame. Ce ne sono moltre altre,

ma poiché hanno a che fare con voi, per la loro odiosità,

non mi ci voglio sporcare la bocca.

CIAMBELLANO

O mio signore,

non infierite troppo su un uomo caduto: siate virtuoso.

Le sue colpe sono esposte al rigore delle leggi. Siano esse,

non voi, a castigarlo. Mi piange il cuore a vederlo ridotto

a un’ombra del grand’uomo che era.

SURREY

Io lo perdono.

SUFFOLK

Lord Cardinale, è inoltre volere del Re –

dal momento che tutte le azioni da voi ultimamente compiute

in virtù dei vostri poteri di legato presso questo regno

costituiscono violazione del praemunire

che sia pertanto contro di voi spiccato il seguente mandato

per la confisca di tutti i vostri beni, terreni, immobili,

e mobili, di qualunque tipo, e con decadenza

dalla protezione del Re. Questo è il mio incarico.

NORFOLK

E così vi lasciamo alle vostre meditazioni

sulla vita virtuosa. Quanto al vostro ostinato rifiuto

di restituirci il Gran Sigillo,

il Re ne verrà informato e, fuor di dubbio, saprà come ringraziarvi.

Cosicché addio, monsignor Cardinal Poco-di-buono.

Escono tutti eccetto Wolsey

WOLSEY

E così addio, voi che dei poco di buono siete stati con me.

Addio, e un lungo addio, a tutta la mia grandezza.

Questa è l’umana condizione: oggi uno mette fuori

le tenere foglie della speranza, domani fiorisce,

poi porta su di sé un fitto rigoglio di onori.

Al terzo giorno arriva una gelata, una gelata mortale,

e proprio quando lui pensa, fiducioso e sereno, che di sicuro

la sua grandezza sta per maturare, ecco che lo attacca alle radici

e lui poi crolla, come a me sta accadendo. Mi sono avventurato,

come i bambini giocosi che nuotano aggrappati a vesciche,

per troppe estati in un mare di gloria,

ma in acque per me troppo fonde: il mio orgoglio smodato

si è alla fine sgonfiato sotto di me, e ora mi lascia

esausto ed invecchiato nel mio ufficio, alla mercé

di un turbolento torrente che m’inghiottirà per sempre.

Vana pompa e gloria di questo mondo, io vi odio.

Sento che il mio cuore rinasce con me. Oh quanto disgraziato

il poveretto che dipende dal favore dei principi!

Ci sono, tra quel sorriso a cui vorremmo aspirare,

l’aspetto benigno dei principi, e il loro rovinoso potere

più spasimi e terrori di quanti ne provino le donne, ne infliggano le guerre.

E quando egli cade, cade come Lucifero,

e per non più sperare.

Entra Cromwell, e ristà sbigottito

Che c’è ora, Cromwell?

CROMWELL

Non ho il coraggio di parlare, signore.

WOLSEY

Come, sgomento

per le mie disgrazie? Può il tuo spirito stupirsi

del declino di un grande? Davvero, se piangi tu,

son proprio un uomo finito.

CROMWELL

Come si sente Vostra Grazia?

WOLSEY

Bene, se per questo.

Mai stato così felice, mio buon Cromwell.

Ora conosco me stesso, e dentro di me sento

una pace che trascende ogni pompa terrena,

una coscienza serena e tranquilla. Il Re mi ha guarito.

Io ne ringrazio umilmente Sua Altezza, che da queste mie spalle –

questi pilastri in rovina – ha pietosamente sottratto

un carico da affondare un’intera flotta: l’eccesso di onori.

Oh, è un fardello, Cromwell, un fardello

troppo pesante per uno che aspiri al cielo!

CROMWELL

Son lieto che Vostra Grazia l’abbia presa per il verso giusto.

WOLSEY

Lo spero proprio: ché mi sento ora in grado,

per via d’una fortezza d’animo che sento in me,

di sopportare avversità più numerose e più gravi assai

di quanto osino prepararmi i miei codardi nemici.

Che notizie ci sono?

CROMWELL

La più grave, e la peggiore,

è che siete incorso nel ripudio del Re.

WOLSEY

Dio lo benedica!

CROMWELL

Inoltre, Ser Tommaso Moro è stato scelto

al vostro posto, come Lord Cancelliere.

WOLSEY

Questa non me l’aspettavo!

Ma è un uomo dotto. Che possa continuare a lungo

nel favore di Sua Altezza, e rendere giustizia

nell’interesse della verità e della sua coscienza, sì che le sue ossa,

quando avrà compiuto il suo corso e riposerà benedetto,

possano avere una tomba di lacrime d’orfani, versate per lui.

Che altro c’è?

CROMWELL

Cranmer è ritornato con tutti gli onori,

ed è stato insediato come Arcivescovo di Canterbury.

WOLSEY

Questa sì è una notizia!

CROMWELL

Infine, Lady Anna,

che il Re ha segretamente e da tempo sposato,

stamani è stata vista in pubblico nella sua veste di regina,

mentre andava in cappella, e ora non si parla d’altro

che della sua incoronazione.

WOLSEY

Eccolo, il peso che mi ha tirato a fondo! Oh, Cromwell,

il Re mi ha fatto lo sgambetto: tutte le mie glorie

le ho perdute per sempre per quella sola donna.

Nessun sole si leverà ad annunciare i miei onori

o indorerà mai più le brigate di nobili schierati in attesa

di un mio sorriso. Va’, sta’ alla larga da me, Cromwell:

io sono un pover’uomo in disgrazia, ormai indegno

di esserti signore e padrone. Cerca udienza dal Re –

quel sole che prego non tramonti mai. Gli ho detto

chi sei, e quanto sei fedele. Egli saprà innalzarti.

Qualche pallido ricordo di me saprà indurlo –

io ne conosco la nobile natura – a non sacrificare

anche i buoni servigi che promettevi di rendere. Buon Cromwell,

non lo trascurare; datti da fare adesso, e prepara

la tua futura salvezza.

CROMWELL

O mio signore,

devo dunque lasciarvi? Devo rinunciare per forza

ad un padrone così buono, nobile e fedele?

Siatemi testimoni, voi che non avete cuori di pietra,

dello strazio di Cromwell nel lasciare il suo signore.

Il Re avrà i miei servigi, ma le mie preghiere

saranno sempre e soltanto per voi.

WOLSEY

Cromwell, io non pensavo di versare una lacrima,

con tutte le mie sventure, ma tu mi costringi,

con la tua onesta dedizione, a fare come una donna.

Asciughiamoci gli occhi, e dammi ancora ascolto, Cromwell;

e quando sarò dimenticato, com’è destino,

per dormire nel marmo freddo e inerte, là dove non si dovrà

più parlare di me, di’ che ti son stato maestro.

Di’ che Wolsey, che una volta percorse le vie della gloria,

e scandagliò tutti gli abissi e tutte le secche del potere,

ti pilotò, pur facendo naufragio, sulla via del successo:

una rotta sicura e certa, anche se il tuo padrone non seppe seguirla.

Osserva bene la mia caduta, e ciò che mi ha rovinato.

Cromwell, ti esorto caldamente, sbarazzati dell’ambizione:

fu il peccato degli angeli. Cosa può dunque l’uomo,

l’immagine del suo Creatore, sperare di ricavarne?

Ama te stesso dopo tutti gli altri, abbi cari i cuori di chi ti odia.

La corruzione non rende più dell’onestà.

Nella tua destra porta sempre una dolce pace,

per ridurre al silenzio le lingue invidiose. Sii giusto, vivi senza paura.

Agisci soltanto nell’interesse della tua patria,

del tuo Dio, e della verità. Se poi dovessi cadere, o Cromwell,

cadrai da martire benedetto. Servi il Re;

e ora, ti prego, conducimi dentro.

Compila un inventario di tutti i miei averi,

fino all’ultimo centesimo: tutto questo è del Re. Il mio abito,

e la mia integrità verso il cielo, è tutto ciò

che oso oggi dir mio. O Cromwell, Cromwell,

se solo avessi servito il mio Dio con metà dello zelo

con cui ho servito il mio Re! Egli non mi avrebbe, alla mia età,

lasciato inerme alla mercé dei miei nemici.

CROMWELL

Buon signore, siate forte.

WOLSEY

Lo sono. Addio

alle speranze della corte: le mie speranze sono affidate al cielo.

Escono

Enrico VIII
(“Henry VIII” – 1612 – 1613)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V

Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali

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