1591/1594 – Riccardo III

(“Richard III” – 1591 – 1594)

Traduzione di Vittorio Gabrieli

Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V

Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali

Riccardo III

Introduzione

La società inglese dilaniata dai conflitti di interesse al termine della Guerra delle due Rose, combattuta tra le casate dei Lancaster e degli York nel 1400, appariva la metafora esemplare di infiniti altri nuclei sociali, non importa se piccoli o grandi, se passati presenti o futuri, in cui l’ambizione, l’intrigo, la paura, l’incertezza, il sospetto, il tradimento, la menzogna, inevitabilmente accompagnano la lotta senza esclusione di colpi per la conquista e il mantenimento del potere. In questo mondo, che le scelte registiche hanno collocato in una sorta di platoniana caverna popolata di ombre e veli, non c’è riposo e non si dorme perché non ci si può permettere nemmeno per un attimo di abbassare la guardia. Fin dall’inizio ci è chiaro che interiormente tutti sono contro tutti, e di tutti diffidano. Eppure esteriormente ogni cosa risulta apparire sotto controllo. E l’odio e la diffidenza sono contenuti e dissimulati. Siamo di fronte a una società la cui intima essenza potrebbe ricondurre iconograficamente all’universo dei mostri di Bosch o di Bacon e che tuttavia ci appare formalmente impeccabile. Ma tutto è destinato a degenerare. Alleanze e complicità svelano presto la loro precarietà e ipocrisia in un susseguirsi di ribaltoni in cui gli “amici” di ieri diventano i nemici di oggi e viceversa e in cui il male interiore deborda e si espande su tutto.

Principale motore dell’azione è Riccardo, non avvoltoio in un gregge di pecore, ma “straordinario” rapace in un branco di rapaci. Attore, stratega, affabulatore, genio della menzogna venduta come verità, approfittatore di chiunque gli possa servire per raggiungere i suoi fini, manipolatore talmente abile da far sembrare altruistiche anche le più abbiette ed egoistiche macchinazioni e da volgere a suo vantaggio persino le circostanze più sfavorevoli, Riccardo parla, comunica, dichiara. E la sua parola si fa azione immediata. Primo spettatore di se stesso, compiaciuto ma anche stupito delle sue istrioniche interpretazioni, Riccardo brucia il tempo e non concede a nessuno il tempo per pensare. E’ l’attore e il suo pubblico, è l’inquadratura da riprendere e l’obbiettivo che la inquadra, è il pensiero che agisce nel momento stesso in cui si manifesta. E agli altri non resta che soccombere.

Riccardo III è l’ultima di quattro opere nella tetralogia minore di Shakespeare sulla storia inglese: conclude un racconto drammatico cominciato con Enrico VI: Parte I e continuato con Enrico VI: Parte II e Enrico VI: Parte III. L’intera tetralogia è stata composta presto nella carriera di Shakespeare: il più probabile periodo di composizione è tra il 1591 e il 1592. Culminando con la sconfitta del malvagio re Riccardo III nella battaglia del campo di Bosworth alla fine dell’opera, Riccardo III è una drammatizzazione dei recenti (per Shakespeare) eventi storici conclusi nel 1485, quando il potere dei Plantageneti in Inghilterra fu sostituito dalla dinastia Tudor. Ai tempi di Shakespeare, questi eventi erano certamente noti alla gente. Ognuno era particolarmente affascinato dal personaggio di Riccardo III, così il pubblico di Shakespeare poteva realmente identificarsi con ogni fazione politica ed era anche più interessato.

Temi principali

La seduzione del male

Quando Riccardo accusa la sua malformazione fisica come la causa delle sue azioni malvagie, sembra che ci stia manipolando per avere la nostra simpatia, esattamente come fa con gli altri personaggi dell’opera. Così, Riccardo III non indaga sulla causa del male nella mente umana, ma le sue azioni, mostrando le macchinazioni nella mente di Riccardo e i metodi che usa per manipolare, controllare a danneggiare gli altri a suo vantaggio. A questo proposito, nell’opera è importante l’idea che le vittime di Riccardo siano partecipi della loro stessa distruzione. Infatti, come Lady Anna si lascia sedurre da Riccardo, anche sapendo che è malvagio, anche altri personaggi si lasciano prendere dal suo carisma e non fanno attenzione al suo carattere disonesto e violento. Questa tendenza si nota nella relazione tra Riccardo e il pubblico per quasi tutta l’opera. Nonostante noi siamo inorriditi dalle azioni di Riccardo, i suoi brillanti e significativi monologhi lo fanno apprezzare dalla maggior parte degli spettatori e addirittura speriamo che riesca nei suoi piani a dispetto della sua chiara malizia.

Il collegamento tra governati e stato

Alcune scene in Riccardo III, come la discussione della gente nell’atto secondo, scena 3; il discorso di Buckingham alla massa e l’incoronazione di Riccardo nell’atto secondo; e la scena dello scrivano nell’atto secondo, scena 4, ci danno una visione di come il dramma nel palazzo reale influenzi la vita della gente comune. Come opera storica, Riccardo III parla delle conseguenze del comportamento di coloro che sono al potere, e delle idee di un buon governo. È significativo che la gente comune prenda paura di Riccardo e cominci a non credere in lui molto prima di quasi tutti i nobili a palazzo, e che l’opposizione del popolo a Riccardo sia una delle migliori armi che aiutano Richmond a detronizzarlo. Con Riccardo III Shakespeare esplora un tema che ha poi rivisto in Amleto e Macbeth: l’idea che la virtù morale di un governante ha un diretto effetto sulla salute dello stato. Uno stato con un buon governate tende a fiorire (come la Danimarca sotto il re Amleto), mentre uno stato con un cattivo governate tende a soffrire (come la Scozia sotto Macbeth).

L’importanza del linguaggio per mantenere il potere politico

Questo è un tema secondario molto interessante di Riccardo III. Il linguaggio non è sempre un indispensabile strumento di potere, ma per Riccardo è un’arma cruciale. La sua straordinaria abilità con le parole lo rende capace di manipolare, confondere e controllare chiunque. Questa abilità di Riccardo è ciò che gli permette di corteggiare Lady Anna, far imprigionare Clarence, ingannare il re per avere la morte di Clarence e ottenere l’esecuzione di Hastings, tutto con minimi rischi per lui. Ma il linguaggio sembra essere anche l’unica difesa contro Riccardo, come si vede quando i principi sfidano la sua abilità nei giochi di parole e parlano della loro capacità di capire cosa gli passa per la testa. In alcuni casi, Riccardo usa semplicemente la violenza come espediente e fa assassinare i suoi nemici, inclusi i principi.

La nascita della dinastia Tudor

Quest’opera rappresenta un momento importante della storia inglese: la fine della Guerra delle due Rose e l’ascesa della dinastia Tudor con Enrico VII. I Tudor continuavano a governare l’Inghilterra anche ai tempi di Shakespeare (la regina Elisabetta I, che sedeva sul trono quando Riccardo III fu scritto, era una Tudor, cosí Shakespeare doveva accattivarsi i favori dei governanti, che potevano letteralmente favorire o stroncare la sua carriera). Poiché Enrico Tudor ha deposto Riccardo, Shakespeare lo presentò come un buon personaggio (per aver sconfitto un uomo così malvagio). Shakespeare fece così anche per far piacere a Elisabetta I, e per avere ancora il suo supporto per la sua carriera. Così, l’immagine che Shakespeare dà di Riccardo III come un uomo vile e odioso è in parte costruita per creare una gloriosa ascensione di Enrico VII alla fine dell’opera. Ovviamente, queste considerazioni politiche non sono molto importanti per la tragedia. L’esplorazione di Shakespeare della psicologia del male è a sé stante ed esula dalla propaganda. È importante capire che la storia che Shakespeare racconta nel suo dramma era ancora viva quando la scrisse e che le considerazioni del suo tempo influenzarono fortemente la sua visione del passato.

Il soprannaturale

Per essere un’opera basata sulla storia reale, Riccardo III contiene molti elementi soprannaturali. Alcuni di questi elementi some le maledizioni profetiche di Margherita, i sogni premonitori di Clarence e Stanley, i collegamenti alla stregoneria che Riccardo attribuisce a Elisabetta, le continue associazione di Riccardo con diavoli e demoni (è spesso chiamato “hellhound”, che letteralmente significa “levriero infernale”, quindi “creatura infernale”), la discussione dei principi sui fantasmi dei loro zii morti, e la parata di undici fantasmi che visitano Riccardo e Richmond la notte prima della battaglia. Questi elementi soprannaturali servono a creare un’atmosfera di intensa paura e tristezza che mostra la malizia e la malvagità di Riccardo, e anche ad aumentare il senso che il suo regno sia malvagio per natura, trasformando l’Inghilterra in una specie di mondo gotico e inferiore.

I sogni

Il tema dei sogni premonitori è collegato con il soprannaturale, ma l’idea dei sogni emerge come un tema separato dopo il sogno di Stanley sulla morte di Hastings. Sia Clarence che Stanley fanno dei sogni che, non solo predicono il futuro, ma hanno anche un importante simbolismo. Per esempio, Clarence sogna che Riccardo lo affoga al mare. Subito dopo viene annegato in un barile di vino dai sicari di Riccardo. Inoltre, Stanley sogna che Hastings viene ferito da un cinghiale, il simbolo araldico di Riccardo. Poi Riccardo ordina l’esecuzione di Hastings.

Riassunto

Il Riccardo III (The Life and Death of King Richard III, “Vita e morte di re Riccardo III”) è l’ultima di quattro opere teatrali nella tetralogia minore di William Shakespeare sulla storia inglese: conclude un racconto drammatico cominciato con Enrico VI, Parte I e continuato con Enrico VI, Parte II e Enrico VI, Parte III. Dopo Amleto, questa è l’opera teatrale più lunga di Shakespeare. L’intera tetralogia è stata composta verso l’inizio della carriera di Shakespeare: il periodo più probabile di composizione è tra il 1591 e il 1592. Culminando con la sconfitta del malvagio re Riccardo III di York nella battaglia del campo di Bosworth alla fine dell’opera, il Riccardo III è una drammatizzazione degli eventi storici recenti per Shakespeare, conclusi nel 1485, dopo la guerra tra le due famiglie dei Lancaster e degli York (Guerra delle due rose) e la presa di potere definitiva dei Tudor. Il monarca Riccardo III è descritto in modo particolarmente negativo.

La commedia ha inizio con Riccardo che elogia il fratello, re Edoardo IV d’Inghilterra, il maggiore dei figli di Riccardo, Duca di York.

«Ormai l’inverno del nostro travaglio s’è fatto estate sfolgorante ai raggi di questo sole di York»

Da notare come nella traduzione italiana si perda l’assonanza fra il termine sole (sun) e figlio (son). Il monologo rivela l’invidia e l’ambizione di Riccardo, in quanto suo fratello Edoardo regna il paese con successo. Riccardo è un orrendo gobbo, che descrive sé stesso come

«plasmato da rozzi stampi” e “deforme, monco”, privo della minima atrattiva per “far lo sdilinquito bellimbusto davanti all’ancheggiar d’una ninfa”.»

Egli risponde all’angoscia della sua condizione affermando la sua volontà:

«Ho deciso di fare il delinquente
E odiare gli oziosi passatempi di questa nostra età.»

Senza molte pretese di accuratezza cronologica (che egli professa di disprezzare), Riccardo cospira affinché suo fratello Giorgio, che lo precede come erede al trono, sia condotto nella Torre di Londra come sospettato di assassinio; Riccardo, per riuscire nel suo intento, corrompe un indovino per confondere il re sospettoso. Successivamente Riccardo entra nelle grazie di Lady Anna, la vedova di un Lancaster, Edoardo di Westminster, il principe di Galles. Riccardo si confida con il pubblico:

«Prenderò per moglie la figlia più giovane di Warwick.
Sì, le ho ucciso marito e padre, ma che importa?»

Nonostante il pregiudizio di lei nei confronti di Riccardo, Anna è vinta dal suo corteggiamento e accetta di sposarlo. Riccardo, in collaborazione con il suo amico Buckingham, Enrico Stafford, secondo duca di Buckingham, trama per la successione al trono, e si presenta agli altri signori come un uomo devoto e modesto, senza alcuna pretesa di grandezza. Riesce così a convincerli a sceglierlo come re alla morte di Edoardo IV – la morte del quale, ironicamente, non vede Riccardo coinvolto in alcun modo – eventualmente non dando peso alle rivendicazioni del giovane nipote innocente, il principe nella torre. Riccardo si assicura attivamente il possesso della corona. Egli assassina chiunque si frapponga ad esso nella scalata al potere, inclusi il giovane principe, Lord Hastings, il suo precedente alleato Buckingham, e addirittura sua moglie. Questi crimini non passano inosservati,e quando Riccardo perde ogni tipo di appoggio, egli si trova ad affrontare il conte di Richmond, Enrico VII’ d’Inghilterra nella battaglia di Bosworth Field. Prima della battaglia, Riccardo riceve la visita dei fantasmi delle persone che ha ucciso, i quali gli dicono

«Dispera e muori!»

Si sveglia implorando Gesù di aiutarlo, e lentamente comprende di essere rimasto solo nel mondo che egli stesso odia. Nonostante il combattimento inizialmente sembri procedere per il verso giusto, Riccardo si ritrova presto solo in mezzo al campo di battaglia, e urla sconsolato il verso sovente citato “Un cavallo, un cavallo, il mio regno per un cavallo!”. Riccardo viene quindi sconfitto in seguito ad un combattimento corpo a corpo con Richmond, che lo trafigge con la spada. In termini drammatici, forse la caratteristica più importante (e, opinabilmente, la più divertente) è l’improvviso cambiamento del personaggio di Riccardo. Per la prima metà della commedia, lo vediamo come una sorta di anti eroe, che provoca violenza e si compiace per questo:

«Io mi sono ingannato fino ad oggi sopra la mia figura;
S’ella mi trova, al contrario di me, Un uomo di straordinario fascino.

M’accollerò, costi quel che costi, la spesa d’uno specchio;»

Quasi immediatamente dopo l’incoronazione, comunque, la sua personalità e le sue azioni prendono una piega oscura. Egli tradisce il fedele Buckingham (“Non sono in vena oggi!”), e cade vittima dell’insicurezza (“Sono così corroso dal sangue, che peccato richiamerà peccato”); ora egli vede ombre dove non ve ne sono e il suo destino che verrà. (“Dispera e muori!”). Il ritratto scespiriano di re Riccardo Plantageneto e del suo “regno del terrore” offre un’immagine del tutto negativa del personaggio. La verità storica, secondo i maggiori storici contemporanei, è molto diversa. Secondo e ultimo monarca della casa di York, regnò per poco più di due anni, e il suo breve regno non fu più crudele o ingiusto dei suoi predecessori o di coloro che lo seguirono. Le opere teatrali di argomento ‘storico’ di Shakespeare, non sono, in ogni caso, da intendere come storicamente accurate, ma bensì come opere d’intrattenimento, il cui valore va oltre le persone descritte. In Riccardo III attraverso la storia del re crudele e ambizioso e della sua rovina Shakespeare descrive la sete umana di potere, e le conseguenze malsane di una smodata volontà di rivincita. Come con Macbeth, l’infamia di Riccardo è enfatizzata, resa un archetipo, anche allo scopo di aumentare l’effetto drammatico. Shakespeare, come in altri casi, approfitta di una letteratura precedente: il personaggio di Riccardo dipinto come il più vile farabutto della storia inglese era già stato descritto da numerosi scrittori in precedenza.

Per comprendere come mai Riccardo divenne simbolo di villania durante il periodo Elisabettiano, bisogna inserire il dramma nel suo contesto storico. Durante la vita di Shakespeare, era sul trono Elisabetta I, discendente di Enrico VII, il conte lancasteriano del Richmond, che sconfisse e uccise l’ultimo discendente dei Plantageneti, Riccardo III di York, dando così inizio alla dinastia Tudor. L’opera di Shakespeare, di cui la corte reale fu spesso committente, propone la versione storica dei Tudor-Lancaster, dipingendone a tinte fosche gli avversari ed esaltandone gli antenati (come nel caso dell’opera dedicata alla figura di Enrico V di Lancaster). In realtà l’unica colpa di Riccardo Plantageneto, discendente di Edoardo III, poi duca di York, fu quella di aver preso parte alla guerra delle due rose, nella quale gli York, con il simbolo della rosa bianca si allearono con Richard Neville, Conte di Warwick per deporre il re Lancaster Enrico VI, ormai incapace e malato di mente. Nella fazione opposta le casate di Somerset e Suffolk si allearono con i Lancaster sotto il simbolo della rosa rossa, in difesa del monarca. La versione degli avvenimenti che si affermò nelle epoche successive fu, come si direbbe oggi, la storia dei vincitori.

In Enrico VI Parte III, Shakespeare aveva già iniziato il processo di costruzione del carattere di Riccardo come quello di un vile, anche se non avrebbe potuto essere stato coinvolto in nessuno degli eventi narrati. Egli difatti partecipa a battaglie quando storicamente è ancora un bambino. La fonte primaria a cui attinse Shakespeare per la sua opera furono le cronache di Raphael Holinshed, ma sembra plausibile che si sia servito del lavoro di Tommaso Moro, autore dell’incompleta ‘Storia di Riccardo III’, pubblicata da John Rastell dopo la morte di Moro. Rastell, fratellastro di Moro, compilò il testo da due manoscritti in via di scrittura, uno in inglese e uno in latino, in diversi stadi di composizione. Il lavoro di Moro non è storico nel senso moderno della parola. È un resoconto letterario molto variopinto che contiene (discutibilmente) dettagli storici e inventati in egual misura. Moro ebbe molte fonti a disposizione per il suo resoconto (molte delle quali, come il suo protettore, il Cardinale John Morton, altamente ostili al vecchio regime), ma come per Shakespeare la fonte principale fu la sua propria immaginazione: più di un terzo del testo consiste in discorsi inventati.

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