Sonetto 87

Shakespeare. Sonetto 9

«Addio! Sei troppo caro per tenerti ancora
e fin troppo tu conosci la tua stima».  

Il Sonetto 87 si legge come conclusione della sequenza dei sonetti che descrivono il dominio del poeta rivale, ma in realtà è l’addio del poeta al giovane, che è tornato da lui, “Sei troppo caro” perché il poeta la possieda.

Sonetto 87
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Addio! Sei troppo caro per tenerti ancora
e fin troppo tu conosci la tua stima:
il titolo del tuo valore ti assegna ogni diritto,
i vincoli che a te mi legano sono ormai scaduti.
Come ti tengo infatti se non per grazia tua
e per tal ricchezza il mio merito dov’è?
Manca in me ragione di tal prezioso dono
e così il mio privilegio di nuovo a te ritorna.
Tu allora ti donasti ignorando il tuo valore
o lo accordasti a me credendomi diverso;
così il tuo immenso dono, frutto di un errore,
su giudizio ravveduto, a casa sua ritorna.
Io ti ho avuto quindi come illude un sogno:
nel sonno un re, ma nullità al risveglio.

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Il tema dell’addio unifica questo sonetto; in varia misura, l’addio è accennato nelle nove poesie successive. Quando l’amicizia tra il poeta e il giovane crolla, solo allora il poeta scopre che il giovane era solo un “sogno”. Ammette la sconfitta e saluta il giovane con rimpianto.

Nella prima quartina del sonetto, il poeta saluta inequivocabilmente il giovane. Sorprendentemente, il tono è equilibrato piuttosto che melodrammatico, come se il poeta stesse semplicemente affermando un fatto e poi spiegandone il motivo: “Addio! Sei troppo caro per tenerti ancora, / e fin troppo tu conosci la tua stima”. “Caro” nella prima riga implica che il giovane è sia troppo caro che troppo amato; questa terminologia nelle prime quattro righe suggerisce quanto sia fragile il diritto del poeta di possedere il giovane.

La seconda e la terza quartina spiegano ulteriormente le ragioni del poeta per salutare il giovane. Nella seconda quartina, torna caratteristicamente a mettere in discussione il proprio valore e retoricamente chiede perché ha mai pensato di meritare gli affetti del giovane: “e per tal ricchezza il mio merito dov’è? / Manca in me ragione di tal prezioso dono”. Il poeta ha finalmente aperto gli occhi riguardo la sua relazione con il giovane, perché nella terza quartina, riconosce la colpa di entrambi per la tensione generatasi nella loro amicizia: “Tu allora ti donasti ignorando il tuo valore / o lo accordasti a me credendomi diverso. “

Il distico finale lascia pochi dubbi sul fatto che il poeta non si illuda più della sua relazione con quella del giovane. Esaminando le sue azioni passate, il poeta conclude che solo due strade – fantasia e realtà – erano mai aperte per lui: “Io ti ho avuto quindi come illude un sogno: / nel sonno un re, ma nullità al risveglio.” Purtroppo, né la fantasia né la realtà offrono al poeta alcuna consolazione per la separazione emotiva del giovane da lui, perché la fantasia è finzione e la realtà mette a nudo l’abisso che esiste – ed è sempre esistito – tra lui e il giovane.

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Traduzione in Italiano di Maria Antonietta Marelli (I Sonetti – Garzanti editore)

Audio in Italiano – Lettura di Valter Zanardi dal canale YouTube VALTER ZANARDI letture

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