Sonetto 121

Shakespeare. Sonetto 9

«È meglio esser colpevole che tale esser stimato
quando non essendolo si è accusati d’esserlo».  

Il poeta riceve lo stesso rimprovero pubblico dal giovane ed è costretto a considerare se le sue azioni sono immorali o meno.

Sonetto 121
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È meglio esser colpevole che tale esser stimato
quando non essendolo si è accusati d’esserlo;
e perso è ogni valor sincero perché creduto colpa
non dal nostro sentire, ma dal giudizio d’altri.
Perché mai dovrebbero gli occhi altrui adulteri
considerar vizioso il mio amoroso sangue?
Perché nelle mie voglie s’insinuan lascive spie
che a parer lor condannano quel ch’io ritengo giusto?
No, io sono quel che sono e chi mira
ai miei errori, colpisce solo i propri;
potrei esser io sincero e loro non dire il vero,
non venga il mio agir pesato dal loro pensar corrotto;
a men che non sostengano questo mal comune,
l’umanità è malvagia e nel suo mal trionfa.

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Sostenendo che “È meglio esser colpevole che tale esser stimato / quando non essendolo si è accusati d’esserlo”, in nessuna circostanza tollererà l’ipocrisia. Non difenderà l’indifendibile in se stesso, ma ammetterà la verità dei suoi errori: “No, io sono quel che sono e chi mira / ai miei errori, colpisce solo i propri”. La frase “Io sono quel che sono” è biblica nella sua affermazione di conoscenza di sé e umiltà. Il poeta non si sottometterà al giudizio di coloro che hanno “occhi altrui adulteri”, né lascerà che facciano del male a ciò che ritiene buono, sebbene nel distico conclusivo vi sia un accenno di pessimismo.

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Traduzione in Italiano di Maria Antonietta Marelli (I Sonetti – Garzanti editore)

Audio in Italiano – Lettura di Valter Zanardi dal canale YouTube VALTER ZANARDI letture

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