Sonetto 94

Shakespeare. Sonetto 9

«Quelli che han potere di ferire e non lo fanno,
che non usano la forza in loro manifesta».  

Almeno in superficie, il Sonetto 94 continua il tema del sonetto precedente, che contrasta la virtù con l’apparenza. Sebbene il sonetto offra una calda testimonianza di una gioventù fredda e impassibile, non vi è alcuna menzione specifica del poeta o del giovane nell’intera poesia.

Sonetto 94
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Quelli che han potere di ferire e non lo fanno,
che non usano la forza in loro manifesta,
che commuovendo gli altri, restan come pietra,
apatici, freddi e sordi a tentazione:
godono davvero ogni favor del cielo
e proteggono da spreco i beni del creato;
questi son signori e padroni del loro volto,
gli altri non son che servi delle loro doti.
Dona fragranza all’estate lo sbocciar d’un fiore
anche se vive e muore soltanto per se stesso,
ma se quel fior s’infradicia d’infimo contagio,
la più vile erbaccia fiore parrà al confronto:
più una cosa è dolce, più agra divien se infetta,
imputriditi i gigli puzzano ben più di erbacce.

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Il “quelli” in prima riga riassume le caratteristiche del giovane: Egli è distaccato, impersonale e autorevole. Nella seconda quartina, il “(loro) godono” rappresenta ironicamente un giovane che ha una natura avara e accaparrata. La terza quartina, che a prima vista sembra essere scollegata dalle prime due, presenta l’immagine di un fiore estivo che “dona fragranza” ma che soccombe facilmente all’“infimo contagio”, cioè in competizione con quella più sgradevole e nociva delle erbacce. Il modo in cui questa terza quartina è correlata alle prime due è spiegato nel distico conclusivo: “più una cosa è dolce, più agra divien se infetta; / imputriditi i gigli puzzano ben più di erbacce.” L’aspetto esteriore non corrisponde necessariamente al valore o al carattere di un oggetto. la descrizione del giovane che nella prima quartina è distaccato e impersonale è davvero una presa in giro; nella seconda quartina, quelle persone che sono “signori e padroni del loro volto” ingannano perché creano false apparenze; e infine, il fiore estivo può apparire bello e vivace, ma vacilla facilmente di fronte a un ostacolo come “la più vile erbaccia”. L’intero sonetto, quindi, è una metafora estesa che evidenzia la dicotomia tra l’aspetto esteriore – semplice spettacolo – e il valore interiore – la vera natura di un oggetto o di una persona.

Molte critiche sono state scritte sul Sonetto 94. Secondo un gruppo di critici, Shakespeare avanza l’argomento di coloro che, con una bellezza esteriore che è fonte di tentazione, sono freddi e non facilmente tentati. Al contrario ci sono quelli la cui bellezza non solo tenta, ma li porta anche in tentazione. Come simbolo del primo caso, il fiore che è dolce per il mondo che lo circonda, sebbene sbocci e muoia da solo, è autonomo. Come simbolo del secondo, lo stesso fiore è infettato da un cancro, nel qual caso è più offensivo di un’erbaccia.

Altri critici sostengono che il Sonetto 94 sia estremamente ironico. Gli individui superiori rimangono in disparte e non si sottomettono mai alla tentazione, ma non sono egoisti nel farlo, perché inconsciamente compiono buone azioni, come i fiori. I giovani, continua il poeta, devono essere, anzi lo sono già, proprio come questi individui superiori – anche se le cose buone che il giovane compie rimangono certamente discutibili. Tuttavia, anche tali individui superiori devono stare attenti a non cadere dalla perfezione se vogliono evitare di diventare i peggiori, proprio come “imputriditi i gigli puzzano ben più di erbacce”.

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Traduzione in Italiano di Maria Antonietta Marelli (I Sonetti – Garzanti editore)

Audio in Italiano – Lettura di Valter Zanardi dal canale YouTube VALTER ZANARDI letture

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