Sonetto 141

Shakespeare. Sonetto 9

«A dire il vero io non t’amo coi miei occhi
perché in te notano un’infinità di colpe». 

Nel Sonetto 141, il poeta discute di come i suoi sensi lo avvertano del carattere poco raccomandabile della donna, ma il suo cuore, simbolo delle sue emozioni, rimane affettuosamente attaccato a lei.

Sonetto 141
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A dire il vero io non t’amo coi miei occhi
perché in te notano un’infinità di colpe;
solo il mio cuore ama quanto essi sdegnano
e a dispetto loro, è lieto del suo ardore.
Né il mio udito si delizia al tono della tua voce,
né il mio sentimento è prono a volgar lussuria,
né il gusto o l’olfatto voglion essere invitati
a un erotico banchetto soltanto col tuo corpo:
ma né i miei cinque spiriti o i miei cinque sensi
possono dissuadere dall’amarti un pazzo cuore
che lascia incontrollata questa parvenza d’uomo
perché schiava sia e vassalla del tuo superbo cuore:
ma io volgo a privilegio questa mia sventura
perché godo la penitenza di chi mi fa peccare.

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Inizia il sonetto negando che la donna abbia tratti attraenti. I suoi occhi notano “un’infinità di colpe” sia nel suo aspetto che nella sua personalità, ma diametralmente opposto ai suoi occhi c’è il suo cuore, che “a dispetto loro, è lieto del suo ardore”. Tutti i suoi sensi entrano in gioco nella seconda quartina, in cui classifica la sua ripugnanza per la donna.

Stilisticamente, le prime tre righe di questa seconda strofa iniziano in modo identico con la parola “Né”, seguita da ciascuno dei suoi sensi: udito (“Né il mio udito”); tatto(“Né il mio sentimento”); e gusto e olfatto (“né il gusto o l’olfatto”). Il nocciolo della sua argomentazione si trova nella terza quartina e riassume al meglio la dicotomia tra i suoi sensi e il suo cuore: “ma né i miei cinque spiriti o i miei cinque sensi / possono dissuadere dall’amarti un pazzo cuore”. Né la mente né il suo corpo possono impedirgli di amarla, ma è consolato dal dolore che lei gli infligge. Masochisticamente, considera il suo comportamento crudele come una punizione per il suo comportamento peccaminoso: “perché godo la penitenza di chi mi fa peccare”. La parola “peccare” qui significa il suo oltraggioso rifiuto del buon senso nell’amarla.

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Traduzione in Italiano di Maria Antonietta Marelli (I Sonetti – Garzanti editore)

Audio in Italiano – Lettura di Valter Zanardi dal canale YouTube VALTER ZANARDI letture

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