Sonetto 146

Shakespeare. Sonetto 9

«Povera anima, centro della mia peccaminosa terra
(schiava di) queste brame ardenti che ti ammantano». 

Il poeta ora medita cupamente perché la sua anima, in quanto “Signore” del suo corpo, trascorre così tanto del suo tempo alla ricerca dei desideri terreni quando dovrebbe essere più preoccupata di garantire la sua immortalità.

Sonetto 146
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Povera anima, centro della mia peccaminosa terra
(schiava di) queste brame ardenti che ti ammantano,
perché dentro ti struggi e miseria sopporti
per decorar le tue pareti di costosa ostentazione?
Perché sì alto prezzo per un sì breve affitto,
sprechi tu pagando questa effimera dimora?
Dovranno forse i vermi, eredi di tanti eccessi,
divorar ogni ricchezza? È tale il fine del tuo corpo?
Allora anima sfrutta la rovina del tuo servo
e lascia che patisca per aumentar le tue risorse,
compera eternità divine vendendo ore di fango,
pasciti del tuo spirito, senza più sfarzo esterno,
così ti nutrirai di Morte che di uomini si nutre
e con Morte morta, si estinguerà il morire.

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Le prime otto righe sono una serie di domande rivolte all’anima. Perché, chiede il poeta, quando la vita sulla terra è così breve, la sua anima si spreca struggendosi per la donna: “Perché sì alto prezzo per un sì breve affitto, / sprechi tu pagando questa effimera dimora?” Qui la “effimera dimora“, che è il simbolo della donna e rappresenta il mondo temporale, contrasta con l’immortalità promessa nel Salmo 23 della Bibbia: “Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella casa del Signore per lunghi giorni.”.

Nella terza quartina, il poeta dirige la sua anima sul modo migliore per guadagnarsi la salvezza. Impara dall’esperienza del corpo, suggerisce, e lascia che la lezione del corpo rifiutato dalla donna non vada sprecata: “Allora anima sfrutta la rovina del tuo servo / e lascia che patisca per aumentar le tue risorse”. Ciò che prima è stato importante e divorante – cioè un’unione sessuale – è transitorio; l’anima non lo è.

La pia riflessione spirituale del sonetto è particolarmente sentita nel distico finale, in cui la metafora nutritiva suggerisce l’immagine del “Tempo Divoratore”. L’argomento del poeta estende quello fatto nel verso 12, “pasciti del tuo spirito, senza più sfarzo esterno”. Poiché la morte è un fatto inevitabile della vita, l’anima ha bisogno di prepararsi per quando arriverà quel momento. Una volta che l’anima si è assicurata la sua immortalità, la morte non ha più presa, perché “si estinguerà il morire” – l’anima diventa eterna.

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Traduzione in Italiano di Maria Antonietta Marelli (I Sonetti – Garzanti editore)

Audio in Italiano – Lettura di Valter Zanardi dal canale YouTube VALTER ZANARDI letture

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