Sonetto 153

Shakespeare. Sonetto 9

«Cupido depose la sua torcia e s’addormentò:
una ninfa di Diana approfittò di quel momento». 

Gli ultimi due sonetti, che possono essere considerati appendici della serie, non toccano nessuno dei temi principali degli altri sonetti.

Sonetto 153
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Cupido depose la sua torcia e s’addormentò:
una ninfa di Diana approfittò di quel momento
e la sua fiamma che accende i cuori rapida immerse
in una fredda fonte di quel luogo:
da quel sacro fuoco d’amor la fonte attinse
un vivo eterno calore, inestinguibile,
e divenne un fervente bagno che ancor oggi si dice
essere rimedio sovrano per strane malattie.
Ma riaccesa quella torcia all’occhio della mia donna,
il fanciullo per provarla volle toccarmi il petto:
sofferente, io cercai il sollievo di quel bagno
ed ivi mi affrettai, distrutto e disperato.
Ma non trovai rimedio: il bagno che può aiutarmi
è l’occhio della donna ove Cupido riaccese il fuoco.

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Nel Sonetto 153, dopo che Cupido, dio dell’amore, si è addormentato, una “una ninfa di Diana” ruba la “fiamma che accende i cuori” di Cupido e la spegne nella fontana di una valle dorata. Mentre la fontana assorbe il calore dal fuoco, l’acqua agisce come una pozione curativa per “strane malattie” – per esempio, la malattia dell’amore. Tuttavia, il poeta trova la migliore cura per la sua passione negli occhi della sua amante.

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Traduzione in Italiano di Maria Antonietta Marelli (I Sonetti – Garzanti editore)

Audio in Italiano – Lettura di Valter Zanardi dal canale YouTube VALTER ZANARDI letture

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