Sonetto 145

Shakespeare. Sonetto 9

«Quelle labbra che Amor creò con le sue mani
bisbigliarono un suono che diceva “Io odio”». 

Come continuazione del sonetto precedente, il Sonetto 145 è un’analisi banale dell’amore. L’amante concede pietà al poeta in contrasto con i sonetti precedenti, in cui era spietata.

Sonetto 145
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Quelle labbra che Amor creò con le sue mani
bisbigliarono un suono che diceva “Io odio”
a me, che per amor suo languivo:
ma quando ella avvertì il mio penoso stato,
subito nel suo cuore scese la pietà
a rimproverar la lingua che sempre dolce
soleva esprimersi nel dar miti condanne;
e le insegnò a parlarmi in altro modo,
“Io odio” ella emendò con un finale,
che le seguì come un sereno giorno
segue la notte che, simile a un demonio,
dal cielo azzurro sprofonda nell’inferno.
Dalle parole “Io odio” ella scacciò ogni odio
e mi salvò la vita dicendomi “non te”.

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Prima, le sue uniche parole al poeta erano “Io odio”, ma una volta che capisce come “per amor suo languivo”, il suo odio si trasforma in misericordia. Sebbene le immagini di “demonio” e “paradiso e inferno” continuino dal Sonetto 144, il significato tacito del Sonetto 145 è molto diverso dai sonetti precedenti. Il poeta crea suspense fino alle ultime due parole del sonetto, quando allevia rapidamente le sue cupe aspettative trasmettendo la frase della Dama “non te”: “io odio … non te”. Melodrammaticamente, queste parole “salvarono la vita [del poeta]”.

Sonnet 145 – In English
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Traduzione in Italiano di Maria Antonietta Marelli (I Sonetti – Garzanti editore)

Audio in Italiano – Lettura di Valter Zanardi dal canale YouTube VALTER ZANARDI letture

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